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mercoledì 11 novembre 2015

La sacralità di ogni essere umano richiede per ognuno rispetto, accoglienza e un lavoro degno. Papa Francesco - Visita pastorale a Prato e Firenze 10-11-2015 /1


Alle ore 7 di questa mattina, il Santo Padre Francesco ha lasciato in elicottero il Vaticano per recarsi a Prato e Firenze in occasione del 5° Convegno Nazionale della Chiesa Italiana. Al Suo arrivo nel campo sportivo comunale di Prato, il Papa è stato accolto dal Vescovo S.E. Mons. Franco Agostinelli, dal Prefetto, Dott.ssa Maria Laura Simonetti, e dal Sindaco di Prato, Dott. Matteo Biffoni. 
Il Santo Padre si è trasferito quindi in auto alla Cattedrale dove, dopo l’adorazione in preghiera del Santissimo Sacramento e la venerazione della Reliquia della “Sacra Cintola” della Madonna, saluta i Membri del Capitolo, alcuni sacerdoti anziani e alcune monache di clausura. Papa Francesco si affaccia poi dal pulpito esterno della Cattedrale per l’incontro con i fedeli raccolti nella piazza sottostante e dopo l’indirizzo di saluto del Vescovo di Prato, S.E. Mons. Franco Agostinelli, pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Ringrazio il vostro Vescovo, Monsignor Agostinelli, per le parole molto cortesi che mi ha rivolto. Saluto con affetto tutti voi e coloro che non possono essere qui presenti fisicamente, in particolare le persone ammalate, anziane e quelle detenute nella casa circondariale.

Sono venuto come pellegrino - un pellegrino… di passaggio! Poca cosa, ma almeno la volontà c’è - in questa città ricca di storia e di bellezza, che lungo i secoli ha meritato la definizione di “città di Maria”. Siete fortunati, perché siete in buone mani! Sono mani materne che proteggono sempre, aperte per accogliere. Siete privilegiati anche perché custodite la reliquia della «Sacra Cintola» della Madonna, che ho appena potuto visitare.

Questo segno di benedizione per la vostra città mi suggerisce alcuni pensieri, suscitati anche dalla Parola di Dio. Il primo ci rimanda al cammino di salvezza che il popolo di Israele intraprese, dalla schiavitù dell’Egitto alla terra promessa. Prima di liberarlo, il Signore chiese di celebrare la cena pasquale e di consumarla in un modo particolare: «con i fianchi cinti» (Es 12,11). Cingersi le vesti ai fianchi significa essere pronti, prepararsi a partire, a uscire per mettersi in cammino. A questo ci esorta il Signore anche oggi, oggi più che mai: a non restare chiusi nell’indifferenza, ma ad aprirci; a sentirci, tutti quanti, chiamati e pronti a lasciare qualcosa per raggiungere qualcuno, con cui condividere la gioia di aver incontrato il Signore e anche la fatica di camminare sulla sua strada. Ci è chiesto di uscire per avvicinarci agli uomini e alle donne del nostro tempo. Uscire, certo, vuol dire rischiare – uscire vuol dire rischiare – ma non c’è fede senza rischio. Una fede che pensa a se stessa e sta chiusa in casa non è fedele all’invito del Signore, che chiama i suoi a prendere l’iniziativa e a coinvolgersi, senza paura. Di fronte alle trasformazioni spesso vorticose di questi ultimi anni, c’è il pericolo di subire il turbine degli eventi, perdendo il coraggio di cercare la rotta. Si preferisce allora il rifugio di qualche porto sicuro e si rinuncia a prendere il largo sulla parola di Gesù. Ma il Signore, che vuole raggiungere chi ancora non lo ama, ci sprona. Desidera che nasca in noi una rinnovata passione missionaria e ci affida una grande responsabilità. Chiede alla Chiesa sua sposa di camminare per i sentieri accidentati di oggi, di accompagnare chi ha smarrito la via; di piantare tende di speranza, dove accogliere chi è ferito e non attende più nulla dalla vita. Questo ci chiede il Signore.
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C’è ancora un’altra suggestione che vorrei proporvi. San Paolo invita i cristiani a indossare un’armatura particolare, quella di Dio. Dice infatti di rivestirsi delle virtù necessarie per affrontare i nostri nemici reali, che non sono mai gli altri, ma “gli spiriti del male”. Al primo posto in quest’armatura ideale compare la verità: «attorno ai fianchi la verità», scrive l’Apostolo (Ef 6,14). Dobbiamo cingerci di verità. Non si può fondare nulla di buono sulle trame della menzogna o sulla mancanza di trasparenza. Ricercare e scegliere sempre la verità non è facile; è però una decisione vitale, che deve segnare profondamente l’esistenza di ciascuno e anche della società, perché sia più giusta, perché sia più onesta. La sacralità di ogni essere umano richiede per ognuno rispetto, accoglienza e un lavoro degno. Lavoro degno! Mi permetto qui di ricordare i cinque uomini e le due donne di cittadinanza cinese morti due anni fa a causa di un incendio nella zona industriale di Prato. Vivevano e dormivano all’interno dello stesso capannone industriale in cui lavoravano: in una zona era stato ricavato un piccolo dormitorio in cartone e cartongesso, con letti sovrapposti per sfruttare l’altezza della struttura. E’ una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni inumane di vita. E questo non è lavoro degno! La vita di ogni comunità esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione, il cancro dello sfruttamento umano e lavorativo e il veleno dell’illegalità. Dentro di noi e insieme agli altri, non stanchiamoci mai di lottare per la verità e la giustizia.

Incoraggio tutti, soprattutto voi giovani - mi hanno detto che voi giovani avete fatto una veglia di preghiera ieri, tutta la notte… Grazie, grazie! - a non cedere mai al pessimismo e alla rassegnazione. Maria è colei che con la preghiera e con l’amore, in un silenzio operoso, ha trasformato il sabato della delusione nell’alba della risurrezione. Se qualcuno si sente affaticato e oppresso dalle circostanze della vita, confidi nella nostra Madre, che è vicina e consola, perché è Madre! Sempre ci rincuora e ci invita a riporre fiducia in Dio: suo Figlio non tradirà le nostre attese e seminerà nei cuori una speranza che non delude. Grazie.

Al termine del discorso, il Santo Padre scende sul sagrato della Cattedrale e saluta alcuni rappresentanti della comunità ecclesiale, civile, imprenditoriale e operaia della città. Quindi raggiunge in auto il campo sportivo comunale dove si congeda da Prato e decolla in elicottero alla volta di Firenze.
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