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lunedì 13 maggio 2013

Il nuovo diritto ai social network e la necessaria educazione al web - Interventi di Roberto Saviano e Enrico Mentana

Il nuovo diritto ai social network
 e la necessaria educazione al web



Intervento di Roberto Saviano sulla questione degli insulti  tramite i social network.
Spunto della riflessione è stato la scelta del giornalista  Enrico Mentana di abbandonare Twitter.



"...Ma questa è una degenerazione del mezzo, perché Twitter nasce per comunicare: è una piattaforma che mette in connessione chiunque con chiunque. Tutto è aperto. Puoi seguire chi vuoi, puoi leggere cosa scrive Obama, Lady Gaga o il tuo collega, quello che ha la scrivania di fronte alla tua. La capacità di poter assistere in tempo reale a ciò che accade nel quotidiano e comprendere i punti di vista degli altri, condividerne le conoscenze. Retwitti se trovi interessante una notizia e credi valga la pena sottoporla alla tua comunità. Crei dei topic, e puoi farlo chiunque tu sia. Poi ti capita di essere retwittato da chi ha centinaia di migliaia di follower e il tuo pensiero inizia a viaggiare.
Ma può anche accadere che in una piazza affollata, se si è a corto di contenuti o manca la capacità di sintesi (la regola su Twitter consiste nel mantenersi nei 140 caratteri, l'sms di un tempo), si urla per essere ascoltati. Quando il pensiero si semplifica e si riduce al grado zero, a volte c'è posto solo per l'espressione radicale o la battuta estrema. La serietà è banale, il ragionare scontato. Dunque ecco l'insulto. Chi ti insulta su Facebook non riesce a fare lo stesso, però, quando ti incontra di persona perché non ha il coraggio di mettere la faccia su uno sfogo personale che si alimenta di luoghi comuni e leggende metropolitane. Ho letto che se un post presenta un certo numero di commenti negativi, chi leggerà quel post sarà naturalmente influenzato da quei commenti. Le critiche sono sempre benvenute, gli insulti no. 
Dipende da noi dargli o meno diritto di cittadinanza. Facebook e Twitter consentono di poter eliminare l'insulto, bannandolo, cioè mettendolo al bando. Fa parte delle regole del gioco. Non credo sia corretto escludere chi fa un ragionamento diverso da quello proposto, chi critica con linguaggio rispettoso è una risorsa. Ma è giusto bannare chi usa i commenti per fare propaganda, chi ripete sempre lo stesso concetto quasi a fare stalking, chi - ad esempio - dice di conservare una bottiglia di champagne da aprire il giorno della mia morte, chi dice di avermi visto a bordo di una Twingo rossa o una Panda verde a Caivano o a Maddaloni sottintendendo che non è vero che vivo sotto protezione. Agli estremisti della rete che obiettano: "ma questa è censura", rispondo che chi vuole può aprire una sua pagina per insultarmi, ha l'intero infinito web per farlo. È che in realtà l'insultatore vuole vivere della luce riflessa dell'insultato. Eppure è semplice comprendere come non ci sia nulla di più dannoso dell'insulto: nulla garantisce più sicurezza al potere, inteso nel senso più ampio, se tutto il linguaggio della critica si riduce al turpiloquio, alla cosiddetta "shit storm", alla tempesta di merda di messaggi senza contenuto rilevante.
Ecco perché la necessità di regole non può passare per censura. Comprendo che la libertà della rete non può essere strozzata da vincoli, comprendo che i vincoli possono diventare pericolosi perché pericolosa è la valutazione: cosa è legittima critica o cosa è diffamazione? Ma la gestione delle regole non è un vincolo, è funzionale al mezzo, alla sua sopravvivenza, all'interesse che gli utenti continueranno o meno a nutrire. Per questo Enrico Mentana credo si sbagli quando dice che o sei dentro o fuori e che non si banna. Bannare è decidere di dare un'impronta al proprio spazio: è esercitare un proprio diritto.
L'educazione nel web, anzi l'educazione al web, sta ancora nascendo. Scegliere di usare un linguaggio piuttosto che un altro è fondamentale ..." 
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"Fuori i bulli dal nostro Twitter" di Roberto Saviano




 La scelta di Enrico Mentana di abbandonare Twitter.


Enrico Mentana, direttore del telegiornale di La7, si è molto lamentato degli insulti ricevuti sui social network dopo lo speciale dedicato alla morte di Giulio Andreotti successivo alla trasmissione del film Il Divo.


... Quando un anno fa sono entrato in Twitter l'ho fatto nel modo che mi sembrava più giusto, senza srotolare dépliant e cercando di dire la mia. Ma soprattutto leggendo i tweet degli altri: e non solo di quanti seguivo per esigenze professionali (come l'ottimo profilo del Corriere , tra gli altri). Chi fa informazione ha centinaia di migliaia di follower: persone con cui non ti puoi confrontare con domande e risposte, affermazioni e repliche. Puoi leggere quasi tutto quel che ti scrivono, però: ed è quel che ho fatto sempre, utilmente. Per questo credo di poter essere un testimone credibile se dico che Twitter rischia di essere schiacciato da una minoranza rumorosa, impegnata nella diffusione di una regressiva volgarità (soprattutto, in modo impressionante, contro donne) e nelle scorribande alla ricerca del bersaglio di turno da demolire: non per le sue tesi, il che magari sarebbe salutare e proficuo, ma per mero sfizio. Quasi sempre, come ha scritto ieri Roberto Saviano su la Repubblica, «in realtà l'insultatore vuole vivere della luce riflessa dell'insultato». 
Non è vivibile una comunità in cui i sentimenti prevalenti sono quelli di ostilità. Nessuno o quasi di coloro che rendono irrespirabile tanta parte di Twitter ha un nome e cognome. Il loro unico «coraggio» sta nella violenza delle parole, la loro viltà nel nickname, lo pseudonimo col quale firmano le loro ribalderie...
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