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domenica 18 gennaio 2015

Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani 18-25 gennaio 2015 “Dammi un po’ d’acqua da bere” (Giovanni 4, 7) - PRIMO GIORNO

Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani 
18-25 gennaio 2015
“Dammi un po’ d’acqua da bere”
(Giovanni 4, 7)

La proposta di preghiera e di riflessione che in questa Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ci arriva dal Brasile, e per la quale siamo riconoscenti ai nostri fratelli che testimoniano la fede al di là dell’Oceano, ci porta quest’anno a sederci tutti attorno al pozzo di Giacobbe: forse affaticati per il viaggio, come Gesù, forse incuriositi, turbati, ma anche aperti alla conoscenza di quell’uomo capace di un discorso chiaro e profondo, così come succede alla donna di Samaria. È l’evangelista Giovanni a presentarci questo racconto (4,1-42), che costituisce il tema di fondo di quest’anno.


LETTURE BIBLICHE E COMMENTO
PER OGNI GIORNO DELLA SETTIMANA

I GIORNO

PROCLAMAZIONE: […] perciò doveva attraversare la Samaria (Giovanni 4, 4)

Genesi 24, 10-33 Abramo e Rebecca al pozzo

Il servo di Abramo prese dieci cammelli e alcune di tutte le cose migliori del suo padrone e andò nella città dov’era vissuto Nacor, nella Mesopotamia settentrionale. Quando vi giunse fece riposare i cammelli fuori della città, presso il pozzo. Era verso sera, l’ora in cui le donne escono per attingere acqua. Si mise a pregare: «Signore, Dio del mio padrone Abramo, mostrati buono con lui: fammi oggi incontrare la persona giusta. Io mi fermo vicino alla sorgente dove verranno le ragazze della città per attingere acqua. Io dirò a una di esse: Per favore, porgimi la tua anfora e fammi bere. Se risponderà: Bevi, anzi darò da bere anche ai tuoi cammelli, sia lei quella che tu hai scelto per il tuo servo Isacco. Cosi riconoscerò che hai mantenuto la promessa verso il mio padrone».
Prima ancora che avesse terminato di pregare, ecco giungere Rebecca con l’anfora sulla spalla. Essa era figlia di Betuel, che era figlio di Milca e di Nacor, fratello di Abramo. Era una ragazza bellissima, vergine e non ancora sposata. Scese al pozzo, riempi l’anfora e risali. Il servitore di Abramo le corse incontro e le disse: — Per favore, fammi bere dalla tua anfora. — Bevi, mio signore! — rispose. — E prontamente abbassò l’anfora e gli porse da bere. Quando ebbe finito, gli disse: — Attingerò acqua anche per i tuoi cammelli, finche abbiano bevuto a sufficienza. Vuotò subito la sua anfora nell’abbeveratoio e corse di nuovo al pozzo per prendere altra acqua. Ne attinse per tutti i suoi cammelli. Intanto quell’uomo la osservava in silenzio. Si chiedeva se il Signore aveva già portato a buon fine il suo viaggio. Quando tutti i cammelli furono abbeverati, quell’uomo tiro fuori un prezioso anello d’oro per il naso e due grossi braccialetti d’oro per i polsi. Li diede alla ragazza e le domandò: — Dimmi, per favore, chi è tuo padre? C’è posto in casa sua per i miei uomini e per me? Possiamo passarvi la notte? — Mio padre è Betuel, figlio di Nacor e di Milca — gli rispose Rebecca. E aggiunse: — Si! Abbiamo una gran quantità di paglia e di foraggio e anche molto posto per dormire. Allora quell’uomo si inginocchiò e adorò il Signore. Disse: Benedetto sia il Signore, Dio del mio padrone Abramo, che non ha smesso di essere buono e fedele verso di lui. Ha guidato i miei passi dai parenti del mio padrone. Intanto la ragazza era corsa in casa a raccontare l’accaduto a sua madre. Rebecca aveva un fratello che si chiamava Labano. Egli vide l’anello e i braccialetti che sua sorella portava. L’ascoltò mentre raccontava ciò che quell’uomo le aveva detto. Poi corse fuori alla sorgente, incontro a lui. Egli se ne stava ancora vicino al pozzo, accanto ai cammelli. Gli disse: «Perché te ne stai qui fuori? Vieni dentro, benedetto dal Signore. Ho già preparato la casa e anche il posto per i cammelli». Labano tolse il carico ai cammelli e diede loro paglia e foraggio. Intanto l’uomo entrò in casa e recarono a lui e ai suoi compagni di viaggio l’acqua per lavarsi i piedi. Poi gli fu portato da mangiare, ma egli disse: — Prima di mangiare devo dirvi una cosa. — Parla pure — gli risposero.

Salmo 42 [41], 1-11 La cerva che cerca il corso d’acqua

Per il direttore del coro.
Poema cantato dei figli di Core.

Come la cerva assetata
cerca un corso d’acqua,
anch’io vado in cerca di te, di te, mio Dio.
Di te ho sete, o Dio, Dio vivente:
quando potrò venire
e stare alla tua presenza?
Le lacrime sono il mio pane,
di giorno e di notte,
mentre tutti continuano a dirmi:
≪Dov’è il tuo Dio? ≫.
Torna il ricordo e mi sento venire meno:
camminavo verso il tempio, la casa di Dio,
tra i canti di una folla esultante e festosa.
Perché sei cosi triste,
cosi abbattuta, anima mia?
Spera in Dio! Tornerò a lodarlo,
lui, mia salvezza e mio Dio.
Sono abbattuto, ma anche
da lontano mi ricordo di te,
dalle terre del Giordano e dell’Ermon,
dal monte Misar.
Precipitano acque impetuose
di cascata in cascata:
su di me sono passate tutte le tue onde.
Di giorno, mandi il Signore
la sua misericordia;
di notte, canto la mia lode
al Dio che mi da vita.
Dirò al Signore: Mia roccia,
perché mi hai dimenticato?
perché cammino cosi triste,
oppresso dal nemico?
Ho le ossa a pezzi, mi coprono di insulti;
continuano a dirmi: ≪Dov’è il tuo Dio?≫.
Perché sei cosi triste,
cosi abbattuta, anima mia?
Spera in Dio! tornerò a lodarlo,
lui, mia salvezza e mio Dio.

2 Corinzi 8, 1-7 La generosità delle chiese di Macedonia

Fratelli, desidero farvi conoscere quel che la grazia di Dio ha compiuto nelle chiese che sono in Macedonia. Quei credenti sono stati duramente provati dalle sofferenze, tuttavia hanno conservato una grande serenità, e malgrado la loro estrema povertà, sono stati veramente generosi. Vi assicuro che hanno offerto volentieri aiuti secondo le loro possibilità;anzi, hanno fatto anche di più. Con grande insistenza mi hanno chiesto il privilegio di partecipare anch’essi all’invio di aiuti per i credenti di Gerusalemme. Sono andati molto al di là di quanto speravo: prima hanno offerto se stessi al Signore e poi, ubbidendo a Dio, si sono messi a mia disposizione. Per questo ho chiesto a Tito di aiutarvi a condurre a termine questo generoso impegno come l’aveva avviato. Voi avete di tutto e in abbondanza: la fede, il dono della parola, la conoscenza, un grande entusiasmo, e fra voi c’è quell’amore che vi ho insegnato ad avere. Fate in modo di essere ricchi anche in questo impegno generoso.

Giovanni 4, 1-4 […] perciò doveva attraversare la Samaria

I farisei avevano sentito dire che Gesù battezzava e faceva più discepoli di Giovanni. 2-3 (Non era Gesù, però, che battezzava; erano i suoi discepoli). Quando egli lo seppe, lasciò il territorio della Giudea e se ne andò verso la Galilea, perciò doveva attraversare la Samaria.

Commento

Gesù e i suoi discepoli viaggiarono dalla Giudea alla Galilea. La Samaria si trova fra queste due regioni. Albergava un certo pregiudizio contro la Samaria e i Samaritani. La cattiva reputazione della Samaria derivava dalla sua mescolanza di razze e religioni. Non di rado si preferiva usare strade alternative per evitare di entrare nel territorio samaritano.
Che cosa intende, dunque, il vangelo di Giovanni, quando dice: “perciò doveva attraversare la Samaria”? Più che una questione geografica, è una precisa scelta di Gesù: “attraversare la Samaria” significa che è necessario incontrare l’altro, chi è diverso, chi è spesso visto come una minaccia.
Il conflitto fra i Giudei e i Samaritani era antico. Gli antenati dei Samaritani si erano separati dalla Monarchia del Sud che richiedeva la centralizzazione del culto a Gerusalemme (cfr. 1 Re 12).
Successivamente, quando gli Assiri invasero la Samaria deportando molta della popolazione autoctona, essi fecero insediare nel territorio un certo numero di popoli stranieri, ciascuno con i propri idoli e le proprie divinità (cfr. 2 Re 17, 24-34). Per i Giudei, i Samaritani divennero un popolo “misto e impuro”. Più tardi, nel vangelo di Giovanni, i Giudei, volendo screditare Gesù, lo accusano dicendo: “Non abbiamo forse ragione di dire che sei un infedele, un Samaritano, e che sei pazzo?” (Gv 8, 48).
I Samaritani, a loro volta, avevano difficoltà ad accettare i Giudei (cfr. Giovanni 4, 8). La ferita del passato divenne ancora più profonda quando, intorno al 128 a.C., il capo Giudeo Giovanni Ircano distrusse il tempio costruito dai Samaritani quale loro luogo di culto sul Monte Garizim.
Almeno in un’occasione, riportata dal vangelo di Luca, Gesù non venne accolto in una delle città della Samaria semplicemente perché si stava recando in Giudea (cfr. Lc 9, 52). La resistenza al dialogo, dunque, proveniva da entrambe la parti.
Giovanni evidenzia che “attraversare la Samaria” è una scelta di Gesù; egli è diretto “oltre” la sua gente. Agendo in questo modo egli ci mostra che isolarci dagli altri che sono diversi da noi e relazionarci solo con persone come noi significa auto-infliggersi un impoverimento. È il dialogo con coloro che sono differenti da noi che ci fa crescere.

Domande per la riflessione personale

1. Che cosa significa per me e per la mia comunità di fede “dover attraversare la Samaria”?
2. Quali passi ha compiuto la mia chiesa per incontrare le altre chiese e che cosa le chiese hanno imparato le une dalle altre?

Preghiera

Dio di tutti i popoli,
insegnaci ad attraversare la Samaria per incontrare i nostri fratelli 
e le nostre sorelle di altre chiese!
Fa’ che possiamo attraversarla con cuore aperto
per poter imparare da ogni chiesa e da ogni cultura!
Confessiamo che Tu sei la nostra fonte di unità,
donaci l’unità che Cristo vuole per noi.
Amen

Leggi tutto: La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e per tutto l’anno 2015 “Dammi un po’ d’acqua da bere” (Giovanni 4, 7)