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sabato 8 marzo 2014

«Donna fuori dagli spot. Il diritto di essere se stesse» - Con Marta e con Maria: «La parola ai cattolici» di Paola Springhetti

Con Marta e con Maria
di Paola Springhetti

Gesù, per le donne, è stato un liberatore. La comunità cristiana di oggi vive dentro questa libertà? Sa farsene motore? 

È arrivato da pochi giorni in libreria per l'Editrice Ave il libro di Paola Springhetti «Donna fuori dagli spot. Il diritto di essere se stesse». In questa giornata dell'8 marzo - dal capitolo conclusivo - riprendiamo un passaggio intitolato «La parola ai cattolici».

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Il cristianesimo è la religione in cui una giovane fanciulla di nome Maria può esultare perché «grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente»; in cui un'altra donna, Maria di Betania, può, contro tutte le regole del tempo, ricevere insieme alla sorella un uomo nella propria casa, ascoltarlo ed essere considerata da lui un vero interlocutore, una persona che pensa; in cui Paolo può ricordare che in Cristo non c'è più né uomo né donna.

Gesù, per le donne, è stato un liberatore. La comunità cristiana di oggi vive dentro questa libertà? Sa farsene motore? O è prigioniera di quella libertà illusoria e servile che piace a tanti?

La Chiesa ha un ruolo importante, nella nostra società, sia a livello culturale che a livello di formazione. E ha il dovere di parlare a quegli uomini di oggi che le riconoscono questo ruolo e anche a quelli che non glielo riconoscono. Sulla questione femminile ha molto da dire, ma per essere ascoltata ha bisogno di acquistare credibilità, dimostrando con la propria vita quotidiana di credere in loro e di saperle valorizzare.

La Dottrina sociale della Chiesa, infatti, ha detto molto sulla donna e soprattutto, già prima del Concilio, è stata capace di superare la fobia delle donne e del loro corpo che si era diffusa, anche tra i cristiani, soprattutto da Tertulliano in poi. Si potrebbero velocemente ricordare laPacem in terris, in cui Giovanni XXIII considera l'ingresso della donna nella vita pubblica come un elemento caratterizzante la modernità, e poi laGaudium et spes, la Laborem exercens, la Familiaris consortio e in particolare la Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II, che ha segnato un punto di non ritorno, con la sua teologia e antropologia basate sul concetto di «unità dei due». Nella comune umanità le differenze tra uomo e donna - entrambi creati a immagine di Dio - si completano a vicenda e non sono ammissibili dislivelli di dignità e di importanza.

Il concetto viene ripreso anche dalla Christifideles laici, che fa un passo avanti, invitando esplicitamente ad applicarlo anche ai laici nella Chiesa e chiedendo di affrontare urgentemente sul piano pastorale «la presenza coordinata degli uomini e delle donne perché sia più completa, armonica e ricca la partecipazione dei fedeli laici alla missione salvifica della Chiesa». E la ragione non è solo «la maggiore significatività ed efficacia dell'azione pastorale» della Chiesa stessa; né, tantomeno, il semplice dato sociologico di una convivenza umana che è naturalmente fatta di uomini e di donne. È, piuttosto, il disegno originario del Creatore che dal principio ha voluto l'essere umano proprio così, come «unità dei due»; ha voluto l'uomo e la donna come prima comunità di persone, radice di ogni altra comunità e, nello stesso tempo, come "segno" di quella comunione interpersonale d'amore che costituisce la misteriosa vita intima di Dio uno e trino».

Insomma, aprendosi a una più rilevante presenza femminile, la Chiesa non solo guadagnerebbe in "efficienza" (cioè renderebbe la propria presenza più significativa ed efficace), ma sarebbe più coerente con la propria identità, perché aderirebbe maggiormente al disegno originario del Salvatore. 

In fondo, l'aveva detto già Paolo VI nel 1976: «Appare all'evidenza che la donna è posta a far parte della struttura vivente e operante del cristianesimo in modo così rilevante, che non ne sono forse ancora state enucleate tutte le virtualità». 

Ancora più esplicito è stato papa Francesco, che è intervenuto più volte sul tema delle donne nella Chiesa. Ad esempio, nell'ottobre 2013, quando a un convegno sui 25 anni della Mulieris dignitatem ha detto che non esiste "il" Chiesa, ma "la" Chiesa, che «è donna, è madre» e che soffre quando vede che nella Chiesa e nelle organizzazioni ecclesiali spesso il "servizio" delle donne è ridotto a "servitù".

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