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martedì 23 febbraio 2016

"La fedeltà che ci è richiesta è quella di agire secondo il cuore di Cristo" Papa Francesco 22/02/2016 Giubileo della Curia Romana (cronaca, foto, testi e video)


Il Papa alle 8 ha fatto il suo ingresso nel corridoio centrale dell’Aula Paolo VI, gremita di persone – non solo cardinali, vescovi, sacerdoti e religiosi, ma anche il personale laico degli Uffici di Curia – che lo aspettavano festosi. 

Alle 8.30, si è tenuta la meditazione della celebrazione dell’Ora Media del gesuita Marko Rupnik, direttore del Centro Aletti e creatore del logo del Giubileo della misericordia, il quale ha voluto mettere in guardia dai rischi che «ogni Curia» potrebbe incontrare nel suo lavoro quotidiano.
Il Papa è rimasto ad ascoltare fra gli altri cardinali, in prima fila.

Alle 9.15 è partita la processione che dall’esterno dell’Aula, scendendo i gradini e passando attraverso il Braccio di Carlo Magno, si è diretta verso la Porta Santa per entrare da lì in basilica, luogo della celebrazione eucaristica presieduta dal Papa a partire dalle 10.30. 
Francesco, mentre i religiosi e i laici aprivano la processione, ha aspettato seduto, poi insieme a monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, e a mons. Georg Ganswein, prefetto della Casa Pontificia, si è unito alla processione, 
L'immagine che più colpisce forse è quella del Papa che, in terza fila, come un pellegrino qualunque, segue la Croce in legno con il logo dell’Anno Santo, circondato dalle migliaia di dipendenti della Curia Romana, del Governatorato e degli organismi collegati della Santa Sede. 


A piedi il Pontefice, inserito nel gruppo, ha attraversato la Porta Santa a testa bassa e segnandosi con il segno della croce.

Anche stavolta il messaggio più forte ai porporati vaticani, papa Francesco lo manda con un gesto. Sorprendendo gli addetti alla sicurezza il pontefice si mette in coda per attraversare la Porta Santa. E infrangendo il protocollo, non lo fa in testa al corteo dove ha lasciato che a sfilare fossero i cardinali e gli arcivescovi secondo l'ordine gerarchico ecclesiastico: Bergoglio si confonde tra i dipendenti dei dicasteri vaticani come un pellegrino qualsiasi, con il suo zucchetto e il cappotto bianco come unico segno distintivo.

Talari e mozzette, cravatte e cappotti. Le une accanto agli altri in processione sotto la Porta Santa, poi ancora vicine durante la Messa in Basilica. Sono le “divise” di chi presta servizio nella Curia Romana e in tutti i dicasteri e istituzioni collegate alla Santa Sede. Divise di sacerdoti e di laici, diverse nella foggia ma unite dalla “stoffa” dell’unica domanda che investe, spiega Papa Francesco, chi è al servizio del Papa e della Chiesa. La domanda di Gesù ai suoi più intimi: “Voi chi dite che io sia?”.

Guarda il video dell'omelia

Segue il testo integrale dell'omelia.

La festa liturgica della Cattedra di san Pietro ci vede raccolti per celebrare il Giubileo della Misericordia come comunità di servizio della Curia Romana, del Governatorato e delle Istituzioni collegate con la Santa Sede. Abbiamo attraversato la Porta Santa e siamo giunti alla tomba dell’Apostolo Pietro per fare la nostra professione di fede; e oggi la Parola di Dio illumina in modo speciale i nostri gesti.

In questo momento, ad ognuno di noi il Signore Gesù ripete la sua domanda: «Voi, chi dite che io sia?» (Mt 16,15). Una domanda chiara e diretta, di fronte alla quale non è possibile sfuggire o rimanere neutrali, né rimandare la risposta o delegarla a qualcun altro. Ma in essa non c’è nulla di inquisitorio, anzi, è piena di amore! L’amore del nostro unico Maestro, che oggi ci chiama a rinnovare la fede in Lui, riconoscendolo quale Figlio di Dio e Signore della nostra vita. E il primo chiamato a rinnovare la sua professione di fede è il Successore di Pietro, che porta con sé la responsabilità di confermare i fratelli (cfr Lc 22,32).

