Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



venerdì 28 marzo 2014

L'educazione viva - Fare in modo che le persone siano felici


L'educazione viva
di Anna Molinari



La scuola ha spesso fondato la sua struttura sull’idea che i bambini siano contenitori “vuoti” da educare “riempiendoli”, riformandone l’identità e modellando l’essere umano a venire. “Pensare che l’intervento esterno sia necessariamente volto a migliorare la resa è un approccio estremamente umano”, sostiene Cristòbal Gutierréz, della Fondazione CAI, ma prosegue: “il bambino però è come un bosco”: la crescita è un processo – cellulare, mentale, emotivo – innato… occorre solo fare in modo di rendere disponibile ciò che è necessario, in primo luogo affetto, rispetto e fiducia, che si situano alla base di ogni sviluppo e apprendimento. Perché allora, spesso, si educa attraverso la minaccia, il castigo, le tensioni, dimenticandosi dell’amore? Nel processo educativo, quando non riusciamo a ottenere quello che ci viene richiesto – e quindi non riceviamo amore perché, in qualche modo, non riusciamo a corrisponderne alle aspettative con il nostro modo di essere noi stessi – cominciamo ad agire in modo per noi artificiale, ma tale da raggiungere i risultati che ci permettono di sopravvivere. Come? Condizionati dalla paura.
Un’esagerazione della scuola di oggi? Forse in parte, ma una riflessione che ci permette di soffermarci su un punto ricorrente non solo in ambito scolastico ma in molte declinazioni della società attuale: porre limiti e costruire barriere rigide e certe è in realtà un modo di manifestarsi della paura, un meccanismo di controllo e di manipolazione (basti pensare al manifesto di Watson del 1913, che fornì le basi – non solo ai regimi totalitari, ma anche agli spot mediatici – per una manipolazione di massa attraverso la paura). È innegabile che molti nostri contatti quotidiani si basino sulla paura: di cambiare, di progredire, di essere noi stessi, di amare, di rivelare ciò che siamo in fronte al mondo. Un approccio che caratterizza profondamente la vita adulta, con persone che si impegnano per un lavoro che non le appassiona, ma che permette di raggiungere una determinata posizione sociale: la società dell’autoinganno.
I bambini, però, ci mostrano spontaneamente una voglia di vivere che noi, come adulti, abbiamo perso. La prima domanda che dovremmo quindi farci come educatori, suggerisce Gabriela Obregón Gutierrez, del Colegio Piccolino Montessori, dovrebbe essere: sto prendendomi cura della voglia di vivere di questo bambino?
...
Fare in modo che le persone siano felici è un’idea rivoluzionaria, e non è certo una novità. Vale però la pena ripeterlo, perché quando una persona sta bene con se stessa, è in pace col proprio passato e non ha nulla da difendere o dimostrare per poter esprimere e costruire la propria identità, allora è giunto il momento in cui può volgersi agli altri e accompagnarli verso una felicità propria. L’auspicio è che, assieme agli insegnanti, siano le madri e i padri a tornare a essere educatori nel senso più profondo, per accompagnare i bambini verso l’individuazione di ciò che desiderano o non desiderano, perché si sentano amati e imparino ad amare gli altri. Essi prenderanno così parte a un processo di apprendimento continuo e di interscambio tra l’individuo, i genitori, le persone che lo circondano e la comunità. Una educazione viva.

Leggi tutto: L'educazione viva