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sabato 12 novembre 2016

"Una comunità che discerne: i monaci trappisti di Tibhirine" a cura di Alberto Neglia (VIDEO INTEGRALE)

"Una comunità che discerne:
 i monaci trappisti di Tibhirine" 
a cura di p. Alberto Neglia, ocarm

(VIDEO INTEGRALE)



I MERCOLEDÌ DELLA SPIRITUALITÀ - 2016 
promossi dalla
Fraternità Carmelitana
di Barcellona Pozzo di Gotto

DISCERNIMENTO E RESPONSABILITÀ 
“Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono” 
(1Ts 5,21)


Mercoledì 9 ottobre - "Una comunità che discerne: i monaci trappisti di Tibhirine" 

«Quando si profila un ad-Dio. Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese.[…] Venuto il momento, vorrei avere quell’attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito» 

Questi sono due passaggi del Testamento di fratel Christian priore della comunità dei monaci trappisti di Tibhirine, in Algeria, uccisi nel maggio 1996. Sono annotazioni che fanno emergere lo spirito con cui tutta la comunità si poneva di fronte a Dio, ma anche tra i fratelli algerini, massicciamente musulmani. 

1. Il “profilarsi di un ad-Dio”, drammatica possibilità 
Christian scrive il Testamento, quando il “profilarsi di un ad-Dio” non è ipotesi teorica, evanescente, ma drammatica possibilità che questo ad-Dio possa verificarsi, da un momento all’altro perché l’Algeria sta vivendo il dramma della guerra civile, tra i militari al potere e il Gruppo Islamico armato (GIA), con tutte le conseguenze di violenza e di morte che comporta qualsiasi guerra civile. Il Testamento viene scritto il 1 dicembre 1993, allo scadere del tempo concesso, dal GIA, agli stranieri di lasciare l’Algeria. E viene confermato il 1 gennaio 1994. Nel frattempo, avvengono fatti drammatici. 

È importante, allora cercare di capire perché questi monaci (e non sono gli unici) hanno deciso di “resistere” continuando a vivere la loro esperienza evangelica in un territorio sempre più segnato dalla violenza e dalla morte. Lo faremo ripercorrendo questi anni e lo stato d’animo di questi “testimoni” attraverso varie testimonianze, ma in modo particolare attraverso la lettura del Diario (= D) di uno di essi, fratel Chistophe. Il Diario abbraccia il periodo che va dall’8 agosto 1993 al 19 marzo 1996. È un testo che, mentre registra alcuni avvenimenti, ci rivela soprattutto la densa interiorità di chi scrive e di riflesso l’animus della comunità in quel contesto di violenza. 
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