Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



venerdì 27 febbraio 2015

Mafia: Chiesa in silenzio?

La corruzione in Italia «non è mai stata efficacemente combattuta perché non era considerata un reato grave, ma anzi per troppo tempo tacitamente accettata e la mafia se n’è servita». E per questo «è dilagata, perché mafioso e corrotto hanno un terreno comune: arricchirsi». 

Parole durissime quelle del procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, che al Senato ha presentato la Relazione annuale della Dna, assieme alla presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi. Un documento che proprio sulla corruzione non fa sconti a nessuno schieramento politico. Perché, si legge, mentre «negli ultimi venti anni si è fatto molto contro la criminalità mafiosa... il contrasto alla corruzione e alla criminalità economica non è mai entrato nelle strategie e negli obiettivi di alcun governo». Anzi, «vi è stato un deciso arretramento su questo fronte quando sono state assicurate ampie prospettive di impunità per il falso in bilancio, che è la premessa di ogni accumulazione di denaro nero finalizzato al pagamento delle tangenti a politici e mafiosi». Accuse molto nette di taglio "politico", anche se Roberti le definisce «valutazioni tecniche», ma non le uniche perché il procuratore denuncia anche, «e lo dico da cattolico», le responsabilità della Chiesa «che avrebbe potuto fare moltissimo» nella lotta alle mafie «ma per troppo tempo non lo ha fatto ed è stata in silenzio. Anche dopo l’invettiva di Giovanni Paolo II nella valle dei templi o dopo le uccisioni di don Puglisi e don Diana: reazione zero. Solo ora si è mossa con Papa Francesco che ha scomunicato i mafiosi. Speriamo bene...».

Accuse che Rosy Bindi ha in parte ammorbidito...



... Dopo il gesto profetico di papa Francesco, che con la scomunica ai mafiosi ha indicato una direzione per il cammino della Chiesa, un prete palermitano che ha guidato la parrocchia di Brancaccio prima di don Giuseppe Puglisi – ucciso da Cosa Nostra nel 1993 – riflette su una ferita aperta e si interroga su alcune questioni pastorali non sempre chiare nel rapporto tra comunità ecclesiale e mentalità mafiosa...



"La questione della mafia, ancora adesso,
 non è centrale nelle comunità ecclesiali"
(Rosario Giuè, prete)

GUARDA L'INTERVISTA INTEGRALE


Nella Chiesa noi abbiamo davanti agli occhi tanti esempi di chi vive il Vangelo con radicalità e senza accomodamenti. Pronti a dare la vita per combattere le mafie. Come è capitato in passato, capita oggi e capiterà in futuro". Risponde così, don Luigi Ciotti, presidente di Libera, a chi gli chiede un commento sulle parole con le quali il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, aveva accusato la Chiesa di essere stata per decenni in silenzio"sul fenomeno mafia ed avere gravi responsabilità".


Don Ciotti è chiaro:" Se dobbiamo parlare di silenzi - che ad onor del vero nella Chiesa ci sono stati, comprese anche alcune connivenze - dobbiamo, però, parlare anche dei silenzi, delle complicità, delle reticenze, da parte di ampi settori della politica, della società civile e di organizzazioni istituzionali del nostro Paese che hanno colpe pesantissime. Questo è il vero problema. La Chiesa ha le sue fragilità ma anche testimoni bellissimi come don Pino Puglisi, per citarne solo uno".

Sulla stessa lunghezza d'onda anche don Giacomo Panizza, fondatore della Comunità Progetto Sud di Lamezia Terme e da anni impegnato contro la 'ndrangheta. Don Giacomo ricorda che a mettere la propria vita a repentaglio per sbarrare la strada ai boss non ci sono solo preti, ma anche laici impegnati nelle parrocchie, nelle Caritas, nei centri d'ascolto. "E tutto questo lavoro - afferma con decisione e senza tema di smentita - si deve per forza fare sotto silenzio. Per esempio, se si aiuta una persona a rompere i legami con la criminalità e a riportarlo sulla retta via in un contesto sociale difficile come quello calabrese o siciliano, non si può finire sui giornali. Anzi non si deve". 

"Tutto questo impegno - assicura un altro prete da anni in lotta con le cosche, don Cosimo Scordato, rettore di San Francesco Saverio all'Albergheria di Palermo - è molto più diffuso di quanto si può vedere. Spesso è anche anonimo e vive della fedeltà ai propri impegni. E al Vangelo"

Ascolta l'audio della trasmissione "Aldilà della notizia" da Radio Vaticana : La Chiesa combatte le mafie con la forza del Vangelo


Vedi anche alcuni dei nostri post precedenti: