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lunedì 1 maggio 2017

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO IN EGITTO 28-29 APRILE 2017 /3


VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO IN EGITTO
(28-29 APRILE 2017)
VISITA DI CORTESIA A S.S. PAPA TAWADROS II
Patriarcato Copto-Ortodosso, Il Cairo
Venerdì, 28 aprile 2017

Nella residenza patriarcale del Papa copto Tawadros II, che sorge nel vecchio Cairo cristiano e comprende la cattedrale dedicata a san Marco, Papa Francesco vive l’ultimo appuntamento della sua prima giornata in Egitto. Qui nel dicembre 2016, durante i festeggiamenti per il “Mawalidˮ, l’anniversario della nascita di Maometto, un ordigno esplose a poca distanza dagli uffici del patriarca provocando 29 morti e 31 feriti fra i fedeli. 
Tawadros II ha atteso la macchina del Papa all'ingresso e il primo gesto tra i due è stato un abbraccio prolungato. Al termine dell’incontro privato, i discorsi e insieme papa Francesco e Tawadros II hanno sottoscritto una dichiarazione comune e infine hanno pregato nella Chiesa di San Pietro per rendere omaggio alle vittime dell’attentato terroristico.



La Vostra visita di oggi è un nuovo passo sulla via dell’amore e della fraternità tra i popoli. Voi siete uno dei simboli della pace in un mondo tormentato dai conflitti e dalle guerre. Un mondo che anela e desidera ardentemente sforzi sinceri per diffondere la pace e l’amore, e per contrastare la violenza e l’estremismo”. Sono le parole di saluto che papa Tawadros II ha rivolto a papa Francesco accogliendolo nella sede del Patriarcato al Cairo. “Benvenuto Santità nella terra del nostro amato Egitto che troppo spesso paga con sangue innocente, offrendo il suo fiore più bello che sono i nostri giovani, affinché l’Egitto rimanga sempre terra di pace per tutti. Diamo il benvenuto a Voi Santità, papa della pace nella terra della pace”.

Tawadros II ricorda poi gli stretti legami che uniscono le sedi di san Pietro e san Marco e l’incontro avuto con papa Francesco in Vaticano il 10 maggio 2013 in ricordo della Dichiarazione comune firmata quel giorno nel 1973 da papa Shenouda III e papa Paolo VI. “Vostra Santità – ha quindi detto Tawadros -, attendiamo il giorno in cui spezzeremo insieme il pane sul sacro altare, il giorno in cui tutte le campane delle chiese suoneranno insieme per celebrare la nascita del Salvatore o la Sua Risurrezione”. Molto forti le parole di gratitudine che il Patriarca copto ortodosso ha rivolto a papa Francesco per l’operato in Egitto delle congregazioni religiose ma anche per la generosità di cardinali e vescovi in tutto il mondo, che “con amore cristiano e solidarietà sincera, non hanno esitato ad aprire le loro chiese ai nostri figli per dare loro l’occasione di innalzare le loro preghiere e celebrare i loro riti”.

Discorso del Santo Padre

Il Signore è risorto, è veramente risorto! [Al Massih kam, bilhakika kam!]

Santità, carissimo Fratello,

è da poco trascorsa la grande Solennità di Pasqua, centro della vita cristiana, che quest’anno abbiamo avuto la grazia di celebrare nello stesso giorno. Abbiamo così proclamato all’unisono l’annuncio della Risurrezione, rivivendo, in un certo senso, l’esperienza dei primi discepoli, che in quel giorno insieme «gioirono al vedere il Signore» (Gv 20,20). Questa gioia pasquale è oggi impreziosita dal dono di adorare insieme il Risorto nella preghiera e di scambiarci nuovamente, nel suo nome, il bacio santo e l’abbraccio di pace. Sono tanto grato di questo: giungendo qui come pellegrino, ero certo di ricevere la benedizione di un Fratello che mi aspettava. Grande era l’attesa di ritrovarci: mantengo infatti ben vivo il ricordo della visita di Vostra Santità a Roma, poco dopo la mia elezione, il 10 maggio 2013, una data che è felicemente diventata l’occasione per celebrare ogni anno la Giornata di amicizia copto-cattolica.

