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lunedì 10 marzo 2014

JESUS, marzo 2014 - La bisaccia del mendicante-1 di ENZO BIANCHI



JESUS, marzo 2014

La bisaccia del mendicante-1
Rubrica di ENZO BIANCHI



Viandante è colui che va sulla via, su percorsi già tracciati, sui quali altri camminano e altri possono essere incontrati. Non sempre ha davanti a sé una meta precisa come il pellegrino, ma in questo suo andare è piuttosto un “mendicante”: di incontri, di sguardi, di senso, di verità. Desidera camminare su una via che attraversa la realtà della terra nella quotidianità del tempo: tempo e spazio sono infatti le dimensioni che segnano ogni esperienza umana e strutturano il nostro percorso nel cammino della vita, e il viandante dovrebbe saperli vivere pienamente. Da autentico mendicante non ha bagagli, ma si sa equipaggiato semplicemente di una bisaccia, in cui mette poche cose essenziali: un po’ di cibo, dell’acqua per dissetarsi, tutt’al più qualcosa per coprirsi dalla pioggia e dal freddo, anche di notte... e un libro, magari la bibbia, come il pellegrino russo.
L’invito al lettore di questa rubrica è di condividere con me la via e anche ciò che porto nella mia bisaccia: a volte pane profumato, a volte pane duro; a volte acqua fresca da assaporare, a volte acqua che ha perso la sua freschezza ma sa ancora dissetare… Così il nostro cammino diventa occasione di comunione, di incontro, di conoscenza, e dà la possibilità dell’avventura, dell’ospitalità cordiale, dell’amicizia.
Dalla mia bisaccia oggi estraggo un pensiero per me inquietante, che da sempre accompagna la mia vita di monaco e di cristiano. Perché il cristianesimo è così impossibile da vivere, così inefficace nel plasmare la storia degli uomini? Perché il Regno che Gesù annunciava come imminente non ha portato nessuna novità, se non – come diceva Ireneo di Lione – “l’unica novità che è Gesù Cristo”? Ho sempre vissuto una forte contraddizione nella mia vita interiore: credere in Gesù Cristo come Signore, come colui che salva le nostre vite, colui che amiamo al di sopra di tutti e di tutto, e nello stesso tempo vivere come se queste verità fossero tutte nell’attesa, nella speranza, senza mai poterle vedere attuate nelle nostre vite quotidiane. Perché noi continuiamo a fare il male che non vorremmo e a non fare il bene che vorremmo (cf. Rm 7,18-19), continuiamo a morire nella sofferenza e viviamo amori che ci fanno soffrire?
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