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martedì 1 marzo 2016

"La disumanità dei muri d'Europa" di Furio Colombo

La disumanità dei muri d'Europa
di Furio Colombo

Secondo la vulgata comune, sono due i gruppi umani che attraversano il mondo per migliaia di chilometri, affrontando le prove dell’aggressione armata, del banditismo, del mare senza mezzi per traversarlo, delle barriere di filo spinato, di muri costruiti apposta per fermarli, di treni fermi, di marce a piedi che durano settimane, di frontiere chiuse, mentre mancano del tutto luoghi di sosta, di minima assistenza, di soccorso ai bambini. 
Il primo gruppo è composto di persone (quasi sempre uomini soli) in cerca di un lavoro e di una vita migliore. 
Il secondo gruppo, un corteo senza fine di intere famiglie con molti bambini, sta cercando di fuggire dalle guerre che diventano di giorno e di notte sempre più violente senza che alcuno stato di guerra sia stato dichiarato o alcuna ragione sia stata detta dall’aggressore all’aggredito e – meno che mai – all’opinione pubblica. 
La stessa vulgata comune vuole che il primo gruppo debba essere subito cacciato (molti amano dire “a calci in culo” come se l’immigrazione per povertà non fosse il più antico mestiere del mondo, spiazzando la fama della prostituzione). Il secondo (chi fugge da una guerra) va invece accolto e assistito secondo le buone regole della civiltà. 
La sequenza di eventi ha voluto che il primo gruppo sia drasticamente diminuito, perché sono aumentate le guerre o sono caduti in stato di guerra e violenza incontrollata luoghi che prima erano solo poveri (la frase è assurda, ma è l'unico modo di spiegare perché sono comparsi sempre di più donne e bambini nei gruppi classificati “poveri”e non “rifugiati”). E il secondo gruppo sia cresciuto e stia crescendo a dismisura perché, oltre a moltiplicarsi, le guerre stanno diventando più selvagge, più vaste, più spietate e rendono la fuga non una opzione, ma una necessità inevitabile e urgente. 
Di fronte a questo fenomeno, la miseria morale del mondo agiato, unito a una incredibile assenza di capacità di governo, crea una situazione che nessun narratore di fantascienza o di fantapolitica avrebbe inventato, e nessun editore o produttore avrebbe accettato per eccesso di crudeltà ma anche di cecità umana e di mancanza di realismo. 
Chiudere l'Europa. È ciò che sta accadendo e che viene prima annunciato come se fosse una minaccia possibile, poi prefigurato e infine deciso, almeno da alcuni governi, e accettato da tutti nell’ultima riunione austriaca di ribelli al soccorso. 
Ciò che accade è il colmo dell’assurdo. Primo, c'è la guerra in Siria e c’è la guerra in Libia, e in ciascuna di queste guerre sono coinvolte, in gradazioni e intensità diverse, ma altrettanto pericolose, le due grandi potenze, Russia e Stati Uniti, alcuni importanti membri dell’Unione europea, la Nato e altri Paesi chiave (Arabia Saudita, Turchia, Iran) il cui peso è grande, e lo sbilanciamento che portano drammatico. Non è nuova l'idea di immaginare la propria azione di guerra come un’iniziativa che porta danno ma non lo subisce. Non è mai vero, ma può essere l’intento azzardato e sbagliato di alcuni dei protagonisti elencati. Certo non Stati Uniti e Russia, che rischiano il confronto diretto. Certo non l’Europa che a tutti e due i conflitti (Siria e Libia) è contigua, coinvolta e interessata. Eppure l’Europa, che non solo a causa della guerra degli altri, ma anche della propria partecipazione a quella guerra, sta creando una marea di popoli in fuga, crede di potersi permettere il lusso di chiudere le frontiere, come se si trattasse di un disaccordo temporaneo fra repubbliche. Anche in quel caso sarebbe disumano, ma tecnicamente possibile. Nel caso che stiamo vivendo siamo noi ad avere riempito la Turchia, la Grecia, i Balcani di popoli sradicati e in fuga. E siamo noi a dire che non va bene, che bisogna prima contarli, che ci vuole una ordinata identificazione, che le impronte digitali vanno prese, se necessario, anche con la forza. E che per il momento “poiché non c'è più posto”. 
A uno a uno, piccoli protagonisti della Storia che si dicono parte dell’Unione europea, chiudono le frontiere, uno a uno o a gruppi in modo che nessuno passi. In questo modo ognuno crea una tragedia all’altro e tutti le creano ai popoli in fuga dalle guerre che i Paesi che si sentono collocati in un grado superiore della storia, non hanno impedito, hanno fermato e infine hanno cominciato a prendervi parte con notevole forza distruttiva e l’uso di continui spaventosi bombardamenti a cui tutti cercano di prendere parte e che cacciano dalle loro case persone (i sopravvissuti) che nessuno dei portatori di guerra vuole neppure in un campo profughi. 
Non era mai accaduto prima un simile disastro umano affrontato con tanta disumanità. E non si distingue tra i leader uno che abbia la forza e il coraggio di denunciare l'orrore di ciò che sta accadendo.
(fonte del testo: “il Fatto Quotidiano” del 28 febbraio 2016
immagini a cura dello staff di Quelli della Via)