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giovedì 18 settembre 2014

«La porta che si apre alla carezza di Gesù» - Papa Francesco - S. Messa Cappella della Casa Santa Marta - (video e testo)


S. Messa - Cappella della Casa Santa Marta, Vaticano
18 settembre 2014 
inizio 7 a.m. fine 7:45 a.m. 




Papa Francesco:
riconosciamoci peccatori”

Il Signore salva «solamente chi sa aprire il cuore e riconoscersi peccatore». È l’insegnamento che Papa Francesco ha tratto dal brano liturgico del Vangelo di Luca (7, 36-50) durante la messa celebrata giovedì mattina, 18 settembre, a Santa Marta. Si tratta del racconto della peccatrice che, durante un pranzo in casa di un fariseo, senza nemmeno essere invitata si avvicina a Cristo con «un vaso di profumo» e «stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo», comincia «a bagnarli di lacrime», poi li asciuga «con i suoi capelli», li bacia e li cosparge di profumo.

Il Pontefice ha spiegato che proprio «riconoscere i peccati, la nostra miseria, riconoscere quello che siamo e che siamo capaci di fare o abbiamo fatto è la porta che si apre alla carezza di Gesù, al perdono di Gesù, alla parola di Gesù: Vai in pace, la tua fede ti salva, perché sei stato coraggioso, sei stata coraggiosa ad aprire il tuo cuore a colui che soltanto può salvarti». In proposito il Papa ha ripetuto un’espressione a lui particolarmente cara: «il posto privilegiato dell’incontro con Cristo sono i propri peccati».

A un orecchio poco attento questa «sembrerebbe quasi un’eresia — ha commentato — ma lo diceva anche San Paolo» quando nella seconda Lettera ai corinti (12, 9) affermava di vantarsi «di due cose soltanto: dei propri peccati e di Cristo Risorto che lo ha salvato».

Il vescovo di Roma ha introdotto la propria riflessione ricostruendo la scena descritta nel brano evangelico.
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Ecco allora «due atteggiamenti» molto differenti tra loro: da una parte quello dell’«uomo che vede e qualifica», giudica; e dall’altro quello della «donna che piange e fa cose che sembrano pazzie», perché utilizza un profumo che «è caro, è costoso». In particolare il Pontefice si è soffermato sul fatto che nel Vangelo si utilizzi la parola «unzione» per significare che il «profumo della donna unge: ha la capacità di diventare un’unzione», al contrario delle parole del fariseo che «non arrivano al cuore, non arrivano al corpo, non arrivano alla realtà».

In mezzo a queste due figure così antitetiche c’è Gesù, con «la sua pazienza, il suo amore», la sua «voglia di salvare tutti», che «lo porta a spiegare al fariseo cosa significa quello che fa questa donna» e a rimproverarlo, sia pure «con umiltà e tenerezza», per aver mancato di «cortesia» nei suoi confronti.
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Ecco allora l’insegnamento del Vangelo: «La salvezza entra nel cuore soltanto quando noi apriamo il cuore nella verità dei nostri peccati». Certo, ha argomentato il vescovo di Roma, «nessuno di noi andrà a fare il gesto che ha fatto questa donna», perché si tratta di «un gesto culturale dell’epoca; ma tutti noi abbiamo la possibilità di piangere, tutti noi abbiamo la possibilità di aprirci e dire: Signore, salvami! Tutti noi abbiamo la possibilità di incontrarci col Signore». Anche perché, ha affermato, «a quell’altra gente, in questo passo del Vangelo, Gesù non dice niente. Ma in un altro passo dirà quella parola terribile: “Ipocriti, perché vi siete staccati dalla realtà, della verità!”. E ancora, riferendosi all’esempio di questa peccatrice, ammonirà: «Pensate bene, saranno le prostitute e i pubblicani che vi precederanno nel regno dei cieli!». Perché loro — ha concluso — «si sentono peccatori» e «aprono il loro cuore nella confessione dei peccati, all’incontro con Gesù, che ha dato il sangue per tutti noi».

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