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martedì 13 ottobre 2015

La responsabilità di Dio di Luigino Bruni

Un uomo di nome Giobbe/4 -
Il giusto può dirlo:
nessun figlio merita di morire




La responsabilità di Dio

di Luigino Bruni



"Tu non scendesti dalla croce quando, per schernirti e per deriderti, ti gridavano: ‘Scendi dalla croce e allora crederemo che sei tu’. Tu non scendesti perché ancora una volta non volesti rendere schiavo l’uomo con un miracolo e bramavi la fede libera … Ti giuro, l’uomo è stato creato più debole e più vile di quanto tu pensassi … Se lo avessi stimato di meno, avresti preteso anche meno da lui, perché più lieve sarebbe stato il suo fardello"

(Fedor Dostoevskij, “Il grande inquisitore”, I fratelli Karamàzov).   


L’umanesimo biblico non assicura la felicità ai giusti. Mosè, il profeta più grande di tutti, muore solo e fuori della terra promessa. Per i giusti ci deve essere qualcosa di più vero e profondo della ricerca della propria felicità. Alla vita chiediamo molto di più, soprattutto il senso delle infelicità nostre e di quelle degli altri. Il libro di Giobbe è dalla parte di chi ostinatamente cerca un senso vero per la delusione delle promesse grandi, la sventura degli innocenti, la morte delle figlie e dei figli, la sofferenza dei bambini. 
Dopo il primo dialogo con Elifaz, ora è il secondo degli amici a prendere la parola: “Bildad di Suach prese a dire: ‘Fino a quando dirai queste cose e vento impetuoso saranno le parole della tua bocca? Può forse Dio sovvertire il diritto o l'Onnipotente sovvertire la giustizia? Se i tuoi figli hanno peccato contro di lui, li ha abbandonati in balìa delle loro colpe’” (8,1-4). Bildad per non mettere in discussione la giustizia di Dio è costretto a negare la rettitudine di Giobbe e dei suoi figli. Per la sua etica, astratta e senza umanità, se i figli (e Giobbe) sono stati puniti dovevano avere peccato. La sua idea di giustizia divina e di ordine lo porta così a condannare e a tradire l’uomo. E invece sono molti i figli a morire senza nessuna colpa, ieri, oggi, sempre. Sulle Alpi francesi, in Kenya, sul Golgota. Ovunque. Non esiste nessun peccato che per essere espiato richieda la morte di un figlio, a meno di voler negare ogni differenza tra Elohim e Baal, tra YHWH e gli idoli affamati. Il poema di Giobbe è un test sulla giustizia di Dio, non su quella di Giobbe (che ci viene rivelata già dalle prime righe del prologo). È Elohim che deve dimostrarci che è veramente giusto nonostante il dolore degli innocenti. 
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Giobbe ci dice che una domanda senza risposta può essere più religiosa di risposte troppo semplici, e che anche un ‘perché’ può essere preghiera. Dopo Giobbe non c’è sulla terra un rosario più vero di quello composto da tutti i ‘perché’ disperati e senza risposta che si levano verso un cielo che continuano a volere abitato e amico. Giobbe continua a chiedere un fondamento della terra più profondo del caos e del nulla. Ma per cercare e volere un Dio vero al di là dell’apparente ‘banalità del bene’, Giobbe con la forza della sua fragilità chiede a Dio di rispondere delle sue azioni, vuole un Dio responsabile.
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Con il ‘processo a Dio’ siamo allora dentro una autentica rivoluzione religiosa: anche Dio deve dar conto delle sue azioni se vuole essere il fondamento della nostra giustizia. Deve farsi capire, dire altre parole oltre alle tante che aveva già detto. Se vuole essere all’altezza del Dio biblico dell’Alleanza e della Promessa, e affrancarsi dai culti idolatrici, stupidi come i loro feticci. Il libro di Giobbe, allora, incastonato nel cuore della Bibbia, ci porta su un’alta vetta e da lì ci invita a guardare tutta la Torah, i profeti, e poi il Nuovo testamento, le donne e gli uomini di tutti i tempi. E rappresenta una prova della verità dei libri che lo precedono e di quelli che lo seguono. Un’altra volta fu celebrato un processo che aveva Dio come imputato. Le parti però si ribaltarono. L’uomo era il forte, quasi onnipotente, che interrogava e giudicava. Dio era fragile, condannato, crocifisso. Tra questi due processi estremi si inscrivono tutta la giustizia, l’ingiustizia, le speranze del mondo. Questo Giobbe non lo sapeva, non poteva saperlo. Ma sarà stato il primo a far festa per il sepolcro vuoto. Solo i crocifissi possono capire e desiderare le resurrezioni. 
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La responsabilità di Dio di Luigino Bruni  (PDF)


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- Un uomo di nome Giobbe /3 L’arca del duro canto di Luigino Bruni