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mercoledì 9 marzo 2016

Esercizi spirituali del Papa e della Curia Romana (6-11 marzo) sul tema "Le nude domande del Vangelo" / 2

 8 marzo 2016 

«La gente chi dice che io sia?». In un tempo in cui non esistevano ancora i mass media Gesù volle lanciare questa sorta di “sondaggio d’opinione” tra i suoi apostoli. E intorno a questa domanda cruciale è ruotata la quarta meditazione tenuta da padre Ermes Ronchi martedì mattina, 8 marzo, durante gli esercizi spirituali quaresimali predicati al Papa e alla Curia Romana.

Nella cappella della Casa Divin Maestro di Ariccia il religioso dei servi di Maria ha rilanciato l’interrogativo di Gesù, ricordando che l’opinione della gente su di lui era incompleta anche se bella. Lo consideravano un profeta, come Elia o Giovanni il Battista, ma questa risposta ha un limite: Gesù non è un uomo del passato, un profeta di ieri. Ecco dunque la domanda diretta ai suoi discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?». Padre Ronchi ha fatto notare come questo interrogativo abbia al suo interno un’avversativa, quel “ma” quasi in opposizione a quello che la gente pensa e dice. Sembra quasi che il Maestro voglia sollecitare gli apostoli a riflettere e invitarli a non accontentarsi, perché la fede non avanza per sentito dire. Gesù sollecita gli apostoli a rivedere il loro rapporto con lui. Non vuole definizioni astratte, ma il coinvolgimento personale.

L’interrogativo «Chi sono io per te?» è il cuore pulsante della fede, ha spiegato il religioso. Gesù pone la domanda nel segno dell’amicizia: non dà lezioni, non impone la risposta, ma invita a cercare dentro. Allora e solo allora si può rispondere come ha fatto il predicatore: «Incontrare te è stato l’affare migliore della mia vita!». 
(fonte: L'Osservatore Romano)

“Gesù non è moralista”. “Siamo noi che abbiamo moralizzato il Vangelo”. Così padre Ermes Ronchi, nella quinta meditazione degli Esercizi spirituali per il Papa e la Curia romana, in corso nella Casa del Divin Maestro di Ariccia. Nella giornata della donna, il religioso ha ricordato che nel Vangelo molte donne seguivano e servivano Gesù, rammaricando la sola presenza di uomini nell’incontro.

Il Vangelo non è moralista”, ha sottolineato p. Ronchi partendo nella sua riflessione dal racconto evangelico di Gesù, che invitato nella casa di Simone il fariseo, rompe ogni convenzione e lascia che una donna, per tutti la peccatrice, pianga ai suoi piedi, e li asciughi con i suoi capelli, baciandoli e cospargendoli di olio profumato. E di fronte alla sorpresa di Simone, Gesù lo ammonisce: “guarda questa donna”, che da peccatrice diviene “la perdonata che ha molto amato”.
“Nella cena a casa di Simone il fariseo va in scena un conflitto sorprendente: il pio e la prostituta; il potente e la senza nome, la legge e il profumo, la regola e l’amore a confronto”.

“L’errore di Simone è lo sguardo giudicante”.
“Gesù per tutta la sua esistenza insegnerà lo sguardo non giudicante, includente, lo sguardo misericordioso”.
“Simone mette al centro del rapporto tra uomo e Dio” “il peccato, ne fa l’asse portante della religione”.
“È l’errore dei moralisti di ogni epoca, dei farisei di sempre”.
“Gesù non è moralista”:
“mette al centro la persona con lacrime e sorrisi, la sua carne dolente o esultante, e non la legge”.

Nel Vangelo troviamo con più frequenza la parola povero che peccatore, ha osservato p. Ronchi.
“Adamo è povero prima che peccatore; siamo fragili e custodi di lacrime, prigionieri di mille limiti, prima che colpevoli”.

Siamo noi che abbiamo moralizzato il Vangelo”.
“Ma in principio non era così: p.Vannucci lo dice benissimo il Vangelo non è una morale, ma una sconvolgente liberazione. E ci porta fuori dal paradigma del peccato per condurci dentro il paradigma della pienezza, della vita in pienezza”.

Simone il moralista guarda il passato della donna, vede “una storia di trasgressioni”, “mentre Gesù - ha spiegato p. Ronchi - vede il molto amore di oggi e di domani”.
“Gesù non ignora chi è, non finge di non sapere, ma la accoglie. Con le sue ferite e soprattutto con la sua scintilla di luce, che Lui fa sgorgare”.
“Il centro della cena doveva essere Simone pio e potente, e invece il centro è occupato dalla donna”.
“Solo Gesù è capace di operare questo cambio di prospettiva, di fare spazio così agli ultimi. Gesù sposta il fuoco, il punto di vista dal peccato della donna alle mancanze di Simone, lo destruttura, lo mette in difficoltà come farà con gli accusatori dell’adultera nel tempio”.

Se Gesù domandasse anche a me - ha detto sorridendo P. Ronchi - la vedi questa donna? dovrei rispondere “no, Signore, qui vedo solo uomini.
“Non è molto normale questo ammettiamolo. Dobbiamo prendere atto di un vuoto che non corrisponde alla realtà dell’umanità e della Chiesa”.
“Non era così nel Vangelo”, dove molte donne seguivano e servivano Gesù, ma “al nostro seguito non le vedo”, ha detto p. Ronchi.
“Che cosa ci fa così paura che dobbiamo prendere le distanze da questa donna e dalle altre? Gesù era sovranamente indifferente al passato di una persona, al sesso di una persona, non ragiona mai per categorie o stereotipi. E penso che anche lo Spirito Santo distribuisca i suoi doni senza guardare al sesso delle persone”.

Gesù, segnato da quella donna che lo ha commosso, non la dimentica: all’ultima Cena ripeterà il gesto della peccatrice sconosciuta e innamorata, laverà i piedi dei suoi discepoli e li asciugherà”.
Quando ama, l’uomo compie gesti divini, Dio quando ama compie gesti umani, e lo fa con cuore di carne”.

Infine un richiamo per i confessori.

È così facile per noi quando siamo confessori non vedere le persone, con i loro bisogni, e le loro lacrime ma vedere la norma applicata o infranta. Generalizzare, spingere le persone dentro una categoria, classificare. E così alimentiamo la durezza del cuore, la sclerocardia, la malattia che Gesù più temeva. Diventiamo burocrati delle regole e analfabeti del cuore; non incontriamo la vita, ma solo il nostro pregiudizio”.
(fonte: Radio Vaticana)


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