Nella gioia di proseguire fraternamente il nostro cammino ecumenico, desidero ricordare anzitutto quella pietra miliare nelle relazioni tra la sede di Pietro e quella di Marco che è la Dichiarazione Comune firmata dai nostri Predecessori più di quarant’anni prima, il 10 maggio 1973. In quel giorno, dopo «secoli di storia difficili», nei quali «si sono manifestate differenze teologiche, alimentate e accentuate da fattori di carattere non teologico» e da una sempre più generalizzata sfiducia nei rapporti, con l’aiuto di Dio si è arrivati a riconoscere insieme che Cristo è «Dio perfetto riguardo alla Sua Divinità e perfetto uomo riguardo alla Sua umanità» (Dichiarazione Comune firmata dal Santo Padre Paolo VI e da Sua Santità Amba Shenouda III, 10 maggio 1973). Ma non meno importanti e attuali sono le parole immediatamente precedenti, con le quali abbiamo riconosciuto «il nostro Signore e Dio e Salvatore e Re di tutti noi, Gesù Cristo». Con queste espressioni la sede di Marco e quella di Pietro hanno proclamato la signoria di Gesù: insieme abbiamo confessato che a Gesù apparteniamo e che Egli è il nostro tutto.

Di più, abbiamo compreso che, essendo suoi, non possiamo più pensare di andare avanti ciascuno per la sua strada, perché tradiremmo la sua volontà: che i suoi siano «tutti […] una sola cosa […] perché il mondo creda» (Gv 17,21). Al cospetto del Signore, che ci desidera «perfetti nell’unità» (v. 23) non ci è più possibile nasconderci dietro i pretesti di divergenze interpretative e nemmeno dietro secoli di storia e di tradizioni che ci hanno reso estranei. Come qui disse Sua Santità Giovanni Paolo II: «Non c’è tempo da perdere al riguardo! La nostra comunione nell’unico Signore Gesù Cristo, nell’unico Spirito Santo e nell’unico Battesimo rappresenta già una realtà profonda e fondamentale» (Discorso durante l’incontro ecumenico, 25 febbraio 2000). Vi è, in questo senso, non solo un ecumenismo fatto di gesti, parole e impegno, ma una comunione già effettiva, che cresce ogni giorno nel rapporto vivo con il Signore Gesù, si radica nella fede professata e si fonda realmente sul nostro Battesimo, sull’essere “nuove creature” (cfr 2 Cor 5,17) in Lui: insomma, «un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo» (Ef 4,5). Da qui ripartiamo sempre, per affrettare il giorno tanto desiderato in cui saremo in piena e visibile comunione all’altare del Signore.

In questo appassionante cammino che – come la vita – non è sempre facile e lineare, ma nel quale il Signore ci esorta ad andare avanti, non siamo soli. Ci accompagna un’enorme schiera di Santi e di Martiri che, già pienamente uniti, ci spinge a essere quaggiù un’immagine vivente della «Gerusalemme di lassù» (Gal 4,26). Tra costoro, certamente oggi si rallegrano in modo particolare del nostro incontro i Santi Pietro e Marco. È grande il legame che li unisce. Basti pensare al fatto che san Marco collocò al cuore del suo Vangelo la professione di fede di Pietro: «Tu sei il Cristo». Fu la risposta alla domanda, sempre attuale, di Gesù: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Mc 8,29). Anche oggi tanta gente non sa dare risposta a questo interrogativo; manca persino chi lo susciti e soprattutto chi offra in risposta la gioia di conoscere Gesù, quella stessa gioia con cui abbiamo la grazia di confessarlo insieme.

Insieme siamo dunque chiamati a testimoniarlo, a portare al mondo la nostra fede, prima di tutto nel modo che alla fede è proprio: vivendola, perché la presenza di Gesù si trasmette con la vita e parla il linguaggio dell’amore gratuito e concreto. Copti ortodossi e Cattolici, possiamo sempre più parlare insieme questa lingua comune della carità: prima di intraprendere una iniziativa di bene, sarebbe bello chiederci se possiamo farla con i nostri fratelli e sorelle che condividono la fede in Gesù. Così, edificando la comunione nella concretezza quotidiana della testimonianza vissuta, lo Spirito non mancherà di aprire vie provvidenziali e impensate di unità.

È con questo costruttivo spirito apostolico che Vostra Santità continua a riservare un’attenzione genuina e fraterna nei confronti della Chiesa copta cattolica: una vicinanza di cui sono tanto grato e che ha trovato lodevole espressione nel Consiglio Nazionale delle Chiese Cristiane, al quale ha dato vita perché i credenti in Gesù possano operare sempre più insieme, a beneficio dell’intera società egiziana. Ho tanto apprezzato anche la generosa ospitalità offerta al 13° incontro della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse Orientali, che qui ha avuto luogo lo scorso anno su vostro invito. È un bel segno che l’incontro seguente si sia svolto quest’anno a Roma, quasi a dire una particolare continuità tra le sedi di Marco e di Pietro. Nelle Sacre Scritture, Pietro sembra in qualche modo ricambiare l’affetto di Marco chiamandolo «figlio mio» (1 Pt 5,13). Ma i legami fraterni dell’Evangelista e la sua attività apostolica riguardano anche san Paolo che, prima di morire martire a Roma, parla della provvida utilità di Marco nel ministero (cfr 2 Tm 4,11) e lo cita più volte (cfr Fm 24; Col 4,10). Carità fraterna e comunione di missione: questi i messaggi che la Parola divina e le nostre origini ci consegnano. Sono i semi evangelici che abbiamo la gioia di continuare a irrigare e, con l’aiuto di Dio, far crescere insieme (cfr 1 Cor 3,6-7).

La maturazione del nostro cammino ecumenico è sostenuta, in modo misterioso e quanto mai attuale, anche da un vero e proprio ecumenismo del sangue. San Giovanni scrive che Gesù è venuto «con acqua e sangue» (1 Gv 5,6); chi crede in Lui, così «vince il mondo» (1 Gv 5,5). Con acqua e sangue: vivendo una vita nuova nel nostro comune Battesimo, una vita di amore sempre e per tutti, anche a costo del sacrificio del sangue. Quanti martiri in questa terra, fin dai primi secoli del Cristianesimo, hanno vissuto la fede eroicamente e fino in fondo, versando il sangue piuttosto che rinnegare il Signore e cedere alle lusinghe del male o anche solo alla tentazione di rispondere con il male al male. Ben lo testimonia il venerabile Martirologio della Chiesa Copta. Ancora recentemente, purtroppo, il sangue innocente di fedeli inermi è stato crudelmente versato. Carissimo Fratello, come unica è la Gerusalemme celeste, unico è il nostro martirologio, e le vostre sofferenze sono anche le nostre sofferenze, il loro sangue innocente ci unisce. Rinforzati dalla vostra testimonianza, adoperiamoci per opporci alla violenza predicando e seminando il bene, facendo crescere la concordia e mantenendo l’unità, pregando perché tanti sacrifici aprano la via a un avvenire di comunione piena tra noi e di pace per tutti.

La meravigliosa storia di santità di questa terra non è particolare solo per il sacrificio dei martiri. Appena terminate le antiche persecuzioni, sorse una forma nuova di vita che, donata al Signore, nulla tratteneva per sé: nel deserto iniziò il monachesimo. Così, ai grandi segni che in passato Dio aveva operato in Egitto e nel Mar Rosso (cfr Sal 106,21-22), seguì il prodigio di una vita nuova, che fece fiorire di santità il deserto. Con venerazione per questo patrimonio comune sono venuto pellegrino in questa terra, dove il Signore stesso ama recarsi: qui, glorioso scese sul monte Sinai (cfr Es 24,16); qui, umile trovò rifugio da bambino (cfr Mt 2,14).

Santità, carissimo Fratello, lo stesso Signore ci conceda di ripartire oggi, insieme, pellegrini di comunione e annunciatori di pace. In questo cammino ci prenda per mano Colei che qui ha accompagnato Gesù e che la grande tradizione teologica egiziana ha acclamato fin dall’antichità Theotokos, Genitrice di Dio. In questo titolo si uniscono mirabilmente l’umanità e la divinità, perché nella Madre Dio si è fatto per sempre uomo. La Vergine Santa, che sempre ci conduce a Gesù, sinfonia perfetta del divino con l’umano, porti ancora un po’ di Cielo sulla nostra terra.

