Benvenuto a chiunque è alla "ricerca di senso nel quotidiano"



sabato 11 novembre 2017

Francesco e i suoi 62 correttori di Carlo Molari

Francesco e i suoi 62 correttori 
di Carlo Molari 
in “Rocca” n. 21 del 1 novembre 2017 

Il 24 settembre scorso nel sito www.correctiofilialis.org è stata resa pubblica una lettera scritta in latino, che 62 cattolici di 20 paesi hanno inviato l’undici agosto scorso a papa Francesco come «correzione fraterna per la diffusione di eresie». Essa, di per sé, non esigeva una risposta scritta, ma una conversione. I redattori tuttavia speravano in una risposta pubblica a loro diretta come si può dedurre dal fatto che solo ora, dopo il persistente silenzio del Papa, hanno resa pubblica la lettera. Ad essere esatti nel frattempo il Papa aveva offerto elementi di risposta. 
La rivista Civiltà cattolica (quaderno 4014 del 16 settembre scorso) ha reso noto il dialogo privato che il 10 settembre scorso papa Francesco ha avuto in Colombia con un folto gruppo di gesuiti (65 per l’esattezza) convenuti nel santuario di San Pietro Claver (1581-1654) a Cartagena. In quella circostanza il Papa ha inserito in una risposta una esplicita riflessione sulla Esortazione apostolica: Amoris laetitia. Ha detto con molta serenità e rispetto degli obiettori: 
«Approfitto di questa domanda per dire una cosa che credo vada detta per giustizia, e anche per carità. Infatti, sento molti commenti – rispettabili, perché detti da figli di Dio, ma sbagliati – sull’Esortazione apostolica post-sinodale. Per capire l’Amoris laetitia bisogna leggerla da cima a fondo. A cominciare dal primo capitolo, per continuare col secondo e così via… e riflettere. E leggere che cosa si è detto nel Sinodo. Una seconda cosa: alcuni sostengono che sotto l’Amoris laetitia non c’è una morale cattolica o, quantomeno, non è una morale sicura. Su questo voglio ribadire con chiarezza che la morale dell’Amoris laetitia è tomista, quella del grande Tommaso. Potete parlarne con un grande teologo, tra i migliori di oggi e tra i più maturi, il cardinal Schönborn. Questo voglio dirlo perché aiutiate le persone che credono che la morale sia pura casistica. Aiutatele a rendersi conto che il grande Tommaso possiede una grandissima ricchezza, capace ancora oggi di ispirarci. Ma in ginocchio, sempre in ginocchio». 
Il Papa insiste doverosamente sulla preghiera che accompagna sempre la teologia e può condurre a un discernimento misericordioso. 