Lasciamo che la grazia plasmi di nuovo il nostro cuore per credere, e apra la nostra bocca per compiere la professione di fede e ottenere la salvezza (cfr Rm 10,10). Facciamo nostre, dunque, le parole di Pietro: «Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente» (Mt16,16). Il nostro pensiero e il nostro sguardo siano fissi su Gesù Cristo, inizio e fine di ogni azione della Chiesa. Lui è il fondamento e nessuno ne può porre uno diverso (1 Cor 3,11). Lui è la “pietra” su cui dobbiamo costruire. Lo ricorda con parole espressive sant’Agostino quando scrive che la Chiesa, pur agitata e scossa per le vicende della storia, «non crolla, perché è fondata sulla pietra, da cui Pietro deriva il suo nome. Non è la pietra che trae il suo nome da Pietro, ma è Pietro che lo trae dalla pietra; così come non è il nome Cristo che deriva da cristiano, ma il nome cristiano che deriva da Cristo. […] La pietra è Cristo, sul fondamento del quale anche Pietro è stato edificato» (In Joh 124, 5: PL 35, 1972).

Da questa professione di fede deriva per ciascuno di noi il compito di corrispondere alla chiamata di Dio. Ai Pastori, anzitutto, viene richiesto di avere come modello Dio stesso che si prende cura del suo gregge. Il profeta Ezechiele ha descritto il modo di agire di Dio: Egli va in cerca della pecora perduta, riconduce all’ovile quella smarrita, fascia quella ferita e cura quella malata (34,16). Un comportamento che è segno dell’amore che non conosce confini. È una dedizione fedele, costante, incondizionata, perché a tutti i più deboli possa giungere la sua misericordia. E, tuttavia, non dobbiamo dimenticare che la profezia di Ezechiele prende le mosse dalla constatazione delle mancanze dei pastori d’Israele. Pertanto fa bene anche a noi, chiamati ad essere Pastori nella Chiesa, lasciare che il volto di Dio Buon Pastore ci illumini, ci purifichi, ci trasformi e ci restituisca pienamente rinnovati alla nostra missione. Che anche nei nostri ambienti di lavoro possiamo sentire, coltivare e praticare un forte senso pastorale, anzitutto verso le persone che incontriamo tutti i giorni. Che nessuno si senta trascurato o maltrattato, ma ognuno possa sperimentare, prima di tutto qui, la cura premurosa del Buon Pastore.

Siamo chiamati ad essere i collaboratori di Dio in un’impresa così fondamentale e unica come quella di testimoniare con la nostra esistenza la forza della grazia che trasforma e la potenza dello Spirito che rinnova. Lasciamo che il Signore ci liberi da ogni tentazione che allontana dall’essenziale della nostra missione, e riscopriamo la bellezza di professare la fede nel Signore Gesù. La fedeltà al ministero bene si coniuga con la misericordia di cui vogliamo fare esperienza. Nella Sacra Scrittura, d’altronde, fedeltà e misericordia sono un binomio inseparabile. Dove c’è l’una, là si trova anche l’altra, e proprio nella loro reciprocità e complementarietà si può vedere la presenza stessa del Buon Pastore. La fedeltà che ci è richiesta è quella di agire secondo il cuore di Cristo. Come abbiamo ascoltato dalle parole dell’apostolo Pietro, dobbiamo pascere il gregge con “animo generoso” e diventare un “modello” per tutti. In questo modo, «quando apparirà il Pastore supremo» potremo ricevere la «corona della gloria che non appassisce» (1 Pt 5,14).


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