Guarda il video del discorso del Papa


DICHIARAZIONE COMUNE
DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
E DI SUA SANTITÀ TAWADROS II

1. Noi, Francesco, Vescovo di Roma e Papa della Chiesa Cattolica, e Tawadros II, Papa di Alessandria e Patriarca della Sede di San Marco, rendiamo grazie nello Spirito Santo a Dio per averci concesso la felice opportunità di incontrarci ancora, di scambiare l’abbraccio fraterno e di unirci nuovamente in comune preghiera. Diamo gloria all’Onnipotente per i vincoli di fraternità e di amicizia che sussistono tra la Sede di San Pietro e la Sede di San Marco. Il privilegio di trovarci insieme qui in Egitto è un segno che la solidità della nostra relazione sta aumentando di anno in anno e che stiamo crescendo nella vicinanza, nella fede e nell’amore di Cristo nostro Signore. ...



Una processione, con un canto pasquale, la deposizione di una corona di fiori e l’accensione di un cero: sono stati questi i momenti più salienti che hanno scandito la preghiera di Papa Francesco, di Tawadros, di Bartolomeo I, al muro dei martiri nella chiesa di san Pietro, nel quartiere di al-Abassiya, dove lo scorso 11 dicembre persero la vita 29 persone in seguito a un attacco terroristico. Quel giorno i corpi dei feriti e dei morti furono trasportati dall’interno della Chiesa a ridosso di un muro fuori la Chiesa che rimase intriso del loro sangue. Oggi davanti a quel muro è stato posto un vetro di protezione e quel luogo è diventato meta di pellegrinaggio e di preghiera, un vero e proprio “muro dei martiri”. La lettura, a più voci dei patriarchi, del Vangelo di Marco, in cui sono risuonate le Beatitudini, ha fatto da sfondo alla preghiera cui hanno partecipato anche esponenti di altre Confessioni cristiane. Dopo il Vangelo sono seguite le preghiere spontanee di Papa Francesco che ha chiesto di benedire “i fratelli vescovi presenti, tutti i fratelli cristiani. Portaci lungo il cammino della carità nella grazia dell’Eucarestia”. Da Tawadros è giunto il ringraziamento a Dio “per la grazia di questo giorno e per la presenza del fratello Francesco e degli atri patriarchi”. Tawadros ha pregato anche “per i martiri di questa Chiesa e per l’Egitto”. Dopo la lettura del Vangelo i patriarchi si sono scambiati un gesto di pace. Il canto del Padre Nostro è stato il preludio alla processione verso l’esterno della Chiesa. Fuori il Papa ha acceso una candela posta poi ai piedi del muro dei martiri, lasciando a terra un mazzo di fiori. Lo stesso hanno fatto i patriarchi presenti.





 



Preghiera spontanea di Papa Francesco:

Signore Gesù, ti chiedo di benedirci. Benedici il mio fratello, Papa Tawadros II, e benedici tutti i fratelli Vescovi che sono qui. Benedici tutti i fratelli cristiani. Guidaci sulla via della carità, del lavorare insieme, alla mensa comune dell’Eucaristia. Amen.



 

Guarda il video integrale


SALUTO DEL SANTO PADRE AI GIOVANI EGIZIANI
Nunziatura, Il Cairo
Venerdì, 28 aprile 2017

Buona sera a tutti voi! Sono contento di trovarvi! So che siete venuti in pellegrinaggio: è vero? Se è vero, è perché voi siete coraggiosi!
Domani avremo la Messa nello stadio, tutti insieme, e pregheremo insieme e canteremo insieme e faremo festa insieme!
Prima di ritirarmi, vorrei pregare con voi. Preghiamo insieme il Padre Nostro.

[recita del Padre Nostro in arabo]

E adesso vorrei darvi la benedizione, ma prima ognuno di voi pensi alle persone che ama di più; pensi anche alle persone a cui non vuole bene e in silenzio ognuno di voi preghi per queste persone: per quelle a cui vuole bene e per quelle a cui non vuole bene. E vi do la benedizione, a voi e a queste persone.

[Benedizione]

Viva l’Egitto!



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