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sabato 18 novembre 2017

L’"Appello a resistere (katécon)" PER UN MONDO NON GENOCIDA PATRIA DI TUTTI PATRIA DEI POVERI

L’"Appello a resistere (katécon)"
PER UN MONDO 
NON GENOCIDA
 PATRIA DI TUTTI 
PATRIA DEI POVERI




Appello promosso da “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri”
Katécon è la parola biblica usata da Paolo per evocare la resistenza alle forze della distruzione e l’argine che frena lo scatenarsi dell’inequità. Oggi l’alternativa all’eclisse della ragione e allo scempio del diritto sta nella politica e ancor prima nella coscienza e nella volontà dei popoli. Due impegni prioritari: disarmo nucleare e ius migrandi. Prima ancora della sua presentazione al pubblico ha già 250 firme l’appello a resistere all’“inequità” per stabilire una società di tutti a cominciare dai poveri, senza più politiche di genocidio. Tra i primi firmatari quattro Premi Nobel per la pace (tre donne), un ex console noto come lo “Schindler argentino”, un cardinale che presiede ai testi legislativi della Santa Sede, un filosofo della democrazia e dell’eguaglianza come Luigi Ferrajoli, don Ciotti presidente di Libera, uno psichiatra francese, un regista argentino, il sindaco di Palermo, Moni Ovadia, teologi, giornalisti e altre personalità internazionali. Quello che segue è il testo in italiano. Chi vuole aggiungersi ai firmatari può scrivere “aderisco al katécon” o simili, aggiungendo se possibile Paese e qualifica, all’indirizzo info@chiesadituttichiesadeipoveri.it 


Il testo dell'appello
Alla fine della seconda guerra mondiale i popoli giudicarono la civiltà che li aveva portati a quella crisi, e si resero conto di come essa fosse avanzata nel tempo rendendosi più volte colpevole di razzismi aggressioni e genocidi. Nel 1948 essi adottarono la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, termine con cui si intendeva non solo lo sterminio di un intero popolo, ma tutti gli atti volti “a distruggere in tutto o in parte” un gruppo umano come tale. Pertanto essi decisero di passare a una civiltà di popoli eguali senza più genocidio.

Oggi però si ragiona, si decide e si governa come se quella scelta non ci fosse stata. Giocare a minacciarsi l’atomica tra Corea del Nord e Stati Uniti significa infatti ammettere come ipotesi il genocidio di uno o più popoli o di tutti i popoli; pretendere di rovesciare regimi sgraditi votando alla distruzione i relativi popoli come “danno collaterale”, è già genocidio; mettere in mano a un pugno di persone la maggior parte delle ricchezze di tutto il mondo vuol dire attivare “un’economia che uccide”, cioè genocida, poiché attenta alla vita di popolazioni intere, mettendole fuori mercato; continuare a incendiare il clima e a devastare la terra significa ecocidio, cioè scambiare il lucro di oggi con il genocidio di domani; intercettare il popolo dei migranti e dei profughi, fermarlo coi muri e coi cani, respingerlo con navi e uomini armati, discriminarlo secondo che fugga dalla guerra o dalla fame, e toglierlo alla vista così che non esista per gli altri, significa fondare il futuro della civiltà sulla cancellazione dell’altro, che è lo scopo del genocidio. Queste pratiche, oltre che malvagie, sono contro ragione; infatti nessuna di esse va a buon fine, mentre scelte opposte sarebbero ben più efficaci e vantaggiose, possibili e politicamente capaci di consenso.

Riguardo al popolo dei migranti, un popolo fatto di molte nazioni, l’illusione di conservare la civiltà scartando pezzi di mondo è particolarmente infelice, perché il rifiuto di accogliere e integrare migranti e profughi li rende clandestini, li trasforma in rei non di un fare, ma di un esistere. La conseguenza è che gli stessi Stati di diritto e di democrazia costituzionale tradiscono se stessi perché accanto ai cittadini soggetti di diritto concentrano masse di persone illegali, giuridicamente invisibili e perciò esposte a qualunque vessazione e sfruttamento, pur avendo tutti non solo lo stesso suolo ma lo stesso sangue.

Una tale situazione sembra evocare e rendere di attualità quello che agli albori del cristianesimo l’apostolo Paolo descriveva come “il mistero dell’anomia”, cioè la perdita di ogni legge e la pretesa dell’uomo e del potere “senza legge” di mettersi al di sopra di tutto additando se stesso come Dio. In quella stessa intuizione delle origini cristiane si annunciava però anche un “katécon”, una resistenza, una volontà antagonista che avrebbe trattenuto e raffrenato le forze della distruzione[1] e impedito il trionfo della fine, aprendo la strada alla risoluzione della crisi.

Comunque si interpreti questa antica parola, noi avanziamo l’urgenza che dai popoli si esprima una tale resistenza, si eserciti questo freno, come già avvenne nel Novecento quando il movimento della pace in tutto il mondo, interponendosi in modo non violento tra i missili nucleari da un lato e l’umanità votata allo sterminio dall’altro, riuscì a ottenere il ritiro della minaccia e a scongiurare la guerra atomica.

Due impegni prioritari

Due appaiono oggi gli impegni prioritari di questo resistere agendo[2]:

1 . Lottare perché le Potenze nucleari simultaneamente firmino e attuino il Trattato dell’ONU per la interdizione delle armi nucleari, cui già aderisce la maggior parte delle Nazioni;

2 . Lottare perché sia riconosciuto e attuato con politiche graduali e programmate il diritto universale di migrare e stabilirsi nel luogo più adatto a realizzare la propria vita. Lo ius migrandi, uno dei primi “diritti naturali” proclamati dalla modernità, sarebbe il volano di un profondo rinnovamento economico e sociale, e il più incisivo artefice della nuova identità di una società mondializzata con una umanità finalmente unita e custode della Terra che le è data per madre.

Ciò che auspica questo appello è che tale visione del mondo e della civiltà di domani non solo sia enunciata come ideale, ma sia assunta come compito, diventi resistenza e azione, si faccia “movimento”.

16 ottobre 2017

[1] “E ora sapete ciò che lo trattiene (katécon)”, 2 Tess. 2, 7-8.

[2] “Penserete esclusivamente ciò di cui risponderete agendo”, D. Bonhoeffer, Resistenza e resa, 1969, Milano, p. 235.


Chi vuole aggiungersi ai firmatari può scrivere “aderisco al katécon” o simili, aggiungendo se possibile Paese e qualifica, all’indirizzo info@chiesadituttichiesadeipoveri.it oppure nei “comments” al seguente post:
http://www.chiesadituttichiesadeipoveri.it/per-un-mondo-non-genocida-patria-di-tutti-patria-dei-poveri-2/