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venerdì 14 settembre 2012

"La preghiera, proiezione illusoria?" di Alessandro Maggiolini

È abbastanza frequente, oggi, soprattutto tra i giovani, diffidare della preghiera perché si ha la strana sensazione di mettersi di fronte al nulla, di parlare a se stessi come rispondendo ad una eco, di proiettare delle situazioni interiori irrisolte, delle esigenze che non si riescono ad attuare, delle attese che non si sanno colmare.
Non complichiamo le cose. Esprimiamoci in forma meno astratta. E lasciamo da parte i giovani: son vicende di tutti, queste; e i giovani forse avvertono più di noi il bisogno di preghiera.
Chi ha provato talvolta a pregare - a pregare, non a biascicar tiritere - ha forse percepito un senso di vertigine, di paura: sto ascoltando Qualcuno? sto parlando a Qualcuno? ma c'è questo Qualcuno? è qui? e mi parla davvero? e mi ascolta davvero? non è questo esercizio tutta una trappola astuta per illudermi? non sto dialogando con me stesso, chiuso nel cerchio della mia solitudine? non sto fabulando di problemi che sono miei, soltanto miei, mentre io cerco altrove la soluzione? non sto fantasticando in un mondo splendido ma irreale? non sto creandomi una sorta di paese dei balocchi dove mi possa consolare perché vi trovo i miei desideri compiuti, ma i desideri mi rimangono dentro e mi mordono l'anima e tutto il resto non è che una bella fiaba? sto misurandomi con l'Infinito che è invisibile ma concreto, o con la parte malata di me stesso che ha bisogno di qualche blandimento? e non sto dando corpo a questo bisogno di consolazione come ad un miraggio?...
Gli interrogativi potrebbero continuare, ed evocherebbero questioni ampie e ardue.

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