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giovedì 26 gennaio 2017

Proposta da pazzi: abolire il carcere! di Aldo Pintor e L’ergastolo esisterà fin quando lo faranno esistere gli stessi ergastolani di Carmelo Musumeci

Proposta da pazzi: abolire il carcere! 
di Aldo Pintor

“Una pena che sia fine a se stessa, che non da luogo a nessuna speranza è una tortura e non una pena”. Queste parole pronunciate da Papa Francesco nella tragica estate 2016, sono una inequivocabile condanna della pena dell'ergastolo in quanto essa togliendo ogni speranza al condannato è solo una disumana e disumanizzante vendetta del tutto contraria allo spirito evangelico. Sempre più spesso questa pena viene contestata da vari settori della società civile in quanto incompatibile con l'art. 27 della nostra Costituzione che dice che le pene devono essere finalizzate alla rieducazione del condannato e non essere inutilmente afflittive. Nonostante la contraddizione evidente, (è ovvio che se uno non finisce mai di scontare quella pena non lo sta rieducando) la Corte Costituzionale ha sempre considerato l'ergastolo compatibile col dettato costituzionale.

Purtroppo, nei tristi giorni che stiamo vivendo tra stragi assurde e politici scimiottanti nel linguaggio i gradassi di quartiere si sentono, oltre che squallidi desideri di reintroduzione della pena di morte, udire frasi proprio inadeguate a chi rappresenta un paese. “Marcisca in carcere”, “si buttino le chiavi in mare” e altre simili espressioni. Questa volgarità di linguaggio è purtroppo di uso frequente anche tra persone il cui livello di istruzione e il ruolo istituzionale dovrebbe garantire sentimenti migliori. 
Se siete anche voi sconsolati per la barbarie verbali del nostro paese (per rendercene conto basta dare un occhiata ai social network) consiglio la lettura di uno splendido libro, edito da Sellerio, “Fine pena ora”. Da queste pagine ritroveremo, con sollievo, un po' della nostra umanità e troveremo ulteriori conferme circa il fallimento del sistema carcerario come metodo di espiazione delle pene.

Un magistrato torinese, Elvio Fassone, ha dato alla stampa la commovente corrispondenza intercorsa tra lui e un ragazzo di 21 anni da lui condannato all'ergastolo. Il ragazzo si chiama Salvatore e nonostante la giovane età era un temuto capo cosca dei clan catanesi che negli anni 80 si erano insediati a Torino. Il coraggio del giudice gli ha fatto prendere in mano una penna e mettere per iscritto quanto voleva dire a questo ragazzo cui con una sentenza legittima e nel complesso comprensibile aveva per sempre negato un futuro. Durante un duro processo, ricordiamo gli spietati crimini che i clan catanesi avevano commesso a Torino in quegli anni ma aveva colto in questo ragazzo dei barlumi insospettati di umanità. Sopratutto la frase di Salvatore rivolta a Fassone “Se suo figlio nasceva dove sono nato io nella gabbia adesso ci stava lui e se io fossi nato dove è nato suo figlio ora forse ero avvocato e magari ero pure bravo” non ha mai smesso di rimbombare dentro la sensibile coscienza del magistrato. Tanto da fargli cercare tenacemente il contatto che ha dato vita a questo libro che comprende ventisei anni di corrispondenza. Come viene sottolineato, nemmeno due amanti possono avere una corrispondenza così lunga. In queste lettere sempre aperte da “Caro Salvatore” o “Caro presidente” si può leggere tutto il triste percorso intramurario che una persona condannata all'ergastolo in così giovane età incontra, speranze, delusioni, sogni, preoccupazioni, perfino tentativi di suicidio. E alla fine il fine pena è sopraggiunto per la sconfitta della resistenza umana e non per benefici previsti dalla legge.
Queste pagine esenti da pesantezze teoriche e didascaliche ci aiutano a cogliere l'umanità dove nessuno l'aveva colta e che un ergastolano è pur sempre un uomo che vale più delle sue pur abiette azioni.

Concludiamo questa recensione con le parole dell'immortale libro di Gibran. Ecco le parole del profeta del Libano: “Vi ho udito spesso parlare di chi commette un torto come se non fosse uno di voi ma un estraneo, un intruso nel vostro mondo. Ma io vi dico che anche il santo e il giusto non possono levarsi oltre l'altezza che è in ciascuno di voi. Così il malvagio e il debole non possono cadere più in basso della bassezza che ugualmente è in voi”.


L’ergastolo esisterà fin quando lo faranno esistere gli stessi ergastolani
di Carmelo Musumeci

All'inizio della mia lunga carcerazione avevo letto queste parole di Victor Hugo: "Coloro che vivono sono quelli che lottano". E io ho subito iniziato a lottare con il corpo, poi con la testa e alla fine con il cuore. Prima l'ho fatto per rimanere umano, dopo per sopravvivere, alla fine per vivere. Credetemi: lottare, pensare, sognare mi sono costati anni di regimi duri, punitivi e d'isolamento perché spesso per ritorsione mi impedivano persino di avere libri o una penna per scrivere. E in certi casi mi lasciavano la penna ma mi levavano la carta.

Ad un certo punto, ho deciso di relazionarmi con la società esterna per smettere di parlare da solo con le pareti della mia cella. Una volta, infatti, lessi questa frase scritta tra le mura di un lager nazista: "Sono stato qui e nessuno lo saprà mai". Queste parole mi spronarono a scrivere per fare sapere all'opinione pubblica come vive e cosa pensa un uomo condannato ad essere cattivo, maledetto e colpevole per sempre.
Pochi ergastolani, purtroppo, sono consapevoli che niente cambierà se non saranno loro stessi a far cambiare le cose; molti di loro, infatti, si cullano di illusioni e continuano a sognare e a sperare che un giorno qualcuno li libererà: il Papa, il Presidente della Repubblica, la misericordia degli umani, ecc... no!
Molti di loro nessuno li libererà. Purtroppo, lo farà solo la morte. Per questo, in un quarto di secolo, ho spesso detto ai miei compagni: "L'ergastolo esisterà fin quando lo faranno esistere gli stessi ergastolani" perché di fronte a una pena così crudele bisogna ribellarsi.
Lo si può fare in modo pacifico, sognando, scrivendo e urlando fra le sbarre delle vostre finestre, perché una società che mura una persona viva per sempre senza la compassione di ucciderla, aggiunge male ad altro male.
L'Associazione Liberarsi, che da anni lotta per l'abolizione dell'ergastolo e del regime di tortura del 41 bis, ha deciso di mettere a disposizione di tutta la popolazione detenuta, in particolare dei condannati all'ergastolo e alle lunghe pene, il suo sito liberarsi.org e il suo periodico cartaceo "Mai dire mai".

Mi ha incaricato inoltre, grazie al mio attuale regime di semilibertà, di curare una rubrica settimanale intitolata "Rassegna Stampa fine pena 9.999" per diffondere le notizie e le testimonianze che mi arriveranno direttamente dagli ergastolani, dai detenuti, dai loro familiari, dagli avvocati e da tutti gli addetti ai lavori. Chi volesse aderire al progetto per avere voce e luce può farlo scrivendomi al seguente indirizzo postale: 
Carmelo Musumeci, c/o Comunità Papa Giovanni XXIII. Via del Convento, 7. 06031 Bevagna (Perugia), oppure tramite i seguenti indirizzi email: 
(fonte: Ristretti Orizzonti - Articolo pubblicato da L'Unità, 25 gennaio 2017)

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