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domenica 12 ottobre 2014

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n. 45/2013-2014 (A) di Santino Coppolino

'Un cuore che ascolta - lev shomea'
Concedi al tuo servo un cuore docile,
perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)


Traccia di riflessione sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino



Vangelo:  Mt 22,1-14





E' la terza parabola della trilogia (Mt 21,28-22,14), quella dove l'evangelista presenta, e ancora una volta sottolinea, il continuo rifiuto della salvezza da parte dei capi di Israele, e adesso anche della Chiesa. La storia ancora si ripete e il destino di Israele e della Chiesa sono messi in parallelo di fronte ad un giudizio: quanto Israele ha fatto, ora lo fa anche la Chiesa.
 "La parabola ci consente di vedere, come in uno specchio, quello che mai potremmo vedere: il nostro volto!" (S.Fausti).
L'essere battezzati, far parte della comunità ecclesiale, non è e non sarà mai certezza di salvezza e Gesù ce lo ha detto chiarissimamente. Non basta affermare: "Abbiamo Abramo per padre" (3,8-9), come non basta gridare: "Signore, Signore" (7,21) per fare parte del Regno di Dio. Quello che più conta agli occhi del Signore è che riconosciamo di essere peccatori, mancanti di quella veste nuziale che ci consente di potere stare in piedi, da figli amati, davanti a Lui. Che cominciamo a fare frutti che nascono da una reale conversione, un cambiamento di mentalità che si manifesta nelle opere, con la sostituzione dei nostri pseudo-valori, con i valori autentici proposti da Gesù: non più l'accumulo ma la condivisione, non più la sete di potere ma lo spirito del servizio. Mettere il bene dell'uomo come punto più importante della nostra esistenza, come valore assoluto, ci fa pensare e operare così come pensa e opera Dio. 
L'abito nuziale che ci manca - la nostra dignità di figli - che ci impedisce di prendere parte al banchetto, ci viene consegnato ai piedi della croce, ed è quello del Figlio spogliato e crocifisso.
 E' lui che con le mani e i piedi legati, viene gettato fuori dalla vigna, nelle tenebre, al posto nostro:
"Su di lui s'è abbattuto il castigo che ci dona salvezza, per le sue piaghe siamo stati guariti" (Is 53,5).