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domenica 6 marzo 2016

"Un cuore che ascolta - lev shomea" - n. 14/2015-2016 (C) di Santino Coppolino

'Un cuore che ascolta - lev shomea'
Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male" (1Re 3,9)
Traccia di riflessione
sul Vangelo della domenica
di Santino Coppolino



Vangelo: Lc 15,1-3.11-32



Gesù ha appena posto tre condizioni molto dure per la sequela: la libertà da ogni vincolo, anche da quelli familiari, la libertà da se stessi fino a perdere la vita e la reputazione, accettando l'ignominia della croce, e libertà dal possesso dei beni (14,25-35). Nonostante la difficoltà di queste condizioni, i pubblicani e i peccatori si avvicinano a Gesù, lo ascoltano volentieri e sono da lui accolti, scribi e farisei, i pii e zelanti custodi della dottrina ebraica, educati alla logica delle virtù e del merito, invece mormorano. Per stigmatizzare il loro comportamento Gesù racconta le tre parabole della misericordia: la pecora smarrita, la dracma perduta e la splendida parabola del figlio spendaccione o, per meglio dire, del Padre misericordioso. Si tratta di un trittico di parabole ma in realtà la parabola è una sola. Come nel trittico pittorico le due parti più brevi (le pale laterali) acquistano significato solo se in relazione alla parte più lunga (la pala centrale) che viene illuminata e completata da quelle più brevi. Un Padre, il cui figlio scapestrato va via di casa, non se ne sta certo con le mani in mano ad attenderne l'improbabile ritorno ma invia il Pastore Buono perché, lasciate le altre novantanove nel deserto, ritrovi la traviata e la riporti a casa sana e salva. Chi di noi non farebbe lo stesso, dice Gesù ? 
Veramente nessuno di noi farebbe una cosa simile, abbandonare nel deserto un intero gregge, con il serio rischio di non ritrovare in vita nemmeno una pecora, perché rubate o uccise dagli animali selvatici. La situazione è illogica, assurda ed incomprensibile, come illogico, assurdo e incomprensibile è l'amore e la tenerezza del Padre per ogni suo figlio. Solo uno squilibrato abbandonerebbe nel deserto novantanove pecore per cercare la sola perduta, come solo un folle accoglierebbe in casa il figlio che ha sperperato il patrimonio di famiglia senza il benché minimo rimprovero e, per di più, reintegrandolo nel suo rango originario (veste, anello, sandali). Così è l'Amore, la tenerezza del Padre, come l'utero di una madre (Rahamim)  che si allarga per accogliere e fare spazio alla vita che cresce. L'Amore di Dio non risponde ad alcuna logica umana, non fa calcoli, agisce senza apparente ragione: è semplicemente offerto a tutti, buoni e cattivi. Al figlio scapestrato così come al figlio che ritiene se stesso 'bravo', sol perché ha fatto " quello che doveva fare"(17,10) e si arroga il diritto di condannare il fratello. Nel cuore misericordioso del Padre nessun figlio è escluso dal suo Amore, nessun figlio è talmente perduto da non potere essere cercato, ritrovato ed avvolto dal suo abbraccio benedicente. E che la festa abbia inizio.