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domenica 26 aprile 2015

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n. 19/2014-2015 (B) di Santino Coppolino

'Un cuore che ascolta - lev shomea'
Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)


Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino


Vangelo: Gv 10,11-18


"Io sono venuto in questo mondo per un giudizio: affinché chi non vede, veda e coloro che vedono diventino ciechi"(9,39). 
A coloro che usurpano il ruolo di pastori del popolo, che definiscono se stessi "guide dei ciechi e luce di coloro che sono nelle tenebre" (Rm 2,19), Gesù, senza riguardo alcuno, dice di essere 'ladri e briganti', buoni soltanto a 'rubare, sgozzare e distruggere' (10,10). Non riconosce loro nessun ruolo divino e li definisce 'mercenari', prezzolati che cercano solo il loro esclusivo interesse. 
Gesù annunzia che la loro pretesa di guidare il popolo è ormai alla fine e che è giunta la guida attesa: "Io-Sono il Pastore, quello Buono!" Non «un», ma «il» pastore, il pastore promesso (Ez 34,1ss), il Signore stesso che in Gesù si fa 'Pastore' (Sal 23).
L'aggettivo 'buono' (in greco 'kalos', lett. bello) non è riferito alla bontà di Gesù, per la quale l'evangelista utilizza il termine 'agathos' (7,12), ma al suo essere l'unico, il vero, il modello ideale di pastore. E' il Pastore legittimo, il solo che ha il diritto di chiamarsi tale, l'autentica guida delle pecore, perché prima ancora di essere pastore Gesù è 'l'Agnello di Dio'. L'Agnello che 'depone la sua vita per le pecore', la cui carne è cibo di Vita Eterna, forza per il cammino del nuovo esodo per condurre a libertà il suo popolo, fuori da tutti gli 'ovili', religiosi o laici, che lo tengono schiavo. Gesù è 'l'Agnello di Dio' che nel suo sangue versato offre a tutti, ebrei e pagani, credenti e non credenti, la liberazione definitiva dalla morte. La sua chiamata è 'universale' perché il Pastore Bello non esclude né odia nessuno, come il Padre che ama tutti, nemici compresi. "Per quanti, allora, ci diciamo cristiani non amare «i nemici», o addirittura odiarli, è negare il Padre nella sua essenza di Amore. E' un ateismo peggiore di quello che lo nega perché non lo conosce o lo misconosce" (S.Fausti). Soltanto ascoltando la sua voce che "chiama ciascuno per nome" (10,3), solamente 'deponendo', come ha fatto lui, la nostra vita a servizio degli altri, potremo diventare un unico popolo di fratelli, "un solo gregge, un solo Pastore"