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mercoledì 18 ottobre 2017

Perché è l' amore la più alta forma del pensiero di Vito Mancuso

Perché è l' amore
 la più alta forma del pensiero
di Vito Mancuso








 Io e l' Ego, il Bene e il Male, la cooperazione tra gli uomini e l' odio anticipiamo un brano del nuovo saggio del teologo Vito Mancuso Analizzando più da vicino il pensiero in quanto vertice del processo cognitivo, occorre dire che vi sono due disposizioni fondamentali del pensare: quella volta alla costruzione, la cosiddetta pars construens, e quella volta alla distruzione, la cosiddetta pars destruens. 

(...) La dimensione costruttiva del pensiero è rappresentata dal logos che vuole logica e che produce saggezza e sapienza. Il pensiero come logos-logica si esercita mediante verbi quali osservare, ponderare, considerare, riconsiderare, analizzare, riflettere, meditare. A volte il pensiero come logos diviene sorgivo, come ispirato, e in questi rari momenti riproduce la logica della creazione, genera creatività; i verbi che in questo caso lo rappresentano sono intuire, ideare, scoprire, creare. La dimensione distruttiva del pensiero è rappresentata dal caos che vuole scompaginare la logica e che in questo saggio, evocando Erasmo da Rotterdam, io denomino follia, ma che più propriamente si dovrebbe denominare critica. Tale forma di pensiero si esplica mediante verbi quali criticare, disapprovare, investigare, attaccare, contestare, stigmatizzare, stroncare, demolire. (...) Esiste la possibilità di orientare il desiderio dell' Io senza identificarlo con la voracità dell' Ego? È possibile desiderare senza bramare? Esiste la possibilità di non obbedire a nulla di esteriore e al contempo però di essere in grado di dire di sì alle esigenze della giustizia anche quando ci risultano scomode, per non dire sconvenienti? (...) Nel cercare di camminare lungo il sottile crinale a cui rimandano le domande appena poste, intravedo una dimensione della vita della mente, e conseguentemente dell' esistere, di cui la tradizione parla in termini di idea e che io intendo presentare mediante l' immagine simbolica dell' amore celeste.
Ci sono gli amori terreni e di questi non c' è bisogno che dica nulla, ma ci sono anche gli amori celesti ed è di questi che desidero parlare. Chiarisco anzitutto che con questa strana espressione intendo le idee (o gli ideali) nella loro capacità di esercitare forza.
Per amori celesti intendo le idee in quanto forze non materiali che producono in noi un' intensa attrazione, non priva peraltro di sfumature erotiche perché non di rado eccita, inebria, conquista, seduce. Come la chiamate voi la vostra interiorità, quella specie di territorio misterioso che vi fa essere quello che siete al di là dell' aspetto e dell' agire esteriore e che costituisce la vostra vera personalità? La chiamate psiche? Mente? Io? Ego? Sé? Ipseità? Identità? Coscienza? Anima? Spirito? Ognuno la chiami come vuole o meglio come gli consente la sua formazione, io vi dico solo che mediante il simbolo dell' amore celeste intendo rimandare a una forza reale, non materiale, dotata di grande attrazione, esterna alla mente ordinaria, che richiama, scalda, indirizza l' interiorità umana, e che costruisce propriamente il pensiero perché dispone secondo un certo ordine architettonico i concetti che provengono dalla elaborazione dei dati sensibili. L' idea-guida è paragonabile al direttore d' orchestra che sa armonizzare i diversi musicisti; la sua assenza produce quella confusione mentale e comportamentale descritta così bene da Federico Fellini nel film Prova d' orchestra.
E parlo di amore, perché l' amore è la forza più potente che c' è.
Immagino che molti non siano d' accordo con questa mia affermazione e non faccio fatica a comprenderne il motivo, vista la presenza devastante del male.
Tuttavia io sono convinto che, nonostante la loro grande forza, il male e l' odio siano meno forti del bene e dell' amore, perché solo il bene e l' amore sono capaci di costruire, di dare energia positiva, di infondere vita e di durare.
Non sottovaluto la forza dell' odio, ma sostengo che si tratta di una forza seconda, che può solo distruggere, mai costruire e che per esistere ha bisogno di indirizzarsi contro la forza primigenia e fondamentale dell' amore, l' unica che sappia costruire ed edificare. L' odio c' è, agisce, a volte vince, ma è comunque sempre secondario, parassitario, si regge sul lavoro altrui in quanto intende negarlo; l' amore invece è primario, creativo, non ha bisogno di nulla per esserci, nasce da sé.
La differenza tra la forza dell' amore e quella dell' odio è analoga a quella tra un bambino che costruisce castelli di sabbia e un bambino invidioso che glieli sa solo distruggere: il primo esiste e lavora per sé, il secondo ha senso in funzione dell' altro.
A proposito di lavoro, è noto che secondo la fisica la materia non è altro che energia solidificata, quindi tutto quello che vediamo e tocchiamo è risolvibile nell' energia. Energia viene dal greco energheia, termine formato dalla preposizione en, che significa «in», e dal sostantivo ergon, che significa «atto, opera, lavoro »: quindi energia etimologicamente significa «in atto», «all' opera», «al lavoro». E se tutto è energia, tutto lavora.
Ora però si faccia attenzione a quanto afferma Marco Aurelio: gegonamen pros synergian, espressione di solito tradotta con «Siamo nati per la collaborazione », ma che in questo contesto è più incisiva nel suo senso letterale: «Siamo nati per la sinergia ». Il senso della vita umana in quanto umana non è semplicemente lavorare e produrre energia, ma nella sua peculiarità consiste nel suscitare una più raffinata energia capace di legami reciproci fino al vertice dell' amore, e che per questo si chiama sinergia. Il cristianesimo non dice una cosa diversa parlando di «amore del prossimo». Tale logica sinergica è così radicata in noi che quando la possiamo vivere in pienezza nell' amore concretamente corrisposto la vita fiorisce e sorride, e non c' è nulla di più compiuto e di più gioioso.
* IL LIBRO Anticipiamo un brano dal nuovo libro di Vito Mancuso, Il bisogno di pensare 
( Garzanti pagg. 188, euro 16)

Pubblicato su "La Repubblica" dell'11.10.2017