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mercoledì 8 novembre 2017

VENTISEI ANNA FRANK


VENTISEI ANNA FRANK


Sono arrivate chiuse in sacchi neri sbarcate da una nave militare spagnola nel porto di Salerno. Avevano tra i quattordici e i diciotto anni. Forse nigeriane, forse morte perché le più deboli di 400 migranti, forse uccise. Ma l’Europa è senza memoria

hadow

E’ arrivata il 5 novembre attraccando al molo 3 gennaio del porto di Salerno la nave militare spagnola Cantabria che aveva a bordo oltre 375 migranti recuperati due giorni prima in mezzo al Mediterraneo; insieme a loro, tra cui nove donne in stato di gravidanza, c’erano i cadaveri di 26 donne morte durante la traversata. Tutti i naufraghi erano a bordo di un gommone in pessime condizioni ed erano stati avvistati da un elicottero levatosi in volo dalla nave spagnola, che partecipa alla missione europea Eunavfor che sta pattugliando il mare per prevenire l’attività degli scafisti.

« Una tragedia dell’umanità – ha detto il prefetto di Salerno, Salvatore Malfi – Oggi Salerno si prepara con uno spirito diverso rispetto agli altri sbarchi. Abbiamo già avuto altri morti ma su questa nave sarà tutto più complicato, anche come impatto morale. Siamo ancor di più in stretta collaborazione con la Procura della Repubblica perché i ventisei corpi potrebbero essere ventisei omicidi. Quello che va fatto, per esigenze di giustizia, andrà fatto. Il procuratore Masini valuterà se ci siano i presupposti per un’ipotesi di omicidio. Bisogna vedere se si trova qualche soggetto su cui concentrare l’attenzione o se si procederà contro ignoti. Che qualcuno abbia fatto morire queste donne e non sia stato un fulmine arrivato dal cielo è una cosa ovvia». Le donne, presumibilmente di nazionalità nigeriana, erano tutte giovanissime tra i 14 e i 18 anni. La prima ipotesi è che esse imbarcate con gli altri sul gommone affondato abbiano avuto la peggio e siano morte per annegamento «in quanto soggetti più deboli».

Questo sbarco, assieme ad altri avvenuti nei giorni scorsi segnala un risveglio dell’attività degli scafisti. Le statistiche del Viminale a ottobre hanno registrato 5.900 arrivi, molti meno rispetto agli oltre 13mila dello stesso mese del 2016 e molti meno anche di quanti approdavano sulle coste italiane nella prima metà dell’anno. In ogni caso si dimostra che l’attività di contrasto messa in atto dall’Italia in accordo con le autorità biblica, non ha dato alcun positivo risultato.

Riguardo alla strage delle donne, il prefetto di Salerno tenderebbe comunque ad escludere una relazione con la tratta delle donne: “Le tratte seguono altre dinamiche e altri canali. Caricare le donne su un barcone sarebbe un investimento rischioso che i signori delle tratte non farebbero, potendo perdere la ‘merce’, come la chiamano loro, in un solo colpo”.
Un giornalista che scrive sul sito “Ottopagine” di Salerno, Luciano Trapanese, non è però d’accordo con questa diagnosi del prefetto, e dice:

«Ventisei ragazze, quasi tutte giovanissime. Ventisei vittime, tutte morte. Forse uccise. La storia dell’ultimo sbarco di migranti a Salerno è intrisa di dolore. E mistero. Per il prefetto Malfi «quelle donne non sono morte da sole, qualcuno è responsabile». La procura disporrà un’autopsia. C’è chi esclude che facciano parte della tratta che importa baby prostitute nigeriane. Motivo: gli schiavisti non avrebbero trasportato su un gommone un “carico” così prezioso. Ma è una conclusione senza fondamento. La tratta delle donne percorre le stesse strade dell’immigrazione tradizionale. O meglio: quasi. La differenza è via terra. Lì le ragazze, dall’Africa Sub Sahariana sono scortate in auto fino alla Libia o alla Tunisia. Solo dopo vengono imbarcate sugli stessi gommoni degli altri disperati. E per un motivo preciso: si punta al sistema di accoglienza italiano, alle maglie larghe dei controlli, per poi prelevare con facilità quelle stesse ragazze e avviarle alla strada.

«Ventisei ragazze morte. Ventisei vittime, destinate a ingrossare il mercato del sesso a pagamento sulle strade di mezza Italia, e in Campania in particolare.

«Sono arrivate a Salerno, insieme ad altri 375 immigrati: 259 maschi e 116 donne, nove delle quali incinte. Ma loro – le vittime – erano in sacchi neri, deposte nella stiva. Sono sbarcate in fredde casse di zinco. Alcune in avanzato stato di decomposizione. Molte annegate, altre chissà. Lo dirà solo l’autopsia.

«E’ stato almeno evitato il peregrinare tra camposanti alla ricerca di un posto dove seppellirle. Una fossa per queste ragazzine è stata trovata. Tombe disseminate tra i cimiteri di Salerno e dintorni. Molte di loro resteranno anche senza nome. Senza storia e senza passato.

«Piccoli monumenti dedicati a un mercato senza legge. Prelevate da qualche villaggio nigeriano, magari vendute dalle famiglie. E spedite nel ricco occidente a dar piacere agli europei in cerca di sesso a poco prezzo, su strade scalcinate, anche nelle notti fredde del nostro inverno.

«Ventisei ragazze morte. Salutate con l’insopportabile indifferenza di chi sospira «nessuno le ha invitate in Italia». Di chi si lava facile la coscienza girandosi dall’altra parte, dimenticando che quelle ventisei donne pochi mesi fa erano solo bambine. E sono state strappata dalla loro terra per essere vendute sui nostri marciapiedi. E del resto molti hanno notato lì, sulla litoranea di Salerno, tra gli alberi della pineta, altre bimbe nigeriane, che non sono morte durante il viaggio, e che prima di vendere sesso agli italiani, giocano a nascondino.

«Possono anche dire di essere fortunate. Ammesso che sia una fortuna vivere per essere sfruttate così selvaggiamente e poi gettate via, in una terra che non è la loro. E – forse – non lo sarà mai».

(fonte testo: Chiesa di Tutti Chiesa dei Poveri 7/11/2017)