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venerdì 16 settembre 2011

Rispose alla chiamata del papa al giornalismo di Giancarlo Zizola

Nel 1961 papa Giovanni XXIII mi chiamò a Roma perché voleva che gli otto giornali cattolici italiani avessero un giornalista che si occupasse in modo specifico del Concilio Ecumenico che aveva convocato nel 1959...
pensai che la chiesa, che aveva continuato a procedere con i “freni tirati” almeno dalla crisi modernista, era al limite del surriscaldamento, e che papa Giovanni aveva avuto un'ispirazione dal cielo offrendole la possibilità di cambiare modo di procedere...
Lo “spirito del concilio” non era un'atmosfera vagamente utopistica e romantica. Per quanto mi riguarda, posso dire che colpiva il mio senso della fede cristiana in cui ero stato allevato...
Era la chiesa a farci soffrire, ed era terribile vedere che non riusciva a capire che noi lottavamo per liberarla dalle catene del suo potere politico. Non eravamo i soli a chiedere questo. Appelli per riforme si moltiplicavano tra di noi, come in molti altri paesi. I miei studi negli archivi sul cattolicesimo in Italia negli anni '50 mi rivelarono, ad esempio, che l'invocazione di una riforma della chiesa nasceva dai monasteri di clausura, da settori del clero, dai vescovi stessi.
La brace covava sotto la cenere e aveva solo bisogno di un soffio per riaccendersi. Esistevano nel corpo della Chiesa cattolica correnti di idee, aspirazioni, problemi e richieste che i leader del tempo non permettevano che emergessero, e nei fatti ignoravano e cercavano di impedire. Papa Giovanni aveva preso l'iniziativa di soffiare su quelle ceneri, spingendo la chiesa sulla via del rinnovamento, in un mondo in immensa trasformazione. Questa idea straordinaria di una chiesa che “cambia” ci colpiva profondamente. Non solo ci incoraggiava a rimanere nella fede, ma anche a cambiare noi stessi nella fede...
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Sembra quasi di vederlo, giovane giornalista dei quotidiani del Veneto, mettersi in una stanzetta della sacrestia per scrivere di una visita di Giovanni XXIII appena dopo la Messa. Sembra quasi di vederlo il suo volto di stupore quando Giovanni XXIII, senza alcun preavviso, passa proprio nella stanza dove lui sta battendo a macchina il suo articolo. E sembra quasi disegnarsi sul suo volto l’incredulità quando lo stesso Papa, preoccupato di quel giovane che deve lavorare e per quello ha rinunciato al pranzo, gli fa mandare un piatto di panini.
Quel giovane giornalista era Giancarlo Zizola. E la storia è una delle tante che raccontava – e che poi ha scritto in una lunga autobiografia – riguardo la sua carriera di giornalista.

Per approfondire: