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giovedì 31 dicembre 2015

Insegnami, Signore, a dire grazie


Insegnami, Signore, a dire grazie 
Jean-Pierre Dubois-Dumée

Grazie per il pane, il vento, la terra e l'acqua. 
Grazie per la musica e per il silenzio. 
Grazie per il miracolo di ogni nuovo giorno. 
Grazie per i gesti e le parole di tenerezza. 
Grazie per le risate e per i sorrisi. 
Grazie per tutto ciò che mi aiuta a vivere, 
nonostante le sofferenze e lo sconforto. 
Grazie a tutti quelli che amo e che mi amano. 
E che questi mille ringraziamenti 
si trasformino in un'immensa azione di grazie 
quando mi rivolgo a te, 
fonte di ogni grazia e roccia della mia vita. 
Grazie per il tuo amore senza confini. 
Grazie per il pane dell'Eucarestia. 
Grazie per la pace che viene da te. 
Grazie per la libertà che tu ci dai. 

Con i miei fratelli io proclamo la tua lode per la nostra vita 
che è nelle tue mani e per le nostre anime che ti sono affidate. 
Per i favori di cui tu ci inondi e che non sempre sappiamo riconoscere. 
Dio buono e misericordioso, che il tuo nome sia benedetto, sempre.

Il Natale del Giubileo della Misericordia - Papa Francesco Udienza generale 30/12/2015

 30 dicembre 2015 

Udienza generale dedicata da Papa Francesco a Gesù Bambino, allo Spirito del Presepe in questo Natale che trascorre giorno dopo giorno all’interno dell’Anno Santo della Misericordia.


3. Il Natale del Giubileo della Misericordia

Fratelli e sorelle, buongiorno!
In questi giorni natalizi ci viene posto dinanzi il Bambino Gesù. Sono sicuro che nelle nostre case ancora tante famiglie hanno fatto il presepe, portando avanti questa bella tradizione che risale a san Francesco d’Assisi e che mantiene vivo nei nostri cuori il mistero di Dio che si fa uomo.

La devozione a Gesù Bambino è molto diffusa. Tanti santi e sante l’hanno coltivata nella loro preghiera quotidiana, e hanno desiderato modellare la loro vita su quella di Gesù Bambino. Penso, in particolare a santa Teresa di Lisieux, che come monaca carmelitana ha portato il nome di Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Lei – che è anche Dottore della Chiesa – ha saputo vivere e testimoniare quell’“infanzia spirituale” che si assimila proprio meditando, alla scuola della Vergine Maria, l’umiltà di Dio che per noi si è fatto piccolo. E questo è un mistero grande, Dio è umile! Noi che siamo orgogliosi, pieni di vanità e ci crediamo grande cosa, siamo niente! Lui, il grande, è umile e si fa bambino. Questo è un vero mistero! Dio è umile. Questo è bello!

C’è stato un tempo in cui, nella Persona divino-umana di Cristo, Dio è stato un bambino, e questo deve avere un suo significato peculiare per la nostra fede. E’ vero che la sua morte in croce e la sua risurrezione sono la massima espressione del suo amore redentore, però non dimentichiamo che tutta la sua vita terrena è rivelazione e insegnamento. Nel periodo natalizio ricordiamo la sua infanzia. Per crescere nella fede avremmo bisogno di contemplare più spesso Gesù Bambino. Certo, non conosciamo nulla di questo suo periodo. Le rare indicazioni che possediamo fanno riferimento all’imposizione del nome dopo otto giorni dalla sua nascita e alla presentazione al Tempio (cfr Lc 2,21-28); e inoltre alla visita dei Magi con la conseguente fuga in Egitto (cfr Mt 2,1-23). Poi, c’è un grande salto fino ai dodici anni, quando con Maria e Giuseppe va in pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua, e invece di ritornare con i suoi genitori si ferma nel Tempio a parlare con i dottori della legge.

Come si vede, sappiamo poco di Gesù Bambino, ma possiamo imparare molto da Lui se guardiamo alla vita dei bambini. È una bella abitudine che i genitori, i nonni hanno, quella di guardare ai bambini, cosa fanno.

Scopriamo, anzitutto, che i bambini vogliono la nostra attenzione. Loro devono stare al centro perché? Perché sono orgogliosi? No! Perché hanno bisogno di sentirsi protetti. E’ necessario anche per noi porre al centro della nostra vita Gesù e sapere, anche se può sembrare paradossale, che abbiamo la responsabilità di proteggerlo. Vuole stare tra le nostre braccia, desidera essere accudito e poter fissare il suo sguardo nel nostro. Inoltre, far sorridere Gesù Bambino per dimostrargli il nostro amore e la nostra gioia perché Lui è in mezzo a noi. Il suo sorriso è segno dell’amore che ci dà certezza di essere amati. I bambini, infine, amano giocare. Far giocare un bambino, però, significa abbandonare la nostra logica per entrare nella sua. Se vogliamo che si diverta è necessario capire cosa piace a lui, e non essere egoisti e far fare loro le cose che piacciono a noi. E’ un insegnamento per noi. Davanti a Gesù siamo chiamati ad abbandonare la nostra pretesa di autonomia – e questo è il nocciolo del problema: la nostra pretesa di autonomia -, per accogliere invece la vera forma di libertà, che consiste nel conoscere chi abbiamo dinanzi e servirlo. Lui, bambino, è il Figlio di Dio che viene a salvarci. E’ venuto tra di noi per mostrarci il volto del Padre ricco di amore e di misericordia. Stringiamo, dunque, tra le nostre braccia il Bambino Gesù, mettiamoci al suo servizio: Lui è fonte di amore e di serenità. E sarà una bella cosa, oggi, quando torniamo a casa, andare vicino al presepe e baciare il Bambino Gesù e dire: “Gesù, io voglio essere umile come te, umile come Dio”, e chiedergli questa grazia.


Guarda il video della catechesi

Saluti:
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APPELLO

Invito a pregare per le vittime delle calamità che in questi giorni hanno colpito gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’America del Sud, specialmente il Paraguay, causando purtroppo vittime, molti sfollati e ingenti danni. Il Signore dia conforto a quelle popolazioni, e la solidarietà fraterna li soccorra nelle loro necessità.

* * *

Porgo un cordiale augurio natalizio ai pellegrini di lingua italiana. 
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A tutti auguro di diffondere nella quotidianità la luce di Cristo, che ha brillato sull’umanità nella Notte di Natale.

Rivolgo un pensiero speciale ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. L’icona del presepio che contempliamo in questi giorni aiuti voi, cari giovani, a imitare la Santa Famiglia, modello dell’amore vero. Sostenga voi, cari ammalati, ad offrire le vostre sofferenze in unione a quelle di Gesù per la salvezza del mondo. Incoraggi voi, cari sposi novelli, a edificare la vostra casa sulla roccia della Parola di Dio, rendendola, sull’esempio di quella di Nazaret, un luogo accogliente, pieno di amore, di comprensione e di perdono.

Guarda il video integrale




Vinci l’indifferenza e conquista la pace - MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA CELEBRAZIONE DELLA XLIX GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 1° GENNAIO 2016



Il primo nemico della pace è l’indifferenza degli uomini per i propri simili, generata dal rifiuto di Dio. Il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della pace, inizia proprio dall’invito ad impegnarsi con fiducia per costruire la pace, perché se è vero che quest’ultima è un dono di Dio è altrettanto vero che la sua realizzazione è affidata agli uomini e alle donne di buona volontà.
Il 2015 si conclude con un bilancio doloroso per la pace. Terrorismo e conflitti sembrano confermare la teoria della “terza guerra mondiale a pezzi”. Eppure, i motivi di speranza ci sono e Papa Francesco li individua proprio in alcuni recenti eventi internazionali, come l’accordo di Parigi sul clima o l’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile. Sono situazioni che spingono a credere nella capacità dell’umanità di agire insieme in spirito di solidarietà. Un atteggiamento nota il Papa che si sposa con quello della Chiesa degli ultimi 50 anni, orientata al dialogo, alla solidarietà e alla misericordia.
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA 
XLIX GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 

1° GENNAIO 2016
Vinci l’indifferenza e conquista la pace

1. Dio non è indifferente! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona! All’inizio del nuovo anno, vorrei accompagnare con questo mio profondo convincimento gli auguri di abbondanti benedizioni e di pace, nel segno della speranza, per il futuro di ogni uomo e ogni donna, di ogni famiglia, popolo e nazione del mondo, come pure dei Capi di Stato e di Governo e dei Responsabili delle religioni. Non perdiamo, infatti, la speranza che il 2016 ci veda tutti fermamente e fiduciosamente impegnati, a diversi livelli, a realizzare la giustizia e operare per la pace. Sì, quest’ultima è dono di Dio e opera degli uomini. La pace è dono di Dio, ma affidato a tutti gli uomini e a tutte le donne, che sono chiamati a realizzarlo.


mercoledì 30 dicembre 2015

SUGLI OPPOSITORI E I “VATICANISTI” ANTI FRANCESCO


SUGLI OPPOSITORI 
E I “VATICANISTI” ANTI FRANCESCO

Francesco Marini

In passato, non si discutevano nei giornali questioni di principio o dibattiti teologici (tutto difatti era già chiaro e non si potevano neanche immaginare cambiamenti importanti fino a Giovanni XXIII), il discorso religioso era ridotto alle informazioni attorno al Vaticano, soprattutto sui personaggi e curiosità varie.
Con l’evento Concilio l’informazione si è specializzata con tutta una serie di divulgatori/informatori, detti “vaticanisti”, che proponevano al pubblico, in maniera più o meno chiara e convincente, questioni di fondo che venivano dibattute nel Concilio.

Un papa che non parla in codice
Ancora oggi sono i vaticanisti che seguono, informano e divulgano, con grande varietà di posizioni, sui grandi eventi e sulla vita ordinaria della Chiesa. Un’informazione che non è priva di attenzione al pettegolezzo ecclesiastico (correnti, cordate, ‘promozioni’, la scelta di qualche persona…).

Con Papa Francesco però si è avuto un cambiamento inaspettato: egli cerca, e lo dice chiaramente, una riforma della Chiesa, fatta sulla base e con i criteri del Vangelo. Se la chiesa esiste per evangelizzare (Paolo VI), il Vangelo diventa necessariamente il fondamento, il contenuto, l’obiettivo e il criterio di giudizio di tutto nella Chiesa. Ma questa Riforma deve coinvolgere prima di tutto le guide stesse della Chiesa. Deve essere una Riforma “in capite et in membris” (nei suoi capi e in tutto il popolo cristiano). Essa era stata invocata per secoli ma mai intrapresa con decisione e radicalità, come cerca di fare adesso Francesco. Un appello alla ‘conversione’ della gente da sempre risuona nella Chiesa; ma una revisione della struttura e dei comportamenti delle guide della Chiesa (e quindi a partire dall’alto), è un contributo necessario per la credibilità del messaggio del Vangelo nella e fuori della Chiesa.

La difficile opposizione
Ora, è difficile opporsi cristianamente e apertamente al programma del Papa. Perciò l’opposizione alla Riforma da parte di un notevole gruppo di ‘dignitari’ all’interno della chiesa e quindi anche dei vaticanisti che li interpretano e li rafforzano, non è diretta, non attacca le sue linee di fondo. La Riforma viene attaccata presentando piuttosto incertezze, errori nella scelta delle persone, frasi forse infelici del Papa, oppure possibili pericoli per la vita della Chiesa, contraddizione con posizioni ritenute prima indiscutibili, ecc. Del resto, il clima di libertà che il Papa ha introdotto nella Chiesa, rende più facile l’apparire di posizioni apertamente critiche o nascostamente avverse nei suoi stessi confronti. Non che ciò debba essere proibito (finalmente abbiamo superato il pensiero unico nella Chiesa e riacquistato libertà di parola!), ma c’è da domandarsi sulla base di quali criteri si fanno quelle critiche e qual è l’obiettivo che si vuol raggiungere per la Chiesa.

Un esempio chiaro di quanto appena espresso ci viene presentato da Sandro Magister che riporta nel suo blog un articolo (Papa Bergoglio a Firenze, col popolo contro le strutture) del professore Pietro De Marco definito “una critica tagliente” del discorso del Papa al Convegno Ecclesiale di Firenze. Ora, qual è la critica di De Marco a quel discorso? Primo: che il Papa impropriamente fa ricorso al pelagianesimo e allo gnosticismo per combattere alcuni atteggiamenti che egli chiede di superare (ciò è per lui ‘inquietante’) e, secondo, che il Papa si comporta come ‘capoparte’ facendo appello ai fedeli contro i Vescovi.

Ma cosa ha detto il papa a Firenze?
Ma che cosa ha detto il Papa alla Chiesa italiana a Firenze? Egli è stato chiarissimo...

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Il Papa indica il Vangelo ed essi criticano il dito! Perché questi vaticanisti non lo criticano sui temi di fondo? Perché non aiutano tutta la Chiesa a trarre le conseguenze dai principi evangelici che il Papa usa? Perché non spiegano invece quali sono i criteri che fondano le loro riserve e la loro opposizione? Cos’è che realmente li muove?

Una Riforma necessaria
A volte, è vero, vengono portati argomenti che sembrano avere più peso: quello della difesa della Tradizione e del Magistero, quello dell’influenza della Chiesa nella società e quindi della difesa del buon nome della Chiesa stessa, quello della efficienza organizzativa e dell’unità di pensiero e di azione a livello universale…

Ma nessuno di questi criteri è evangelicamente difendibile. Basti ricordare che la Chiesa nel suo cammino millenario, ha avuto posizioni e prassi molto diverse, secondo i tempi e i luoghi e che soprattutto non esiste un Magistero universale univoco ed esemplare. Basti pensare alla richiesta di perdono fatta da Giovanni Paolo II nel 2000 (a suo tempo osteggiata dal Card. Ratzinger), per vedere subito che, per secoli, tutta la Chiesa (Magistero e fedeli), ha insegnato ed agito su punti importanti della fede e della morale, secondo criteri che oggi lo stesso Magistero supremo giudica non cristiani e addirittura a volte non umani.

A mio parere, il vero problema di questa Riforma che giustamente si deve fare è l’interrogativo se il nostro Papa (e poi il suo successore), avrà la lucidità e il coraggio di tirare le conseguenze delle sue stesse denunce e dei principi che egli continuamente richiama. La comunità dei discepoli non ha bisogno dello Stato Pontificio, di ambasciatori, di concordati… Non ha bisogno di una banca… L’unica cosa necessaria è che la comunità mostri la bellezza del vivere secondo il Vangelo e questo sarà il migliore strumento di evangelizzazione. Le polemiche di questi giorni mostrano quanto più semplice e trasparente sarebbe una comunità cristiana con queste riforme che sembrano radicali e sono così semplificatrici!

Tra voi non sia così
E’ stato patetico sentire, per esempio, da alcuni cardinali: se il Papa me lo ordina, vado subito in un appartamento normale. L’autorità del Vangelo, non è sufficiente a fare ciò che dovrebbe essere richiesto dal Papa?
Un altro cardinale ha detto: ho pagato con i miei soldi (300.000 €) i lavori per il mio appartamento. Ma Gesù non aveva detto che la condizione previa per diventare discepoli era quella di vendere i propri beni e darli ai poveri?
E Gesù non aveva detto di guardarsi da coloro che mostravano vesti lunghe e colori svariati e facevano preghiere lunghe… mentre i capi delle nostre comunità non si vergognano di andare in giro vestiti come ‘alieni’, in bianco, rosso, violetto, nero…?
E Gesù non aveva detto: «tra voi non sia così»? E come mai allora questo bisogno di distinguersi, apparire, mostrare la propria autorità, quando, come dice Francesco (o meglio, il Vangelo), il compito dell’autorità è quello di servire?
E non aveva detto Gesù: non chiamate nessuno ‘Maestro’ o ‘Padre’ perché siete tutti fratelli? E come mai allora questa peste di titoli: Santità, Eminenza, Eccellenza, Padre, Reverendo…? Cosa ci perderebbero le nostre guide ad essere chiamate ‘Fratello Papa’, o ‘Fratello Vescovo’…

E in una chiesa sinodale, che bisogno c’è di un corpo di cardinali quando ci sono i capi delle chiese locali che sono per definizione corresponsabili della vita di tutta la Chiesa?
In conclusione: la critica, anche al Papa, è legittima; ma i criteri con i quali si critica dovrebbero essere chiaramente enunciati e difesi, sulla base del Vangelo e non di altro. Se vogliamo restare e divenire la comunità che continua l’opera di Gesù.



Luigi Bettazzi: In piedi, costruttori di pace!

In piedi, costruttori di pace!
La nostra è una fede di apertura, di slancio verso l’altro. 
Certo, rischiosa, ma unica strada per vivere in pienezza la testimonianza del divino e la solidarietà umana che ci è chiesta.
Luigi Bettazzi


Papa Francesco ha dato come tema per la Giornata della Pace 2015 “Vinci l’indifferenza”. Ed è bello che ci troviamo a celebrarla a Molfetta, dove sentiamo mons. Tonino Bello ripeterci: “In piedi uomini (e donne) di pace!”. Perché discorsi ne facciamo tanti, sulla pace e sulla guerra, sulle cause delle guerre e sui cammini di pace, e anche noi cristiani ascoltiamo gli insegnamenti della Chiesa – dalla Costituzione conciliare “Gaudium et spes” che condanna la guerra totale (quella che coinvolge popolazioni civili, e allora così si denominava la guerra Atomica, Biologica, Chimica) alle Encicliche dei Papi, di Paolo VI che indica come nome della pace “lo sviluppo dei popoli” (“Populorum progressio”), ma di tutti i popoli, senza sfruttamenti ed esclusioni; di Giovanni Paolo II che la indica nella solidarietà (Sollecitudo socialis); di Benedetto XVI che sollecita la via della non violenza attiva (“Caritas in veritate”) – ma poi stiamo inerti a osservare quanto i “grandi” son capaci di fare (o di non fare). 

Con analoga indifferenza (o al massimo con compassione) assistiamo alla fuga dei poveri verso Paesi che danno speranza di sopravvivenza, ma facciamo poco per offrire un’accoglienza cordiale e spazio di lavoro (non di sfruttamento davvero nero!), tantomeno per interessarci a mettere i loro Paesi di partenza in grado di mantenerli dignitosamente senza spingerli invece in viaggi faticosi, dispendiosi e pieni di rischi.

Sicurezza?

Forse anche il nostro cristianesimo finisce con l’essere una religione di rendita più che una fede … di scommessa, di lancio, di apertura. Il rischio è appunto quello di fare della religione un investimento di sicurezza, per l’aldilà ma già per l’aldiquà, anziché essere apertura piena e fiduciosa all’amore con cui Dio ci ha chiamato e ci chiama, attraverso il dono della vita e le circostanze che ci si offrono costantemente; attraverso la sua Parola e la “comunione dei santi”, come ci direbbe S. Paolo per indicare la Chiesa come popolo di Dio, con le sue ricchezze e anche con le sue contraddizioni, ma entro la quale troviamo fratelli e sorelle di fede con cui associarci per cammini di grazia e di speranza, anche se faticosi e pieni di problemi, com’è appunto ad esempio, il cammino della pace. Credo davvero che Dio si sia fatto uomo per aprire le chiusure pressoché innate e alimentate dalle tendenze prevalenti nella società verso l’emergere dell’individualismo, dell’egoismo, del possesso e del dominio, infine della violenza, contro il divino che è totale apertura (ricordiamo come don Tonino illustrava la SS. Trinità: non 1+1+1, che farebbe tre, ma 1x1x1 che fa sempre uno: le tre Persone sono talmente l’una per le altre, da essere davvero un solo Dio!). 


La pienezza dell’umano, tanto più la testimonianza del divino, sta appunto nell’apertura agli altri e nella solidarietà. La stessa cura dell’ambiente, che papa Francesco illustra nell’Enciclica “Laudato sì” è una forma di urgente solidarietà verso i settori poveri dell’umanità, sfruttata a vantaggio dei settori più ricchi e più potenti, così come verso le generazioni future, a cui lasciamo una terra ricca sì di mirabili sviluppi tecnologici, ma sempre più impoverita delle sue fondamentali risorse (a cominciare dall’acqua) e sempre più piena di veleni. E allora? A noi viene sempre prospettato che i problemi sono troppo grandi per ciascuno di noi, e che tocca ad altri, ai vertici, provvedere all’oggi dell’umanità e al domani della terra; ma la vecchia canzone ci ricordava che, quando chiudiamo il pugno per rivolgerci con il dito indice alla ricerca o alla segnalazione dei responsabili, tre dita rimangono puntate verso di noi e uno verso l’alto! 

A ognuno il suo

Se, dunque, pensiamo ai problemi del mondo e al cammino della pace non possiamo restare indifferenti, ognuno deve fare ciò che può, anche se si tratta del minimo: informarsi rilevando soprattutto le vere cause di tante azioni politiche che vengono presentate come vantaggiose per il popolo mentre sono frutto di interessi personali incrociati (capita perfino nella Chiesa!), diffondendo le informazioni per far crescere un’opinione pubblica più veritiera, partecipando e incoraggiando singoli e movimenti che, per una politica più trasparente e più efficacemente solidale, stimolino i responsabili ad essere veramente “operatori di pace”! 

Non possiamo, non dobbiamo essere indifferenti di fronte a Dio, che è misericordia verso tutti e verso ciascuno, né potremo essere indifferenti verso gli esseri umani con cui ci troviamo in rapporto, proprio perché l’essere umano giunge alla sua pienezza, alla sua perfezione, solo quando è “misericordioso”.
(fonte: Mosaico di pace Dicembre 2015)

martedì 29 dicembre 2015

Ancora migranti in arrivo a Palermo ad accoglierli anche l'arcivescovo Corrado Lorefice: la cultura di prendersi cura dell'altro deve diffondersi in tutto il mondo

L’emergenza migranti ci porta sulle coste siciliane. A Palermo sono sbarcati in queste ore 931 immigrati soccorsi al largo della Libia. Tra i volontari sul molo a distribuire latte e te caldo anche il neo Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice che dice: il mondo ha bisogno di cura e accoglienza. 

Guarda il video

Sono 237 i minori non accompagnati che, come prevede la normativa vigente, vengono affidati al Comune di Palermo che ne assume il tutorato tramite l'Assessorato alla Cittadinanza sociale.
Il numero di minori arrivati oggi (che fa raddoppiare quelli affidati al Comune) ha richiesto l'attivazione di tutta la rete locale e regionale della solidarietà, per garantire accoglienza e sistemazione a tutti.

«La società civile palermitana e siciliana - affermano il sindaco Leoluca Orlando e l'assessore Agnese Ciulla - ha risposto con rapidità e cultura dell'accoglienza, per dare a tutti questi ragazzi e ragazze da subito una sistemazione dignitosa. Un grazie particolare lo rivolgiamo alla Caritas e a Don Corrado Lorefice, oltre che a tutte quelle Istituzioni ed enti del privato sociale che oggi hanno ancora una volta mostrato il vero volto di Palermo e dato prova di efficienza nel gestire una situazione inaspettata, visto il periodo freddo dell'anno. Il nostro ringraziamento va anche a quei dipendenti comunali che anche oggi sono stati presenti per garantire i servizi di competenza e che nei prossimi giorni dovranno gestire tutta la complessa macchina amministrativa legata all'accoglienza dei giovani migranti».

E proprio l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, oggi presente al Molo Quattro Venti, ha voluto essere vicino ai migranti e ha dato disposizione per accoglierne 150 nelle strutture a disposizione della diocesi. «Sono piccole cose che testimoniano l’accoglienza della Chiesa di Palermo verso questi nostri fratelli - ha detto l’arcivescovo -. Questa è la strada che bisogna percorrere perché il mondo ha bisogno di cura e di accoglienza. La mia presenza qui è semplice come lo è il Vangelo che sottolinea che Dio ama tutti e in particolare ama chi è segnato dalla fatica della vita. Palermo è la capitale del Mediterraneo come incontro di popoli. La via dell'accoglienza della città di Palermo è un messaggio per tutta l'Europa e il mondo. È bello che si sappia che Palermo ha tutte queste potenzialità e questa grandezza d’animo che deve venire sempre fuori. Penso - ha concluso - che tutta la nostra Sicilia debba essere un ponte per tutta l’Europa perché diventi accogliente». (fonte: Palermomania.it)

Monsignor Corrado Lorefice commenta così lo sbarco di 931 migranti al molo Piave del porto di Palermo.
«La mia presenza qui è semplice come lo è il Vangelo, che sottolinea che Dio ama tutti e in particolare ama chi è segnato dalla fatica della vita. La presenza qui di tanto personale civile e militare fa di Palermo la capitale del Mediterraneo come incontro di popoli. La via dell'accoglienza della città di Palermo è un messaggio per tutta l'Europa e il mondo. L'importante è la cultura di prendersi cura dell'altro che deve diffondersi in tutto il mondo».



48ª MARCIA NAZIONALE PER LA PACE e Convegno Nazionale di Pax Christi "IN MARCIA, ARTIGIANI DELLA PACE!" Molfetta, 30-31 dicembre 2015

«Che cos'è la pace? È un cumulo di beni. È la somma delle ricchezze più grandi di cui un popolo o un individuo possa godere. Pace è giustizia, libertà, dialogo, crescita, uguaglianza. Pace è riconoscimento reciproco della dignità umana, rispetto, accettazione dell'alterità come dono».
(don Tonino Bello)




Come di consueto, nei due giorni che precedono la marcia per la pace, il movimento cattolico internazionale per la pace, Pax Christi, svolge il suo convegno nazionale nella medesima città della marcia.

Di seguito il programma e le informazioni:

Convegno Nazionale di Pax Christi

IN MARCIA, ARTIGIANI DELLA PACE!
Molfetta, 30-31 dicembre 2015
PONTIFICIO SEMINARIO REGIONALE | Viale Pio XI n. 54



locandina marcia e convegno locandina marcia e convegno

Mercoledì 30 dicembre

Ore 9,15 Accoglienza e preghiera
Tavola rotonda “Fratello marocchino” (don Tonino)
Intervengono:
Angela Martiradonna – ricercatrice in Dinamiche formative ed educazione alla politica, redattrice per la Puglia del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes, esperta in multiculturalità - Giampiero Khaled Paladini Presidente Università islamica d’Italia - Don Raffaele Sarno direttore Caritas Trani, cappellano del carcere di Trani, promotore di una cooperativa di agricoltura con ex detenuti e migranti
Testimonianza di Gianluigi De Vito giornalista de La gazzetta del Mezzogiorno, volontario rete di solidarietà per la tratta delle donne
Modera: Elvira Zaccagnino

Ore 13: Pranzo

Ore 15,30 Tavola rotonda “Laudato sì, mi Signore” (San Francesco)
Intervengono:
Don Mimmo Marrone docente in Teologia Morale, Direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Trani - Sergio Paronetto vicepresidente Pax Christi Italia
Testimonianze: Guglielmo Minervini consigliere Regione Puglia, ex obiettore di coscienza in diocesi con don Tonino - Il Collettivo giovani di Pax Christi incontra Parigi
Modera: Gino Sparapano

Giovedì 31 dicembre

Ore 9,15 Preghiera
Tavola rotonda “Alla fine non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma se siamo stati credibili” (Rosario. Livatino)
Intervengono:
Don Luigi Ciotti, Gruppo Abele, Libera - Daniela Marcone Libera Puglia, figlia di Francesco Marcone, assassinato il 31 marzo 1995 - Mons. Francesco Savino vescovo di Cassano all’Ionio e fondatore a Bitonto, presso il Santuario dei SS Medici, di una rete antiusura, di una mensa per poveri e di una casa di accoglienza per senza fissa dimora.
Testimonianza di Paola Natalicchio sindaca di Molfetta
Modera: Rosa Siciliano

Ore 13: Pranzo
VINCI L’INDIFFERENZA E CONQUISTA LA PACE
MARCIA NAZIONALE PER LA PACE
MOLFETTA 31 DICEMBRE 2015

Ore 15,00-17,00
Accoglienza dei partecipanti – Basilica Madonna dei Martiri

Ore 17,00 
Interventi introduttivi:
Paola Natalicchio, Sindaco di Molfetta
Mons. Ignazio de Gioia, Amministratore diocesano
Michele Emiliano, Presidente Regione Puglia

Momento di preghiera interreligioso

Ore 17,45 
Marcia verso la Cattedrale
Animazione a cura degli Operatori Caritas e dei Gruppi Scout
Posa a dimora di un ulivo, in Piazza Paradiso, con terreno di un bene confiscato alla mafia

Ore 18,30 
Cattedrale
“VINCI L’INDIFFERENZA E CONQUISTA LA PACE”
don Luigi Ciotti, fondatore di Libera
Testimonianze di impegno a cura dell’Azione Cattolica e dell’Agesci

Ore 19,15 
Marcia verso la Stazione
Passaggio dal sito dell’omicidio di Giovanni Carnicella, già sindaco di Molfetta
Animazione a cura di Libera

Ore 19,45 
Stazione FS
“IMPARENTATI CON IL MONDO”
Testimonianze di:
Ibrahim Elsheikh, Diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
Don Gianni de Robertis e una Coppia di Coniugi della Parrocchia S. Marcello di Bari
Luisa Gissi, Forum Molfetta accogliente
S.E. Mons. Filippo Santoro, Presidente della Commissione Episcopale per i Problemi sociali e il Lavoro, la Giustizia e la Pace.

Ore 20,15 
Marcia verso il Palafiorentini
Animazione a cura dell’OFS-Gi.Fra

Ore 20,45 
Palafiorentini
“LA SOLIDARIETÀ NON È INDIFFERENTE”
Testimonianze di:
don Mimmo Francavilla, Delegato regionale Caritas Puglia
Fulvia Gravame, Peacelink
S.E. Mons. Luigi Bettazzi, già presidente di Pax Christi

Ore 21,45 
Marcia verso la Parrocchia Madonna della Pace
Animazione a cura dell’Azione Cattolica

Ore 22,30 
Parrocchia Madonna della Pace
S. Messa presieduta da S.E. Mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi
Trasmessa in diretta da TV 2000

Ore 23,50
Momento conviviale

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lunedì 28 dicembre 2015

Papa Francesco 27/12/2015: Omelia e Angelus (testi e video)



Alle ore 10 di ieri (domenica 27 dicembre 2015), Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, il Santo Padre Francesco celebra la Santa Messa nella Basilica Vaticana. Nel corso della Celebrazione Eucaristica con le famiglie romane e i pellegrini convenuti in occasione del Giubileo delle Famiglie, dopo la proclamazione del Santo Vangelo il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito

Le Letture bibliche che abbiamo ascoltato ci hanno presentato l’immagine di due famiglie che compiono il loro pellegrinaggio verso la casa di Dio. Elkana e Anna portano il figlio Samuele al tempio di Silo e lo consacrano al Signore (cfr 1 Sam 1,20-22.24-28). Alla stessa stregua, Giuseppe e Maria, per la festa di pasqua, si fanno pellegrini a Gerusalemme insieme con Gesù (cfr Lc 2,41-52).

Spesso abbiamo sotto gli occhi i pellegrini che si recano ai santuari e ai luoghi cari della pietà popolare. In questi giorni, tanti si sono messi in cammino per raggiungere la Porta Santa aperta in tutte le cattedrali del mondo e anche in tanti santuari. Ma la cosa più bella posta oggi in risalto dalla Parola di Dio è che tutta la famiglia compie il pellegrinaggio. Papà, mamma e figli, insieme, si recano alla casa del Signore per santificare la festa con la preghiera. E’ un insegnamento importante che viene offerto anche alle nostre famiglie. Anzi, possiamo dire che la vita della famiglia è un insieme di piccoli e grandi pellegrinaggi.

Ad esempio, quanto ci fa bene pensare che Maria e Giuseppe hanno insegnato a Gesù a recitare le preghiere! E questo è un pellegrinaggio, il pellegrinaggio dell’educazione alla preghiera. E anche ci fa bene sapere che durante la giornata pregavano insieme; e che poi il sabato andavano insieme alla sinagoga per ascoltare le Scritture della Legge e dei Profeti e lodare il Signore con tutto il popolo. E certamente durante il pellegrinaggio verso Gerusalemme hanno pregato cantando con le parole del Salmo: «Quale gioia, quando mi dissero: “Andremo alla casa del Signore!”. Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme!» (122,1-2).

Come è importante per le nostre famiglie camminare insieme e avere una stessa meta da raggiungere! Sappiamo che abbiamo un percorso comune da compiere; una strada dove incontriamo difficoltà ma anche momenti di gioia e di consolazione. In questo pellegrinaggio della vita condividiamo anche il momento della preghiera. Cosa può esserci di più bello per un papà e una mamma dibenedire i propri figli all’inizio della giornata e alla sua conclusione. Tracciare sulla loro fronte il segno della croce come nel giorno del Battesimo. Non è forse questa la preghiera più semplice dei genitori nei confronti dei loro figli? Benedirli, cioè affidarli al Signore, come hanno fatto Elkana e Anna, Giuseppe e Maria, perché sia Lui la loro protezione e il sostegno nei vari momenti della giornata. Come è importante per la famiglia ritrovarsi anche in un breve momento di preghiera prima di prendere insieme i pasti, per ringraziare il Signore di questi doni, e per imparare a condividere quanto si è ricevuto con chi è maggiormente nel bisogno. Sono tutti piccoli gesti, che tuttavia esprimono il grande ruolo formativo che la famiglia possiede nel pellegrinaggio di tutti i giorni.

Al termine di quel pellegrinaggio, Gesù tornò a Nazareth ed era sottomesso ai suoi genitori (cfr Lc 2,51). Anche questa immagine contiene un bell’insegnamento per le nostre famiglie. Il pellegrinaggio, infatti, non finisce quando si è raggiunta la meta del santuario, ma quando si torna a casa e si riprende la vita di tutti i giorni, mettendo in atto i frutti spirituali dell’esperienza vissuta.
Conosciamo che cosa Gesù aveva fatto quella volta. Invece di tornare a casa con i suoi, si era fermato a Gerusalemme nel Tempio, provocando una grande pena a Maria e Giuseppe che non lo trovavano più. Per questa sua “scappatella”, probabilmente anche Gesù dovette chiedere scusa ai suoi genitori. Il Vangelo non lo dice, ma credo che possiamo supporlo. La domanda di Maria, d’altronde, manifesta un certo rimprovero, rendendo evidente la preoccupazione e l’angoscia sua e di Giuseppe. Tornando a casa, Gesù si è stretto certamente a loro, per dimostrare tutto il suo affetto e la sua obbedienza. Fanno parte del pellegrinaggio della famiglia anche questi momenti che con il Signore si trasformano in opportunità di crescita, in occasione di chiedere perdono e di riceverlo, di dimostrare l’amore e l’obbedienza.

Nell’Anno della Misericordia, ogni famiglia cristiana possa diventare luogo privilegiato di questo pellegrinaggio in cui si sperimenta la gioia del perdono. Il perdono è l’essenza dell’amore che sa comprendere lo sbaglio e porvi rimedio. Poveri noi se Dio non ci perdonasse! E’ all’interno della famiglia che ci si educa al perdono, perché si ha la certezza di essere capiti e sostenuti nonostante gli sbagli che si possono compiere.

Non perdiamo la fiducia nella famiglia! E’ bello aprire sempre il cuore gli uni agli altri, senza nascondere nulla. Dove c’è amore, lì c’è anche comprensione e perdono. Affido a tutte voi, care famiglie, questo pellegrinaggio domestico di tutti i giorni, questa missione così importante, di cui il mondo e la Chiesa hanno più che mai bisogno.

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All'apparire di Papa Francesco alla finestra dalla piazza si innalza il canto natalizio di un coro di bambini che il Santo Padre ascolta compiaciuto.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Come cantano bene questi ragazzi. Bravi!

Nel clima di gioia che è proprio del Natale, celebriamo in questa domenica la festa della Santa Famiglia. Ripenso al grande incontro di Filadelfia, nel settembre scorso; alle tante famiglie incontrate nei viaggi apostolici; e a quelle di tutto il mondo. Vorrei salutarle tutte con affetto e riconoscenza, specialmente in questo nostro tempo, nel quale la famiglia è soggetta a incomprensioni e difficoltà di vario genere che la indeboliscono.

Il Vangelo di oggi invita le famiglie a cogliere la luce di speranza proveniente dalla casa di Nazaret, nella quale si è sviluppata nella gioia l’infanzia di Gesù, il quale – dice san Luca – «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (2,52). Il nucleo familiare di Gesù, Maria e Giuseppe è per ogni credente, e specialmente per le famiglie, un’autentica scuola del Vangelo. Qui ammiriamo il compimento del disegno divino di fare della famiglia una speciale comunità di vita e d’amore. Qui apprendiamo che ogni nucleo familiare cristiano è chiamato ad essere “chiesa domestica”, per far risplendere le virtù evangeliche e diventare fermento di bene nella società. I tratti tipici della Santa Famiglia sono: raccoglimento e preghiera, mutua comprensione e rispetto, spirito di sacrificio, lavoro e solidarietà.

Dall’esempio e dalla testimonianza della Santa Famiglia, ogni famiglia può trarre indicazioni preziose per lo stile e le scelte di vita, e può attingere forza e saggezza per il cammino di ogni giorno. La Madonna e san Giuseppe insegnano ad accogliere i figli come dono di Dio, a generarli e educarli cooperando in modo meraviglioso all’opera del Creatore e donando al mondo, in ogni bambino, un nuovo sorriso. È nella famiglia unita che i figli portano a maturazione la loro esistenza, vivendo l’esperienza significativa ed efficace dell’amore gratuito, della tenerezza, del rispetto reciproco, della mutua comprensione, del perdono e della gioia.

Vorrei soffermarmi soprattutto sulla gioia. La vera gioia che si sperimenta nella famiglia non è qualcosa di casuale e fortuito. E’ una gioia frutto dell’armonia profonda tra le persone, che fa gustare la bellezza di essere insieme, di sostenerci a vicenda nel cammino della vita. Ma alla base della gioia sempre c’è la presenza di Dio, il suo amore accogliente, misericordioso e paziente verso tutti. Se non si apre la porta della famiglia alla presenza di Dio e al suo amore, la famiglia perde l’armonia, prevalgono gli individualismi, e si spegne la gioia. Invece la famiglia che vive la gioia, la gioia della vita, la gioia della fede, la comunica spontaneamente, è sale della terra e luce del mondo, è lievito per tutta la società.

Gesù, Maria e Giuseppe benedicano e proteggano tutte le famiglie del mondo, perché in esse regnino la serenità e la gioia, la giustizia e la pace, che Cristo nascendo ha portato come dono all’umanità.

Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

il mio pensiero va in questo momento ai numerosi migranti cubani che si trovano in difficoltà in Centroamerica, molti dei quali sono vittime del traffico di esseri umani. Invito i Paesi della Regione a rinnovare con generosità tutti gli sforzi necessari per trovare una tempestiva soluzione a questo dramma umanitario.

Un caloroso saluto oggi va alle famiglie presenti in piazza, a tutti voi! Grazie per la vostra testimonianza. Il Signore vi accompagni con la sua grazia e vi sostenga nel vostro cammino quotidiano.

Saluto tutti voi, pellegrini giunti da ogni parte del mondo. In particolare i ragazzi della Diocesi di Bergamo che hanno ricevuto la Cresima. E anche ringrazio tutti i ragazzi e bambini che hanno cantato così bene e continueranno a farlo... Un canto di Natale in onore delle famiglie.

A tutti auguro una buona domenica. Vi ringrazio ancora dei vostri auguri e delle vostre preghiere e per favore continuate a pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

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S.TERESA D’AVILA Diventare liberi nello spirito: il “Cammino di Perfezione” , Egidio Palumbo - VIDEO

S.TERESA D’AVILA
Diventare liberi nello spirito:
il “Cammino di Perfezione” 
(Egidio Palumbo)

18.11.2015 - incontro inserito nell'ambito degli incontri

I MERCOLEDÌ' DELLA SPIRITUALITÀ 2015
S. TERESA D’AVILA DONNA IN CAMMINO CON DIO
Nel V Centenario della nascita (1515-2015)
promossi dalla Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto (ME)

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Crescere in umanità 
Prima di trattare dell’interiorità/orazione (C 4,3), cioè dell’incontro con Dio come relazione di profonda comunione interpersonale e amicale con Lui, Teresa sente l’esigenza di riflettere su tre valori essenziali e necessari che costituiscono il contesto umano e di fede più adeguato per vivere un’autentica esperienza di Dio: l’amore fraterno o di sororità vicendevole (C 4,5-7,11), il sano distacco da ogni persona e da ogni cosa (C 8,1-11,5) e l’umiltà (C 12,1-17,4). Si tratta di un cammino di crescita nella libertà dello spirito: liberarsi da tutte le varie forme di dipendenza e di infantilismo, per crescere come persone libere e audaci, capaci di essere se stesse, di mettere in gioco la propria esistenza e di prendere decisioni coraggiose.
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Papa Francesco: Omelia notte di Natale - messaggio e benedizione urbi et orbi - Angelus Santo Stefano (foto, testi e video)

 24 dicembre 2015 

Preceduta dall’antico canto della Kalenda, che annuncia il Natale, la celebrazione della Messa della notte, presieduta da Papa Francesco nella Basilica Vaticana, ha visto la preghiera dei fedeli anche in arabo e cinese, lingua in cui si è pregato per “i poveri e gli ultimi della terra”.

Omelia
In questa notte risplende una «grande luce» (Is 9,1); su tutti noi rifulge la luce della nascita di Gesù. Quanto sono vere e attuali le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato: «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia» (9,2)! Il nostro cuore era già colmo di gioia per l’attesa di questo momento; ora, però, quel sentimento viene moltiplicato e sovrabbonda, perché la promessa si è compiuta, finalmente si è realizzata. Gioia e letizia ci assicurano che il messaggio contenuto nel mistero di questa notte viene veramente da Dio. Non c’è posto per il dubbio; lasciamolo agli scettici che per interrogare solo la ragione non trovano mai la verità. Non c’è spazio per l’indifferenza, che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene, perché ha paura di perdere qualcosa. Viene scacciata ogni tristezza, perché il bambino Gesù è il vero consolatore del cuore.

