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giovedì 20 aprile 2017

Tempo di diserzioni e di Risurrezione. Mai da soli di Pierangelo Sequeri

Tempo di diserzioni e di Risurrezione. 
Mai da soli 

di Pierangelo Sequeri








L'orribile agenda parallela dei sacrifici umani ha scandito maligni contrappunti al calendario della Settimana Santa. E minaccia di continuare. I signori della morte una ragione la trovano sempre: alcuni persino una fede. Gesù non è morto in pace, del resto, né allora, né in alcuna epoca della storia. 
Dovremo tutti vergognarci della morte degli innocenti, ha detto il Papa nella riflessione sulla Via Crucis. «Vergogna per tutte le immagini di devastazioni, di distruzioni e di naufragio che sono diventate ordinare nella nostra vita. Vergogna per il sangue innocente che quotidianamente viene versato di donne, di bambini, di immigrati e di persone perseguitate per il colore della loro pelle oppure per la loro appartenenza etnica e sociale e per la loro fede in Te». Nessuno di noi può scagliare la prima pietra, certo. Il Figlio, del resto, che potrebbe, non lo fa. Il Figlio, al contrario, si mette in mezzo. Il Figlio si fa pietra d’inciampo per tutti coloro che non resistono all'idea di conservare il loro potere anche al prezzo della strage degli innocenti. E questo è un lavoro che la guerra fa sempre, inutile girarci intorno. Per non parlare del fatto che, quando fai una guerra, oltre quelli che ammazzi qui, ne ammazzi altri per la cui fame e sete non fai nulla. Oggi parliamo di guerre a bassa intensità, come se fossero più tollerabili. Intanto si accendono ovunque e inghiottono tutta la vita: intere generazioni ci convivono e imparano a uccidere e a morire fin da piccoli. Le guerre a bassa intensità devastano popoli, più che eserciti, avvelenano convivenze secolari, portano l’odio di casa in casa, trasformano ogni strada in una trincea: con le signore che fanno la spesa, i ragazzi che giocano, e tutto il resto.

È necessario un vero soprassalto di orgoglio umano, che imponga di restituire forza e onore alla sapienza umana e religiosa dei popoli. I popoli devono ritrovare di nuovo la forza di pensarsi, in primo luogo e sopra ogni cosa, come la convivenza di uomini, donne e bambini: desiderosi di pace, bisognosi di protezione, operosi di buoni pensieri e di vite migliori. Nella loro stragrande maggioranza essi sono così, se le élite non li corrompono. Il mondo sarebbe già sprofondato, altrimenti. 
La diserzione delle élite intellettuali e formative della comunità: è questa l’emergenza che rende incontenibile la violenza e la guerra. L’onore e la sapienza dei popoli rimangono senza rappresentanza. In compenso, abbiamo bombe intelligenti e superdistruttive. I signori del denaro e i tecnocrati del progresso, che istupidiscono le élite, non sono interessati a onorare la sapienza dei popoli: perché sono senza onore. Reclamare libertà è sacrosanto, certo, non si discute neppure. Ma pretendere più intelligenza e più moralità, per l’accesso alle élite intellettuali e politiche che devono rappresentare degnamente l’umano, non è il vero tema cruciale della nostra crisi? Come si produce intelligenza dell’umano, nel nostro mondo scientificamente amministrato? Paolo VI, nella sua Populorum Progressio, aveva posto con nettezza la questione del pericoloso divario fra indifferenza umanistica e formazione tecnocratica. Papa Francesco, nella sua Laudato si’, ha esposto con passione e determinazione gli effetti globali di questa divaricazione. Le élite intellettuali - per ora - hanno sussiegosamente discusso i dettagli tecnici, e sostanzialmente disertato la responsabilità morale di questo appello.

Il Signore è nel mezzo della nostra storia, non si tira indietro. Il cristianesimo stesso, con tutte le sue debolezze e le sue vulnerabilità, si lascerà purificare dalla misericordia di Dio, si riprenderà l’amore dal quale è nato e sempre rinasce, non si toglierà di mezzo. Molti hanno già versato il loro sangue, per questo.

(Fonte:Avvenire -  15 aprile 2017)


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