Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



lunedì 1 ottobre 2012

Il ricordo del Cardinale Martini ad un mese dalla morte

Dal cardinale Scola l’invito alle parrocchie a celebrare una messa di suffragio l'1 ottobre e l’istituzione di un premio a lui intitolato per incoraggiare lo studio delle discipline bibliche: il bando sarà pubblicato il 15 febbraio, giorno del suo compleanno

Ricordare il Cardinale Martini è un atto di riconoscenza, di gratitudine e di affetto per quanto questo amico di Gesù ha testimoniato con la sua vita, non soltanto nell’attività pastorale, ma a tutta l’umanità, credenti e non-credenti.
Agli storici spetterà comprendere le dinamiche che il Cardinale ha saputo attivare: l’ecumenismo, il dialogo interreligioso, il dialogo con il mondo contemporaneo, declinato nella pluralità delle sue manifestazioni: politica, etica, culture e linguaggi.
Il credente nutre la certezza che i semi gettati nel percorso della storia dal Cardinale Martini produrranno nel tempo molti frutti.
La qualità spirituale che si percepisce, è il coraggio della Fede in Gesù Cristo, una virtù al contempo semplice e profonda, che afferma i valori del Vangelo in ogni circostanza della vita.
L’energia di questa Fede consente di accostare Carlo Maria Martini a figure imponenti nella storia della Chiesa, verso cui lo stesso cardinale ha continuato ad attingere a lungo: Agostino, Ignazio di Loyola, il Cardinal J. H. Newman e sul versante del magistero spirituale dell’arcivescovato milanese: Ambrogio, per il coraggio del vescovo contro le minaccie interne ed esterne della Chiesa, Carlo Borromeo, patrono di Milano, per aver saputo leggere la violenza del suo tempo alla luce della Parola di Dio e infine per continuità l’opera pastorale dell’ex cardinale Montini.
Leggi tutto: Carlo Maria Martini, grandezza morale e audacia di Spirito


Campeggia ancora sull’ingresso della porta del suo alloggio nella residenza gesuitica Aloisianum di Gallarate la targhetta «Padre Carlo Maria Martini».
A trenta giorni dalla morte dell’arcivescovo emerito di Milano, lo scorso 31 agosto, è più che mai viva tra i suoi confratelli la memoria del cardinale Martini che tra queste mura ha concluso la sua vita terrena. Martedì 2 ottobre alle 20.30 Martini sarà ricordato, nella chiesa principale di Gallarate Santa Maria Assunta con una Messa di suffragio.
Lungo questi austeri corridoi del complesso che l’ha ospitato torna alla memoria di molti gesuiti, quasi coetanei e malati, la puntualità di Martini nel partecipare e presiedere la celebrazione eucaristica per gli infermi delle 11 del mattino e le sue ultime parole pronunciate giovedì 30 agosto con un filo di voce: «La Messa è finita, andate in pace».
Al solo pronunciare la parola "padre Martini" brillano ancora gli occhi di molti padri

A un mese dalla morte, Antonella Palermo ha chiesto al segretario personale del cardinale scomparso, don Damiano Modena, un ricordo di Carlo Maria Martini:
R. - Più che un ricordo, sento di esprimere un grazie al cardinale. Credo che la cosa più difficile nei rapporti umani sia quella di entrare nella sofferenza di un’altra persona. E’ certamente la parte più intima di ciascuno di noi. Non è facile entrarvi dall’esterno perché l’altro tende sempre a tenerla protetta, un po’ come la parte degli affetti, e poi perché non tutti sono in grado di entrarvi senza devastarla, rispettando quello che ci si trova di fronte. Il cardinale ha permesso a me e ai suoi collaboratori infermieri di entrare in questa parte intimissima della sua vita che è la sua sofferenza, la sua malattia. Non siamo entrati in tutte le stanze perché resta sempre qualche camera riservata per sé, però devo dire che per la maggior parte ci ha permesso di entrare nella parte più preziosa della sua vita e di aiutarlo a viverla meglio, di accompagnarlo in queste stanze della solitudine, del dolore fisico, della delusione, della mancanza di possibilità di comunicare. Ecco, credo che fosse questa, soprattutto, la sua più profonda sofferenza. Fondamentalmente il dolore fisico - come lui stesso ha detto più volte – non era molto grande. Spesso ripeteva: 'è una malattia che mi impedisce, più che crearmi dolore'. L’impossibilità di comunicare lo aggrediva al cuore del suo essere relazione, lui che è sempre stato un uomo di grande comunicazione.





Vedi anche lo Speciale di Tempo Perso