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sabato 27 settembre 2014

«Basta alla barbarie» - «#NotInMyName, non nel mio nome» - Il vescovo e l'imam: per cristiani e musulmani parole di pace, fratellanza e speranza

I giovani musulmani, dall'Europa, dicono no all'Isis, e alle pratiche terroristiche messe in atto dai combattenti dello Stato islamico. Lo fanno sul web e il “codice” è quello che la rete sa meglio recepire e amplificare: una foto e un messaggio chiaro, da rilanciare sui social: ashtagh #NotInMyName, “non nel mio nome”. Una presa di distanza chiara contro il modo di agire del Califfato, che ha preso le mosse in Gran Bretagna grazie alla Active Change Foundation e che si unisce alle manifestazioni nate in diverse parti del mondo: dalla preghiera nelle moschee in Germania, alle fiaccolate per la pace (l'ultima due giorni fa a Milano).


Gli islamici moderati ci mettono la faccia, per ricordare che l'Isis non è l'Islam e che loro non si sentono rappresentati dallo Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Ecco perché gli attivisti della protesta hanno scelto di utilizzare le stesse piattaforme usate dal Califfato per terrorizzare il mondo, come Twitter e YouTube. (fonte: Avvenire)


Internet, ancora una volta, si rivela uno strumento prezioso per dar voce e trasformare in compagine un universo ampio. Una campagna simile è stata quella per riporate a casa le oltre 200 studentesse nigeriane rapite da Boko Haram: nei mesi scorsi "Bring Back Our Girls" è diventato uno slogan di portata mondiale. 

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Erano migliaia ieri pomeriggio davanti alla Grande moschea di Parigi, nel quartiere latino. Per gridare tutta la condanna e lo sdegno dell’islam francese per la decapitazione mercoledì in Algeria, ad opera dell’Is, della guida alpina Hervé Gourdel.
«Noi, musulmani di Francia, diciamo basta alla barbarie», ha dichiarato Dalil Boubakeur, rettore della Grande moschea e presidente del Consiglio francese del culto musulmano.
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Alcune dei presenti urlano: «Daesh (Isis) assassini», su un cartellone si legge: «Siamo tutti Hervé Gourdel». Una chiara presa di posizione dei «musulmani e dei loro amici», condivisa nelle stesse ore a Lione e in altre città francesi. Una manifestazione preparata, con un appello, 24 ore prima, di Boubakeur e altri leader musulmani: «Nessuno può arrogarsi il diritto di esprimersi in nostro nome», avevano scritto su Le Figarorivendicando «l’onore di dire che “siamo anche noi degli sporchi francesi”». Un chiaro riferimento all’appello, lanciato lunedì scorso dallo Stato islamico che chiedeva ai musulmani di uccidere gli infedeli e «in particolare gli sporchi e cattivi francesi»...

Il vescovo Luciano Monari ha accolto ieri nella sua casa i rappresentanti dei Centri islamici di Brescia e provincia, arrivati in visita di cortesia, ma anche per portare solidarietà, affetto, stima, voglia di reciprocità, attese per un tempo in cui, pur nella diversità delle religioni professate, sia possibile immaginare un luogo in cui riunirsi per pregare e riflettere insieme. Nel dolce pomeriggio bresciano, cristiani e musulmani si sono dati la mano, hanno colloquiato amabilmente, si sono scambiati doni, hanno pronunciato parole di pace, fratellanza e speranza. 
Ma, verrà mai un giorno come quello auspicato? «Il nostro futuro è legato inevitabilmente agli altri, sconosciuti ma fratelli - ha detto il vescovo ai presenti -. Non ci sono più isole e isolamenti; siamo tutti chiamati dalla storia a dialogare e a confrontarci. L'Imam Amin el Hazmi, del Centro islamico di Brescia, è venuto portando con sé, per offrirlo a noi, il bene elargito dal proprio Signore; noi gli assicuriamo di accogliere volentieri quel bene nella luce di Cristo. Questo è un incontro che ci consente di superare sospetti e dubbi, che è motivo di speranza, di nuova speranza».
APPENA PRIMA delle parole del vescovo, la parola dell'Imam, che rappresentava e ampliava quella di tutti i gruppi islamici presenti, aveva disegnato scenari di pace e di concordia. «Siamo venuti nella casa del vescovo di Brescia - ha spiegato Amin el Hazmi - a dirvi che siamo uniti a voi nel dolore causato da irresponsabili che nulla hanno da spartire con la nostra religione, che la fede diversa dalla nostra non ci spaventa, che rifiutiamo la violenza omicida, che vogliamo collaborare con la Chiesa cattolica e le diverse religioni, che vogliamo condividere i giorni e le ore, che siamo una grande famiglia, in cui si soffre e si gioisce insieme».
Tutto straordinariamente semplice, normale e naturale...