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mercoledì 20 ottobre 2010

"Se è vero che non si vuole il lavoro nero... la tratta e il grave sfruttamento sui luoghi di lavoro"

Il fenomeno dello sfruttamento lavorativo dilaga in Italia e colpisce soprattutto chi è fragile. Le buone leggi non mancano per tutelare i diritti delle vittime di tratta e sfruttamento, ma è necessaria una migliore applicazione delle norme esistenti
Giovani, tra i 20 e i 40 anni, in prevalenza uomini senza famiglia al seguito, provenienti da Est Europa, Africa, Cina e America latina. È l'identikit dei migranti vittime di tratta e sfruttamento a scopo lavorativo in Italia secondo il monitoraggio presentato oggi dall'associazione Gruppo Abele: «La vita delle persone non si vende e non si compra - ha affermato don Luigi Ciotti, presidente dell'associazione in apertura al seminario su sfruttamento lavorativo e lavoro nero organizzato a Torino dallo sportello giuridico Inti dell'associazione Gruppo Abele in collaborazione con Asgi e Caritas Italiana - e non può chiamarsi civile una società in cui non si producono le condizioni perché la vita sia rispettata. Lo sfruttamento crea ingiustizia e insicurezza sociale e non può esservi vero benessere per nessuno finché questo poggia anche sulla riduzione dell'altro a strumento di vantaggio per fini economici».
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Lavoratori stranieri reclutati nelle aree più derelitte del globo e portati con l’inganno nelle nostre campagne al Sud o in cantieri subappaltati al Nord, a sgobbare in nero per due euro all’ora fino a quindici ore al giorno. Come schiavi. Uno sfruttamento sommerso che non risparmia neppure il lavoro domestico, in questo caso diffuso in maniera uniforme lungo tutta la Penisola.

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