Oggi il Figlio di Dio è nato: tutto cambia. Il Salvatore del mondo viene a farsi partecipe della nostra natura umana, non siamo più soli e abbandonati. La Vergine ci offre il suo Figlio come principio di vita nuova. La luce vera viene a rischiarare la nostra esistenza, spesso rinchiusa nell’ombra del peccato. Oggi scopriamo nuovamente chi siamo! In questa notte ci viene reso manifesto il cammino da percorrere per raggiungere la meta. Ora, deve cessare ogni paura e spavento, perché la luce ci indica la strada verso Betlemme. Non possiamo rimanere inerti. Non ci è lecito restare fermi. Dobbiamo andare a vedere il nostro Salvatore deposto in una mangiatoia. Ecco il motivo della gioia e della letizia: questo Bambino è «nato per noi», è «dato a noi», come annuncia Isaia (cfr 9,5). A un popolo che da duemila anni percorre tutte le strade del mondo per rendere partecipe ogni uomo di questa gioia, viene affidata la missione di far conoscere il “Principe della pace” e diventare suo efficace strumento in mezzo alle nazioni.

Quando, dunque, sentiamo parlare della nascita di Cristo, restiamo in silenzio e lasciamo che sia quel Bambino a parlare; imprimiamo nel nostro cuore le sue parole senza distogliere lo sguardo dal suo volto. Se lo prendiamo tra le nostre braccia e ci lasciamo abbracciare da Lui, ci porterà la pace del cuore che non avrà mai fine. Questo Bambino ci insegna che cosa è veramente essenziale nella nostra vita. Nasce nella povertà del mondo, perché per Lui e la sua famiglia non c’è posto in albergo. Trova riparo e sostegno in una stalla ed è deposto in una mangiatoia per animali. Eppure, da questo nulla, emerge la luce della gloria di Dio. A partire da qui, per gli uomini dal cuore semplice inizia la via della vera liberazione e del riscatto perenne. Da questo Bambino, che porta impressi nel suo volto i tratti della bontà, della misericordia e dell’amore di Dio Padre, scaturisce per tutti noi suoi discepoli, come insegna l’apostolo Paolo, l’impegno a «rinnegare l’empietà» e la ricchezza del mondo, per vivere «con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2,12).

In una società spesso ebbra di consumo e di piacere, di abbondanza e lusso, di apparenza e narcisismo, Lui ci chiama a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l’essenziale. In un mondo che troppe volte è duro con il peccatore e molle con il peccato, c’è bisogno di coltivare un forte senso della giustizia, del ricercare e mettere in pratica la volontà di Dio. Dentro una cultura dell’indifferenza, che finisce non di rado per essere spietata, il nostro stile di vita sia invece colmo di pietà, di empatia, di compassione, di misericordia, attinte ogni giorno dal pozzo della preghiera.

Come per i pastori di Betlemme, possano anche i nostri occhi riempirsi di stupore e meraviglia, contemplando nel Bambino Gesù il Figlio di Dio. E, davanti a Lui, sgorghi dai nostri cuori l’invocazione: «Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza» (Sal 85,8).

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 25 dicembre 2015 

Messaggio natalizio di Papa Francesco, pronunciato dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, prima della benedizione Urbi et Orbi.

Cari fratelli e sorelle, buon Natale!

Cristo è nato per noi, esultiamo nel giorno della nostra salvezza!

Apriamo i nostri cuori a ricevere la grazia di questo giorno, che è Lui stesso: Gesù è il “giorno” luminoso che è sorto all’orizzonte dell’umanità. Giorno di misericordia, nel quale Dio Padre ha rivelato all’umanità la sua immensa tenerezza. Giorno di luce che disperde le tenebre della paura e dell’angoscia. Giorno di pace, in cui diventa possibile incontrarsi, dialogare, e soprattutto riconciliarsi. Giorno di gioia: una «gioia grande» per i piccoli e gli umili, e per tutto il popolo (cfr Lc 2,10).

In questo giorno, dalla Vergine Maria, è nato Gesù, il Salvatore. Il presepe ci fa vedere il «segno» che Dio ci ha dato: «un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Come i pastori di Betlemme, anche noi andiamo a vedere questo segno, questo avvenimento che ogni anno si rinnova nella Chiesa. Il Natale è un avvenimento che si rinnova in ogni famiglia, in ogni parrocchia, in ogni comunità che accoglie l’amore di Dio incarnato in Gesù Cristo. Come Maria, la Chiesa mostra a tutti il «segno» di Dio: il Bambino che Lei ha portato in grembo e ha dato alla luce, ma che è Figlio dell’Altissimo, perché «viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20). Per questo Lui è il Salvatore, perché è l’Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo (cfr Gv 1,29). Insieme ai pastori, prostriamoci davanti all’Agnello, adoriamo la Bontà di Dio fatta carne, e lasciamo che lacrime di pentimento riempiano i nostri occhi e lavino il nostro cuore. Tutti ne abbiamo bisogno!

Solo Lui, solo Lui ci può salvare. Solo la Misericordia di Dio può liberare l’umanità da tante forme di male, a volte mostruose, che l’egoismo genera in essa. La grazia di Dio può convertire i cuori e aprire vie di uscita da situazioni umanamente insolubili.

Dove nasce Dio, nasce la speranza: Lui porta la speranza. Dove nasce Dio, nasce la pace. E dove nasce la pace, non c’è più posto per l’odio e per la guerra. Eppure proprio là dove è venuto al mondo il Figlio di Dio fatto carne, continuano tensioni e violenze e la pace rimane un dono da invocare e da costruire. Possano Israeliani e Palestinesi riprendere un dialogo diretto e giungere ad un’intesa che permetta ai due Popoli di convivere in armonia, superando un conflitto che li ha lungamente contrapposti, con gravi ripercussioni sull’intera Regione.

Al Signore domandiamo che l’intesa raggiunta in seno alle Nazioni Unite riesca quanto prima a far tacere il fragore delle armi in Siria e a rimediare alla gravissima situazione umanitaria della popolazione stremata. È altrettanto urgente che l’accordo sulla Libia trovi il sostegno di tutti, affinché si superino le gravi divisioni e violenze che affliggono il Paese. L’attenzione della Comunità internazionale sia unanimemente rivolta a far cessare le atrocità che, sia in quei Paesi come pure in Iraq, Yemen e nell’Africa subsahariana, tuttora mietono numerose vittime, causano immani sofferenze e non risparmiano neppure il patrimonio storico e culturale di interi popoli. Il mio pensiero va pure a quanti sono stati colpiti da efferate azioni terroristiche, particolarmente dalle recenti stragi avvenute sui cieli d’Egitto, a Beirut, Parigi, Bamako e Tunisi.

Ai nostri fratelli, perseguitati in tante parti del mondo a causa della fede, il Bambino Gesù doni consolazione e forza. Sono i nostri martiri di oggi.

Pace e concordia chiediamo per le care popolazioni della Repubblica Democratica del Congo, del Burundi e del Sud Sudan affinché, mediante il dialogo, si rafforzi l’impegno comune per l’edificazione di società civili animate da un sincero spirito di riconciliazione e di comprensione reciproca.

Il Natale porti vera pace anche all’Ucraina, offra sollievo a chi subisce le conseguenze del conflitto e ispiri la volontà di portare a compimento gli accordi presi, per ristabilire la concordia nell’intero Paese.

