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martedì 24 novembre 2015

Il difficile viaggio di Francesco in Africa


Il difficile viaggio di Francesco in Africa 
di Luigi Sandri


È un viaggio rischioso quello che Francesco compirà dal 25 al 30 novembre in Africa dove, dopo il Kenya e l’Uganda, punterà sulla Repubblica centroafricana, nella cui capitale, Bangui, vuole anticipare l’apertura del Giubileo (prevista per l’8 dicembre) malgrado che l’intelligence francese gli abbia sconsigliato una tappa in un paese ancora sconvolto dalle conseguenze di una feroce guerra civile. Fin dall’inizio del pontificato, nel marzo 2013, Bergoglio aveva detto che, oltre naturalmente alla natia America latina, avrebbe desiderato visitare Asia e Africa. Sempre sperando un giorno di toccare anche la Cina, in Asia per ora ha raggiunto la Corea del Sud, lo Sri Lanka e le Filippine; la prima volta nel continente nero sarà invece mercoledì, a Nairobi. Sia il Kenya che l’Uganda sono paesi gravati da problemi sociali ed esposti ad attacchi di gruppi islamici spietati (nell’aprile scorso un commando di al-Shabaab, gruppo somalo affiliato ad al-Qaeda, a Garissa – ad est di Nairobi – attaccò un college universitario massacrando 147 studentesse). Ma il cuore dei discorsi che il papa pronuncerà in quei due paesi riguarda i problemi legati allo sviluppo, alla giustizia e al rispetto del creato. In Uganda, poi, visiterà i santuari che raccolgono le spoglie mortali di alcune decine di martiri, cattolici e anglicani, uccisi negli anni 1885-87 da re Mwanga. Sarà l’occasione per ricordare che anche oggi molti in Africa (negli ultimi due anni ad opera di affiliati al Daesh, il sedicente Stato islamico) sono stati uccisi per la loro fede. Tuttavia – mentre non si è ancora spenta l’eco del sanguinoso attacco, la settimana scorsa, di guerriglieri islamici a un hotel di Bamako (Mali) – la tappa cruciale, per Francesco, sarà Bangui, dove egli intende anticipare di due settimane l’inizio ufficiale del Giubileo, aprendo la porta santa della cattedrale di quella città. Già colonia francese, indipendente dal 1960, la Repubblica centroafricana – grande due volte l’Italia, e popolata da 4,8 milioni di abitanti – negli anni Settanta del secolo scorso fu retta dall’autoproclamatosi “imperatore” Bokassa I. Tramontato il quale, il paese fu teatro di continui colpi di Stato. Negli ultimi anni una guerra civile dominata dagli scontri tra i Seleka, infiltrati da elementi islamici, e gli anti-Balaka, filocristiani, ha provocato migliaia di morti e un milione di sfollati o di profughi. Eppure, nel contempo, multinazionali tedesche, francesi e cinesi, pagando forti tangenti ai due gruppi rivali, hanno fatto lauti guadagni sfruttando le foreste centroafricane. Anche se un fragile compromesso ha permesso, nel 2004, l’elezione della signora Catherine SambaPanza come presidente “super partes”, il fuoco cova sotto la cenere, e precarietà e miseria regnano nella RCA. Aprendo il Giubileo a Bangui, il papa vorrebbe lanciare un grido, valido “erga omnes”, contro ogni spargimento di sangue, e a favore della riconciliazione e della pace tra i seguaci di tutte le religioni.
(fonte: “Trentino” del 23 novembre 2015)