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sabato 23 settembre 2017

“È scalzo il nostro prete” di Felice Scalia

“È scalzo il nostro prete” 
di Felice Scalia

Riflessione pubblicata su  “HOREB” 
tracce di spiritualità a cura dei Carmelitani 
anno XXVI - 2017 - n. 2 – 
La riforma della Chiesa, oggi” 





Per quanti di noi siamo ancora ancorati alla teologia deduttiva, quella che cerca di fare calare sulla terra un principio teologico “celeste” e quindi spinge a realizzare i “sogni” di Dio, fa una certa impressione sentire un papa che invece ci invita a metterci in contemplazione della vita normale di un qualsiasi autentico parroco per vedere in essa i segni del Regno che viene. Non siamo ancora abituati alla spiritualità di Francesco, al suo gusto di ascoltare prima le grida del popolo, gli aneliti dei cuori, per comprendere poi che intende ottenere la stessa Parola di Dio. 
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“Poveraccismo” e povertà evangelica 
«Questo papa ci vuole ridurre alla fame» – «Questo papa non tiene conto della dignità sacerdotale» – «Dalla fine del mondo non è arrivato un povero cristiano ma un poveraccista che scambia il mondo per una favela»… Queste reazioni al papa argentino le abbiamo sentite fin dal 2013. Chi sa come certi preti, già impauriti per la venuta di un papa anomalo, hanno accolto l’espressione “è scalzo il nostro prete”. Anche se a prima vista quella frase ci spiazza, forse è il caso di prenderla sul serio, cioè dal cominciare a chiederci se essa indica o no un rimedio alla situazione sociale ed ecclesiale che stiamo vivendo.
Per quanti di noi vivono «come ai tempi di Noè in cui tutti mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito» (Mt 24,37-44): vivevano cioè la vita ordinaria senza accorgersi né del disastro che incombeva, né della vita nuova a cui erano chiamati; per quanti di noi tutto ciò che succede è ovvio, e siamo del tutto indifferenti alla disumanità in doppio petto e feroce che miete vittime innocenti ogni giorno, per noi non si sa bene che voglia dire “salvezza”, “venuta del Signore”, “cieli nuovi e terra nuova”. Papa Francesco è di altra razza. Per lui il mondo è retto da un sistema pagano di forza e ricchezza che esige una “chiesa testimoniante”, una proposta seria del Vangelo, e preti che siano “santi”, cioè “altri”, come “altro” è stato il loro Signore. Cioè preti poveri, così ricchi della loro povertà da non avere bisogno di nulla per salvaguardare la loro dignità e la libertà del loro amore disinteressato al popolo di Dio. Se le scarpe rosse papali furono ripudiate dal papa perché un resto dei segni della divinità degli imperatori romani, se le scarpe nere con cui cammina l’uomo comune fa del papa non un superuomo ma un fratello tra fratelli, è poi così strambo che a noi si dica di essere “scalzi”, come lo era Mosè nel luogo santo che calpestava? Che segno sarebbero le macchine blu su cui vorremmo volentieri viaggiare, il “decoro” dei “palazzi” dove si ostenta benessere molto terrestre e tranquillità da sonnacchiosi? Forse solo la conferma che il Vangelo è una scusa per noi, una “merce” come un’altra per costruire le nostre promozionisociali. “Scalzi” in un mondo ricco e amante del lusso sfrenato, è parola fin troppo evocativa per chi sa che non c’è salvezza, a nessun livello, se non si comincia ad essere, fin da ora alternativi al sistema pseudocristiano che abbiamo costruito noi cristiani. La povertà evangelica non è “poveraccismo”, non è neoplatonismo, non è disprezzo del corpo e dei beni della terra, non è questo nostro ipocrita avere tutto ed ostentare “comprensione per il sacrificio, la sofferenza, il destino, la grandezza” di coloro che noi abbiamo condannato a non avere niente. Povertà secondo Gesù è “adorazione” della vita delle persone poste sempre prima delle cose, adorazione di Dio-Amore e ripudio di Mammona. Povertà è sentire di avere ricevuto tutto da Dio e dagli altri. Sentirsi come mendicanti che per tutto hanno steso la mano a Dio ed ai fratelli. Povertà è sapere che l’unica nostra ricchezza è la dignità di figli di Dio che ci fa capaci di accogliere e dare amore
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“È scalzo il nostro prete”  di Felice Scalia (PDF)


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