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domenica 2 dicembre 2012

Lectio del Vangelo della domenica a cura di fr. Egidio Palumbo

Lectio del Vangelo della domenica
a cura di fr. Egidio Palumbo
della Fraternità Carmelitana di Pozzo di Gotto (ME)

I DOMENICA di AVVENTO - anno C - 2-12-2012

Maranà tha, Vieni Signore Gesù!

1. Entriamo nel tempo di Avvento, tempo di invocazione e di attesa del Signore che viene. Come si era concluso, così si apre l’Anno Liturgico. Infatti riascoltiamo oggi le stesse pagine evangeliche del discorso escatologico-apocalittico, discorso profetico che ci proietta verso il futuro, verso il fine della nostra esistenza – cioè la risurrezione – (discorso escatologico) e ci rivela la fine che Dio realizza (discorso apocalittico; “apocalisse” vuol dire “rivelazione”) delle situazioni inique e catastrofiche che viviamo in questo mondo, realizzate da noi o con il nostro assenso. 

Al di là di certi luoghi comuni, è bene ricordare che il discorso escatologico-apocalittico non è un discorso catastrofico e pessimistico, non è neppure un discorso di spiritualisti ingenui, bensì un discorso realistico e denso di speranza, di quella speranza che non delude, «perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato» (Rm 5,5). 

Qual è la logica che sta dietro a questo discorso? 

Di fronte a situazioni di oppressione, di violenza, di arroganza, di distruzione, di occupazione indebita… ogni uomo e donna di buon senso, ma anche ogni cristiano e cristiana maturi nella fede, non sperano altro, non la fine del mondo, ma la fine di queste situazioni di ingiustizia, e si adoperano, per amore delle vittime, di trovare i modi e i mezzi adeguati per accelerare tale processo; a meno ché uno non si adatta acriticamente alla situazione, cercando di ricavare anche qualche profitto personale: certo, a costui non gli importerà di sperare nella fine delle ingiustizie, anzi, al contrario, visti i vantaggi personali, cercherà in tutti i modi di approvarle e di sostenerle. 

Impegnarsi nel porre fine a situazioni di ingiustizia, chiede la capacità e la perseveranza di vedere nella “notte” e in mezzo alle “macerie” della storia di questo mondo uno spiraglio di luce: per il cristiano questa luce è la venuta del Figlio dell’uomo, ovvero la venuta del Signore Crocifisso e Risorto, che porta a compimento l’opera che Lui ha iniziato (cf. Fil 1,6). 

Ebbene, se l’anno liturgico si apre e si chiude nel segno della venuta del Signore Crocifisso e Risorto, questo vuol dire che tutta l’esistenza cristiana (di cui l’Anno Liturgico è cifra) è marcata da questa attesa, che l’Avvento ne è quasi il “sacramento” e il Natale è la memoria-attualizzazione della venuta del Signore Crocifisso e Risorto nella “notte” e nelle “macerie” della nostra storia, venuta non nel segno del potere, della grandezza e della ricchezza mondani, ma nel segno della piccolezza e della povertà, segni tipici della Gloria di Dio. 

2. La pagina del vangelo di questa prima domenica di Avvento (Lc 21,25-28.34-36), dunque, è ancora una pagina escatologico-apocalittica, una pagina profetica e di rivelazione. 

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