La gioia di questo giorno illumini gli sforzi del popolo colombiano perché, animato dalla speranza, continui con impegno a perseguire la desiderata pace.

Dove nasce Dio, nasce la speranza; e dove nasce la speranza, le persone ritrovano la dignità. Eppure, ancor oggi schiere di uomini e donne sono private della loro dignità umana e, come il Bambino Gesù, soffrono il freddo, la povertà e il rifiuto degli uomini. Giunga oggi la nostra vicinanza ai più indifesi, soprattutto ai bambini soldato, alle donne che subiscono violenza, alle vittime della tratta delle persone e del narcotraffico.

Non manchi il nostro conforto a quanti fuggono dalla miseria o dalla guerra, viaggiando in condizioni troppo spesso disumane e non di rado rischiando la vita. Siano ricompensati con abbondanti benedizioni quanti, singoli e Stati, si adoperano con generosità per soccorrere e accogliere i numerosi migranti e rifugiati, aiutandoli a costruire un futuro dignitoso per sé e per i propri cari e ad integrarsi all’interno delle società che li ricevono.

In questo giorno di festa, il Signore ridoni speranza a quanti non hanno lavoro - e sono tanti! - e sostenga l’impegno di quanti hanno responsabilità pubbliche in campo politico ed economico affinché si adoperino per perseguire il bene comune e a tutelare la dignità di ogni vita umana.

Dove nasce Dio, fiorisce la misericordia. Essa è il dono più prezioso che Dio ci fa, particolarmente in questo anno giubilare, in cui siamo chiamati a scoprire la tenerezza che il nostro Padre celeste ha nei confronti di ciascuno di noi. Il Signore doni particolarmente ai carcerati di sperimentare il suo amore misericordioso che sana le ferite e vince il male.

E così oggi insieme esultiamo nel giorno della nostra salvezza. Contemplando il presepe, fissiamo lo sguardo sulle braccia aperte di Gesù che ci mostrano l’abbraccio misericordioso di Dio, mentre ascoltiamo il vagito del Bambino che ci sussurra: «Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: “Su te sia pace!”» (Sal 121 [122],8).

Augurio natalizio dopo il Messaggio Urbi et Orbi

A voi, cari fratelli e sorelle, giunti da ogni parte del mondo in questa Piazza, e a quanti da diversi Paesi siete collegati attraverso la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione, rivolgo il mio augurio più cordiale.

E’ il Natale dell’Anno Santo della Misericordia, perciò auguro a tutti di poter accogliere nella propria vita la misericordia di Dio, che Gesù Cristo ci ha donato, per essere misericordiosi con i nostri fratelli. Così faremo crescere la pace!

Buon Natale!

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 26 dicembre 2015 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Celebriamo oggi la Festa di santo Stefano. Il ricordo del primo martire segue immediatamente la solennità del Natale. Ieri abbiamo contemplato l’amore misericordioso di Dio, che si è fatto carne per noi; oggi vediamo la risposta coerente del discepolo di Gesù, che dà la vita. Ieri è nato in terra il Salvatore; oggi nasce al cielo il suo testimone fedele. Ieri come oggi, compaiono le tenebre del rifiuto della vita, ma brilla ancora più forte la luce dell’amore, che vince l’odio e inaugura un mondo nuovo.

C’è un aspetto particolare, nell’odierno racconto degli Atti degli Apostoli, che avvicina santo Stefano al Signore. È il suo perdono prima di morire lapidato. Inchiodato sulla croce, Gesù aveva detto: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc23,34); in modo simile Stefano «piegò le ginocchia e gridò a gran voce: “Signore, non imputare loro questo peccato”» (At 7,60). Stefano è dunque martire, che significa testimone, perché fa come Gesù; è infatti vero testimone chi si comporta come Lui: chi prega, chi ama, chi dona, ma soprattutto chi perdona, perché il perdono, come dice la parola stessa, è l’espressione più alta del dono.

Ma – ci potremmo chiedere – a che cosa serve perdonare? È soltanto una buona azione o porta dei risultati? Troviamo una risposta proprio nel martirio di Stefano. Tra quelli per i quali egli implorò il perdono c’era un giovane di nome Saulo; costui perseguitava la Chiesa e cercava di distruggerla (cfr At 8,3). Saulo divenne poco dopo Paolo, il grande santo, l’apostolo delle genti. Aveva ricevuto il perdono di Stefano. Possiamo dire che Paolo nasce dalla grazia di Dio e dal perdono di Stefano.

Anche noi nasciamo dal perdono di Dio. Non solo nel Battesimo, ma ogni volta che siamo perdonati il nostro cuore rinasce, viene rigenerato. Ogni passo in avanti nella vita di fede porta impresso all’inizio il segno della misericordia divina. Perché solo quando siamo amati possiamo amare a nostra volta. Ricordiamolo, ci farà bene: se vogliamo avanzare nella fede, prima di tutto occorre ricevere il perdono di Dio; incontrare il Padre, che è pronto a perdonare tutto e sempre, e che proprio perdonando guarisce il cuore e ravviva l’amore. Non dobbiamo mai stancarci di chiedere il perdono divino, perché solo quando siamo perdonati, quando ci sentiamo perdonati, impariamo a perdonare.

Perdonare, però, non è cosa facile, è sempre molto difficile. Come possiamo imitare Gesù? Da dove incominciare per scusare i piccoli o grandi torti che subiamo ogni giorno? Anzitutto dalla preghiera, come ha fatto Stefano. Si comincia dal proprio cuore: possiamo affrontare con la preghiera il risentimento che proviamo, affidando chi ci ha fatto del male alla misericordia di Dio: “Signore, ti chiedo per lui, ti chiedo per lei”. Poi si scopre che questa lotta interiore per perdonare purifica dal male e che la preghiera e l’amore ci liberano dalle catene interiori del rancore. E’ tanto brutto vivere nel rancore! Ogni giorno abbiamo l’occasione per allenarci a perdonare, per vivere questo gesto tanto alto che avvicina l’uomo a Dio. Come il nostro Padre celeste, diventiamo anche noi misericordiosi, perché attraverso il perdono vinciamo il male con il bene, trasformiamo l’odio in amore e rendiamo così più pulito il mondo.

La Vergine Maria, cui affidiamo coloro – e sono purtroppo tantissimi – che come santo Stefano subiscono persecuzioni in nome della fede, i nostri tanti martiri di oggi, orienti la nostra preghiera a ricevere e donare il perdono. Ricevere e donare il perdono.

Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

saluto tutti voi pellegrini, provenienti dall’Italia e da vari Paesi. Rinnovo a tutti voi l’augurio che la contemplazione del Bambino Gesù, con accanto Maria e Giuseppe, possa suscitare un atteggiamento di misericordia e di amore vicendevole nelle famiglie, nelle comunità parrocchiali e religiose, nei movimenti e nelle associazioni, in tutti i fedeli e nelle persone di buona volontà.

In queste settimane ho ricevuto tanti messaggi augurali da Roma e da altre parti. Non mi è possibile rispondere a ciascuno. Pertanto, esprimo oggi a voi e a tutti il mio vivo ringraziamento, specialmente per il dono della preghiera.

Buona festa di Santo Stefano e per favore non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!

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