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mercoledì 16 aprile 2014

Anche Giuda può esserci maestro... "La sequela parallela: Giuda" di don Antonio Savone

Giuda1

La sequela parallela:
Giuda

di don Antonio Savone




Introduzione

La figura, il gesto e il dramma di Giuda hanno interessato e interrogato intere generazioni di credenti e non credenti. La sua vicenda resterà sempre un mistero impenetrabile e drammatico nello stesso tempo.
Noi vogliamo accostare questa figura per cercare di rileggere che cosa può far sì che la nostra sequela venga meno.
A ben guardare nel nostro cuore, dobbiamo riconoscere con umiltà, che in ognuno di noi c’è un poco Giuda: c’è il desiderio di Dio e c’è il legame con il mondo, c’è l’anelito alla bellezza e c’è un quotidiano cedimento alla mediocrità che ci infanga, c’è la percezione del profumo dell’amore e c’è l’olezzo dell’egoismo istintivo, c’è l’anelito al bene e c’è l’esperienza insistente del male.
Potremmo sottoscrivere a buon diritto le parole di Paolo ai Romani: “Acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?” (Rm 7,22-24).
Ma Paolo aggiunge subito: “Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo di Gesù Cristo” (Rm 7,25).
Mai dimenticare questa confessione di fede espressa quasi con un grido! Mai lasciare spazio alla desolazione, alla rassegnazione e tantomeno alla disperazione!
Quando Giuda si accostò al Signore per consegnarlo con un bacio ai suoi nemici, Gesù lo chiamò ancora una volta: Amico (Mt 26,50). E per gli amici Gesù era pronto a dare la propria vita, non solo quella nel tempo, ma la vita eterna (Gv 17,2). L’avrebbe data anche a Giuda se non avesse perso la fiducia in lui.
La Chiesa sente di poter dire se questo o quello è in Paradiso, ma sente con altrettanta sicurezza che non può dire chi sia all’inferno.
Giuda, nella sua sventurata esperienza, può esserci maestro, può insegnarci cosa evitare, su quali rischi vigilare, su quali sentieri rimanere e faticosamente perseverare.

Giuda il chiamato

Giuda è citato ben 20 volte nei Vangeli, molto più degli altri apostoli. Resterà un mistero il fatto che Gesù abbia chiamato uno che poi lo avrebbe tradito. La vocazione come tale rimane un mistero. Perché proprio io? 
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Aspettative deluse

A rileggere il vangelo emerge piuttosto chiaramente che quello di Giuda non è un gesto improvvisato e tantomeno un errore accidentale. Si tratta di qualcosa che parte da molto lontano. Giuda si allontana da Gesù progressivamente. Il suo cuore si raffredda giorno dopo giorno e la sua mente comincia a congetturare, a vedere anche ciò che è irreale e a rileggere in maniera distorta taluni atteggiamenti di Gesù, fino a quando il distacco diventerà irreversibile nell’atto di uscire dalla porta del cenacolo.
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Sequela parallela

Giuda ha trascorso del tempo insieme a Gesù e agli altri. Quell’esperienza non gli permette di tornare indietro facilmente. È capitato anche a noi: non è scontato fare come se nulla fosse capitato. Equivarrebbe ad ammettere pubblicamente di aver perso tempo per tanto tempo. E così Giuda sceglie un’altra strada o, meglio, un altro modo di stare su quella medesima strada: una vera e propria sequela parallela. Non cammina più seguendo il Signore ma gli cammina accanto, rimuginando sue congetture mentre il Signore fa altri pensieri. È accanto al Signore fisicamente ma il cuore e la mente sono altrove.
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Gesti traditi

Il vangelo insiste più volte sul fatto che Giuda fosse uno dei Dodici. Era uno, cioè, che aveva con il Signore un contatto quotidiano. Rileggendo i brani che si riferiscono a Giuda ci si accorge di come non ci voglia molto a consumare un tradimento. Ciascuno di noi ha la stoffa necessaria per venir meno nella sequela. Si tratta di passi piccoli, semplici, apparentemente non gravi.
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Si tradisce per un nulla

Giuda vende il suo Signore per pochi soldi: il prezzo di uno schiavo. Aveva provato fastidio per quei trecento denari di profumo che la donna aveva versato sui piedi del Maestro, ma poco dopo baratta la vita del suo Signore per molto meno.
Quanto vale il mio Dio? Il Salmo ci fa pregare: la tua grazia vale più della vita. Per cosa lo svendo o lo baratto? Non ci è più facile perdere tanto tempo dietro chiacchiere inutile che fermarci qualche minuto in più a pregare o a meditare su un brano della Parola di Dio?
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La responsabilità della comunità

In tutta questa vicenda che ruolo ha giocato la comunità di riferimento di Giuda?
Nessuno di noi è neutro rispetto al peccato altrui. Nessuno è senza colpa di fronte al peccato dei fratelli. Certo, Giuda è responsabile del proprio tradimento, ma com’è che satana è entrato nel suo cuore? Non è che forse una parte di responsabilità sia da attribuire anche agli altri che non sono stati capaci di vicinanza mentre egli cominciava a prendere le distanze dal Maestro?
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Attenti

La vicenda di Giuda richiama il tema dell’attenzione. Ora l’attenzione non la si compra ma la si coltiva: iniziare a far caso alla presenza o all’assenza di qualcuno, notare la faccia non bella che uno può avere oggi, la stanchezza, l’umore; imparare a far attenzione a ciò che può far piacere all’altro, ciò che gli piacerebbe avere, le parole che vorrebbe ascoltare; fare attenzione perché io possa essere un orecchio attento perché l’altro possa dire quello che si porta dentro.
È più facile l’indifferenza che l’attenzione, più facile il puntare il dito che il farsi carico. 
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La solitudine di Giuda

Rileggendo il dramma di Giuda si scopre che se, è vero che gli apostoli nulla hanno fatto per guadagnarlo a sé nuovamente, è altrettanto vero che qualcuno disposto ad accettare il suo piano e a pagare per la sua concretizzazione lo ha trovato nei sommi sacerdoti e negli anziani. Si tratta di persone che addirittura si rallegrarono per quanto avesse concepito (cfr. Mc 14,11).
Tuttavia, la storia cambia all’improvviso una volta consumato il tradimento. Nessuno più si rallegra e Giuda è l’uomo più solo al mondo. 
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Se noi manchiamo di fede egli rimane fedele

Giuda non ha saputo o non ha voluto fare l’esperienza della misericordia del Signore. Più volte Gesù aveva ripetuto di non essere venuto a chiamare i giusti ma i peccatori (cfr. 9,12-13). Eppure questo non è bastato a Giuda.
Se solo, come Pietro, avesse avuto il coraggio di incrociare lo sguardo di Gesù, avrebbe capito che il Signore non tradisce neanche quando è tradito, non abbandona neanche quando è abbandonato. Il peccato può offuscare il nostro amore per il Signore ma non intacca mai l’amore di Dio per noi.
... 

Non permettere, Signore,
che il nostro e l’altrui peccato
ci facciano sprofondare
nello scoraggiamento e nella disperazione.
La tua misericordia
ci raccolga sempre,
anche e soprattutto
quando possiamo contare
solo su di te.
Te lo chiediamo
con umiltà sincera
e fiducia grande.
Amen.