gli errori attribuiti al Papa 

Esaminiamo brevemente le sette accuse rivolte al Papa. Il linguaggio utilizzato è rigorosamente giuridico e indica già il clima e la prospettiva in cui le accuse sono redatte. 
La prima riguarda una particolare condizione irregolare del credente dalla quale egli non vuole liberarsi pur volendo continuare a vivere secondo il Vangelo. Il riferimento concreto è la situazione del divorziato che vive una nuova relazione matrimoniale. Secondo l’accusa il Papa sosterrebbe che questa persona pur volendo mantenere un rapporto positivo con Dio «non ha la forza con la grazia di Dio di adempiere i comandamenti oggettivi della legge divina» per cui non può osservare alcuni comandamenti mentre la grazia, realizzando un retto rapporto con Dio dovrebbe produrre sicuramente la conversione, o è sufficiente, alla conversione da ogni peccato grave. Di fatto nella Esortazione Apostolica Amoris laetitia il Papa sostiene il contrario che cioè «a causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato – che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno – si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (Al par. 305). L’aiuto della Chiesa può consistere in atti di amore, in vicinanza di solidarietà, in simpatia fraterna o in doni materiali, ma può anche consistere, come precisa il paragrafo 305 nella nota 351, nel sussidio sacramentale della penitenza e della eucaristia. A questo proposito il Papa, nella stessa nota citando l’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium del 24 novembre 2013, ricorda «ai sacerdoti... che il confessionale non deve essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» e che l’Eucaristia «non è un premio dei perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (Al 305 nota 351). Il Papa difende quindi la convinzione che la grazia di Dio può offrire al credente di sapere portare anche situazioni imperfette con il pentimento del male compiuto e l’impegno di una rinnovata fedeltà. Anche una situazione oggettiva imperfetta può essere vissuta in modo positivo e la grazia che rende giusti è così potente da rendere possibile l’esercizio dell’amore teologale anche in situazioni irregolari. 
La divergenza esiste da molto tempo tra gli stessi moralisti, alcuni dei quali, più rigorosi, giudicano la condizione di adulterio sempre peccaminosa, mentre altri ammettono la possibilità di situazioni imperfette ma che consentono un cammino ecclesiale di grazia. Gli accusatori non considerano la gradualità e la complessità delle situazioni concrete da discernere. 
La seconda accusa è una esemplificazione concreta di questa possibilità e soffre della stessa carenza di discernimento. «I cristiani che hanno ottenuto il divorzio civile dal coniuge con il quale erano validamente sposati e hanno contratto un matrimonio civile con un’altra persona (mentre il coniuge era in vita); i quali vivono ‘more uxorio’ con il loro partner civile e hanno scelto di rimanere in questo stato con piena consapevolezza della natura della loro azione e con il pieno consenso della volontà di rimanere in questo stato, non sono necessariamente nello stato di peccato mortale, possono ricevere la grazia santificante e crescere nella carità». Nel discernimento che l’Esortazione suggerisce hanno peso notevole l’armonia tra i coniugi e l’esigenza dei figli ad una educazione cristiana e anche ad un benessere spirituale dei genitori, che gli accusatori non tengono presenti. 
La terza accusa non considera tutte le situazioni concrete in cui si possono trovare i coniugi. In particolare ha importanza la distinzione tra mancanza grave e mortale, che la lettera cita ma non considera. L’accusa infatti afferma: «Un cristiano può avere la piena conoscenza di una legge divina e volontariamente può scegliere di violarla in una materia grave, ma non essere in stato di peccato mortale come risultato di quell’azione». Da tempo si distingue tra colpa mortale che conduce al rifiuto della Grazia, e colpa grave che può consentire una fedeltà zoppicante nella sequela di Cristo. La quarta accusa non considera la componente soggettiva di ogni azione umana. Attribuisce al Papa la dottrina secondo cui «una persona, mentre obbedisce alla legge divina, può peccare contro Dio in virtù di quella stessa obbedienza». È noto invece che quando il credente è convinto di ubbidire a Dio seguendo la coscienza, la sua azione, anche se imperfetta e sbagliata, non è mai peccato. 
La quinta accusa suppone che gli atti sessuali non possano mai avere una funzione positiva anche in situazioni irregolari. Presenta come errata la tesi difesa da molti moralisti secondo i quali: «la coscienza può giudicare con verità e correttezza che talvolta gli atti sessuali tra persone che hanno contratto tra loro matrimonio civile, quantunque uno dei due o entrambi siano sacramentalmente sposati con un’altra persona, [possano essere] moralmente buoni, richiesti o comandati da Dio», soprattutto quando la presenza di figli implica il dovere di fedeltà e di vita comune, accompagnata anche dall’esercizio della sessualità coniugale. 
La sesta accusa attribuisce al Papa e ai moralisti che lo difendono la convinzione che «i principi morali e le verità morali contenute nella Divina Rivelazione e nella legge naturale non includono proibizioni negative che vietano assolutamente particolari generi di azioni che per il loro oggetto sono sempre gravemente illecite». Esistono, ma non tutte le indicazioni morali sono di questo tipo. 
La settima accusa non tiene conto di tutta la realtà ecclesiale. Dice infatti: «Nostro Signore Gesù Cristo vuole che la Chiesa abbandoni la sua perenne disciplina di rifiutare l’Eucaristia ai divorziati risposati e di rifiutare l’assoluzione ai divorziati risposati che non manifestano la contrizione per il loro stato di vita e un fermo proposito di emendarsi». Sia per l’uso degli anticoncezionali sia per l’ammissione ai sacramenti nella Chiesa cattolica la pratica recente si era distanziata dalla dottrina che, a differenza degli Ortodossi e degli Evangelici, aveva assunto dinamiche rigoriste e assolute. 

non nascondere la luce dell’ideale 

Per una retta valutazione della Amoris laetitia occorre ricordare, infine, i suoi continui richiami alla santità: «In nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza… Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano. Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture» (Al 307). «Seppure vero che bisogna curare l’integralità dell’insegnamento morale della Chiesa, si deve sempre porre speciale attenzione nel mettere in evidenza e incoraggiare i valori più alti e centrali del Vangelo, particolarmente il primato della carità come risposta all’iniziativa gratuita dell’amore di Dio» (Al 311).


Vedi anche alcuni dei nostri post precedenti sull'argomento:
E, giusto per evitare di essere fraintesi, ribadiamo che...