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mercoledì 26 aprile 2017

Benedetto XVI - Il film- documento di La Grande Storia e l'opinione del teologo Andrea Grillo (Video e testo)

Benedetto XVI
Il film- documento di La Grande Storia 
e l'opinione del teologo Andrea Grillo 
(Video e testo)


Quale è la vera storia di Papa Ratzinger? Perché si è dimesso? E’ vero che nel suo nome molti, in silenzio, si ritrovano? Quali i reali rapporti con Papa Francesco? Perché ha deciso di restare in Vaticano? Come ha realmente affrontato le tempeste che hanno investito la Chiesa? I fatti sono troppo recenti e non sono ancora entrati nella Storia. Per raccontare un pontefice tedesco, colto, complesso, entrato in seminario al tempo di Hitler, occorre quella pacata distanza che solo il tempo e una onesta ricerca storiografica possono assicurare. Ma, sebbene ancora dentro i fatti, è opportuno cominciare a osservare la cronaca con gli occhi della Storia e cominciare a dare le prime risposte.
Nel giorno di Pasqua 2017, il 16 aprile, in occasione del 90° genetliaco di Joseph Ratzinger, La Grande Storia, in onda alle 20.00 su Rai3, ha realizzato un film-documento su Benedetto XVI, con straordinarie immagini inedite ritrovate negli archivi tedeschi, testimonianze esclusive e la partecipazione di padre Federico Lombardi, Monsignor Georg Gänswein, il cardinale di Vienna Christoph Schönborn, il fondatore della Comunità di Bose Enzo Bianchi, lo storico Andrea Riccardi e il matematico Piergiorgio Odifreddi. Nella puntata i consueti interventi di Paolo Mieli.
La grande storia. 
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Il responsabile del programma Luigi Bizzari ha affermato ad Avvenire: «Ad oggi sappiamo troppo poco di ciò che Benedetto XVI ha fatto realmente per la Chiesa anche per la riservatezza di cui parlavamo prima. Una vera valutazione potremo farla, forse, tra vent’anni. Certo è, ad esempio, che contro la piaga della pedofilia ha fatto forse più di tutti eliminando il segreto pontificio. Lo stesso vale per Vatileaks: ancora non conosciamo le vere motivazioni e i mandanti di quello scandalo, sarà la storia a dare il suo verdetto». Così come consegnata alla storia rimarrà la scelta di rassegnare le dimissioni, quell’indimenticabile 11 febbraio 2013: «Hanno pesato l’età, i problemi con la curia, le valanghe che gli sono cadute addosso. Ma colpisce la sua scelta di una vita orante e di una sorta di convivenza, dentro le mura Leonine, con il suo successore».



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La Grande Storia - trasmessa il 16 aprile 2017

Papa Benedetto: luci e ombre di una successione senza morte
di Andrea Grillo*


Da 4 anni a Roma, accanto al Vescovo e papa Francesco, abbiamo un vescovo emerito, che ha appena compiuto 90 anni. Per la nomenclatura episcopale questo non è nulla di straordinario. Ma per l’istituzione e l’immaginario papale, così come sono venuti strutturandosi soprattutto negli ultimi secoli, questa è una cosa quasi inconcepibile. Che ci sia, accanto al papa “regnante”, un papa “emerito”, rappresenta una implicita rilettura dell’autorità papale e un ripensamento della sua funzione ecclesiale.


Bisogna riconoscere apertamente che questa decisione di papa Benedetto ha portato la Chiesa cattolica ad una obiettiva accelerazione. Dopo tanto freno, una accelerata improvvisa e provvidenziale. Nello stesso tempo il permanere, accanto a Francesco, della figura del “papa emerito”, che veste ancora di bianco, che rimane “autorecluso in preghiera” nel recinto di San Pietro in Vaticano, ha offerto qualche ragione a formulazioni confuse, a teorie distorte, a pasticci istituzionali e personali. Anche al di là delle intenzioni. 


Dunque la scelta di Benedetto è stata lungimirante e insieme traumatica. Ha introdotto una condizione provvisoria che può essere letta come parallelismo tra papi, come integrazione tra prospettive, come articolazione tra ministeri... e la fantasia non manca né fuori, né dentro il Vaticano. 


È proprio il prolungarsi di questa condizione che deve far riflettere, mostrando i limiti intrinseci della soluzione adottata. Una certa “personalizzazione” dell’emeritato dovrà essere in futuro esclusa. Niente veste bianca, niente prossimità di sede con il papa, nessuna comunicazione pubblica dovrebbero diventare condizioni formali per il possibile ripetersi di una tale esperienza.


Solo a queste condizioni il successore sarebbe effettivamente libero di procedere “oltre” senza il condizionamento di una “prossimità” troppo ingombrante.


Il fatto che su alcune decisioni e su alcune nomine il papa emerito abbia ancora esercitato una autorità – fosse anche solo un diritto di veto – determina una alterazione del sistema che a lungo andare diventa troppo difficile da gestire. Stilizzazione monastica claustrale e conservazione di ambiti di autorità non si lasciano affatto armonizzare su tempi lunghi.


Un esempio significativo di questa ambiguità sta nella pubblicazione, in occasione dei 90 anni del vescovo emerito, di un “inedito” – risalente a due anni fa – in cui viene presentato un discorso sulla liturgia letteralmente “traumatizzato” dalla riforma liturgica e nel quale si confonde la liturgia con una sua lettura apologetica e antimodernistica, che ha al centro l’affermazione del primato dell’agire di Dio sull’agire dell’uomo. Questa idealizzazione della liturgia fraintende le ragioni della Riforma liturgica e ne distorce profondamente il senso. Dà voce ad una “voglia di contraddizione” che lo stesso Ratzinger, nelle sue “ultime conversazioni”, ha confessato come sua inclinazione di antica data. 


Tutto questo segnala un problema e una opportunità: per il papato, così come si è sviluppato negli ultimi secoli, la possibilità di una “dimissione dal ministero” diversa dalla morte del ministro è davvero una grande novità, un gesto coraggioso e una attestazione di grande realismo. Forse però nelle cose umane non si arriva mai immediatamente alla pienezza di un gesto. Proprio per questo la sua “incompiutezza” segnala anche il suo limite. Una dimissione dal ministero petrino, diversa dalla morte, deve avere caratteri di “morte” molto più accentuati. Il silenzio nella preghiera deve essere totale e deve coinvolgere anche i collaboratori. I segni esteriori, come la veste bianca, devono tramontare. La lontananza dalla autorità deve essere piena e radicale, non solo sul piano formale, ma direi anche su quello “geografico”. La rinuncia all’esercizio del ministero ridimensiona l’autorità del papa: inevitabilmente anche quella del successore. Ma solo entro limiti certi.


* Andrea Grillo è * docente di Teologia Sacramentaria presso la Facoltà Teologica del Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma e di Teologia presso l'Istituto di Liturgia Pastorale di Padova, nonché dell'Istituto Teologico Marchigiano di Ancona

(Fonte: Adista Notizie - n° 16 del 29/04/2017)