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giovedì 13 marzo 2014

Un anno con Papa Francesco - "Per una Chiesa dei poveri" di mons. Luigi Bettazzi


Per una Chiesa dei poveri
Bilancio e riflessioni a un anno dalla nomina di papa Francesco.
Luigi Bettazzi 
(già vescovo di Ivrea e presidente internazionale di Pax Christi)


Il 13 marzo 2013 il card. Protodiacono annunciò dalla loggia della Basilica di S. Pietro che avevamo per nuovo Papa il card. Jorge Maria Bergoglio, che aveva assunto il nome di Francesco. La nomina sorprese tutti, dagli alti vertici ecclesiastici (la stessa Cei, di fronte a una fumata bianca così tempestiva, prima di ascoltare l’annuncio inviò i rallegramenti e gli auguri al card. Scola, che ovviamente non poteva essere che lui il Papa nominato con tanta rapidità!), alla gente della Piazza e a tutti quelli collegati per televisione. Si trattava, per la prima volta nella storia, di un Papa americano, e per la prima volta di un Papa gesuita, che, per la prima volta nelle storia dei Papi, aveva assunto il nome di Francesco, e non del gesuita Francesco Saverio, come qualcuno aveva subito interpretato, ma proprio di Francesco d’Assisi, il Santo della povertà e della fraternità.

La sorpresa crebbe, e positivamente, quando papa Francesco comparve al balcone e salutò la gente con un familiare “Buona sera!”, presentandosi come vescovo di Roma e non come Sommo Pontefice di tutta la Chiesa, e quando, prima di benedire, chiese un minuto di silenzio perché la gente invocasse la benedizione di Dio su di lui! Le sorprese poi sono continuate di fronte alle sue decisioni di mantenere un vestito sobrio (bianco ma senza mantellette rosse, con le sue scarpe ortopediche e la sua croce e la sua mitria di sempre), e di restare ad abitare al Pensionato di S. Marta, andando nel Palazzo solo per i momenti di lavoro o di udienze (pare che una volta abbia ammesso che alla sua età non si cambia stile di vita, quello del contatto con la gente, e che se andava stabilmente nel Palazzo, poi ci voleva … lo psichiatra!). Le sorprese positive sono continuate nella sua vicinanza ai piccoli e agli ammalati, cosa ad esempio che allunga l’attesa delle udienze pubbliche, quando gira tutta la Piazza per accarezzare i bambini che gli vengono offerti o per dire una parola di conforto agli ammalati. L’elenco delle sorprese potrebbero continuare, ad esempio con le telefonate personali che fa a persone che gli hanno scritto o che hanno avuto nella loro vita momenti particolari, drammatici o comunque significativi. A cominciare dal nome che ha assunto, che dichiara di essergli venuto in mente quando un cardinale amico, in conclave, nel momento in cui il nome di Bergoglio andava accumulando voti, gli ha raccomandato: “Non dimenticarti dei poveri!”.

Vorrei però puntualizzare due centralità che emergono sul suo programma pontificale. Uno è appunto quello della Chiesa dei poveri. 
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L’altra finalità che emerge dalle parole e dallo stile di papa Francesco è quello di una Chiesa di “comunione”
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Ogni Papa ha un suo compito specifico. Papa Giovanni, un Papa votato perché fosse di “transizione” in attesa di Montini, fece la “transizione” del Concilio e della Pacem in terris, Paolo VI riuscì a completare e chiudere il Concilio e a portare la Chiesa nel mondo, Giovanni Paolo I in un mese semplificò il papato e gli diede il sorriso, Giovanni Paolo II aprì la Chiesa ai problemi del mondo e fece cadere la dittatura comunista senza una guerra, Benedetto XVI rinsaldò la fede in Gesù Cristo e iniziò la purificazione della Chiesa. Ora dobbiamo pregare perché papa Francesco riesca nel compito che ha assunto, ma dobbiamo aiutarlo impegnandoci, come comunità o come singoli, ad accoglierne il messaggio e ad attuarlo in noi e intorno a noi.

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