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venerdì 1 dicembre 2017

A PROPOSITO DI FONDAMENTALISMI di Giancarla Codrignani


A PROPOSITO 
DI FONDAMENTALISMI

di Giancarla Codrignani*





Risulta sorprendente, nell’ambito delle confessioni cristiane, il sospetto di un “ecumenismo dell’odio” che è stato adombrato in un saggio, comparso in luglio su “Civiltà Cattolica”, che, dati gli autori – il gesuita Antonio Spadaro e il pastore Marcelo Figueroa – ha intento ecumenico e mette solo in guardia da pericoli comuni alle confessioni cristiane. Tuttavia non può più essere trascurata l’intesa ideologica che ormai lega Fondamentalismo evangelicale e integralismo cattolico e che è causa di gravi strumentalizzazioni anche in ambito politico, in particolare statunitense, dove ha giocato in sostegno alla presidenza Trump.

Nessuno nega l’esistenza di problematiche e situazioni complesse che tendono a farsi conflittuali sia sul pieno morale (aborto, matrimoni omosessuali, fine vita, educazione religiosa nelle scuole …), sia sul piano politico (nazionalismi, xenofobia, diritti dei migranti).

Partire dall’ecumenismo del sangue?
Le religioni non possono più permettersi di risolvere problemi imposti dai ritardi con cui arrivano a prender coscienza dell’avanzamento storico della vita, con l’accetta delle certezze veritative; anche perché non sono agenzie etiche, tanto meno politiche.

Le paure indotte dal terrorismo islamico non inducono all’ottimismo: riferendosi ai fondamentalisti che uccidono copti, anglicani, protestanti, ortodossi “perché cristiani”, papa Francesco ha ripreso l’espressione di Giovanni Paolo II che prendeva atto di un “ecumenismo del sangue”, che è unitivo, nonostante tutto, delle diverse confessioni, “cristiane” tutte nel comune impegno per la pace.

Come commentava Brunetto Salvarani, la risposta non potrà mai essere la logica amico/nemico e lo “scontro di civiltà”: la mondializzazione obbliga a convivere nel rispetto reciproco. In questo contesto le ideologie identitarie e fondamentaliste diventano immediatamente reazionarie: strumentalizzano la fede con la pretesa di difendere una civiltà occidentale, fin qui benedetta dal colonialismo e dalla prosperità weberiana, dal “male assoluto” di Satana, ma di fatto scelgono la guerra.

Non sacralizzare le differenze
Il saggio di Spadaro e Figueroa indirettamente testimonia che i problemi dell’ecumenismo non sono più solo quelli dottrinali. Nemmeno l’ecumenismo, infatti, si rinnova se si alimenta solo delle pur necessarie ricerche di compatibilità teologica. Nel 2017 l’anglicanesimo continua, senza nemmeno interrogarsi, a mantenere la separazione voluta da un lontanissimo Enrico VIII, mentre gli ortodossi restano una comunione di chiese nazionali “autocefale” ancor memori di Calcedonia e di quello scisma d’Oriente invano ripensato a Firenze nel 1452; altrettanto di fatto noi tutti, cattolici, anglicani, ortodossi e riformati (fedeli alle nostre confessioni per abitudine consolidata), per essere cristiani contemporanei preoccupati dell’oggi, delle reciproche origini conosciamo solo la memoria storica.

In tempi difficili come i nostri, è diventata ancor più evidente la responsabilità di non sacralizzare le differenze dottrinali, il cui approfondimento, affidato agli specialisti, continuerà peraltro a far crescere la conoscenza. I gruppi attenti all’ecumenismo, dal XIX secolo all’incontro di Lund, hanno camminato insieme; preoccupa invece il cristiano medio che non solo non ha grande conoscenza delle radici del suo credo ma non si accorge nemmeno che il terrorista non distingue i cristiani per appartenenza confessionale, ma li chiama indistintamente “i crociati”, in memoria delle stragi orrende compiute per liberare il Santo Sepolcro, (la cui chiave, peraltro, ancor oggi è affidata a un arabo musulmano).

Diamo l’esempio
Può accadere che gente di onesta fede rischi di compromettere i valori in cui crede perché davanti all’altare, che pur esige responsabilità personale, tende a confermare la via comoda del “si è sempre fatto così”. La paura di un “andare oltre” blocca il suo discernimento e lo espone alla vulnerabilità di eventuali manipolazioni. Necessario, invece, almeno tra cristiani di diverse tradizioni che si riconoscono nello stesso Gesù Cristo e nello stesso battesimo, partire dall’umanità, dal rispetto, dalla bontà che tutti debbono a tutti per dare senso (e gioia) al comune fondamento evangelico.

Se tutte le religioni sono in ritardo rispetto alla direzione di marcia non casuale della storia e se tutte hanno bisogno di “riforma” per salvarsi, in quanto “cristiani” non possiamo permettersi di proporre ad altri una pace che non è autentica tra le confessioni, solo perché abitano chiese diverse. Soprattutto perché i problemi sono altri e prescindono da confessioni e religioni.

Il caso Bologna
Una città come Bologna ha sperimentato l’involuzione di un cattolicesimo educato a ritenere che la santità sia l’osservanza delle regole e dei precetti e che la comunione è una “particola” che, dopo la “transustanziazione”, è il corpo di Cristo, che ricevi in bocca come se tu fossi un bambino che non sa essere responsabile. Vescovi come Poma, Biffi e Caffarra erano stati più preoccupati del comunismo che delle condizioni dei lavoratori, della desertificazione dei seminari che della qualità delle comunità parrocchiali, dell’immoralità di leggi che regolamentano l’aborto o la fecondazione assistita (che è il contrario dell’aborto) piuttosto che di togliere dalla clandestinità problemi scomodi che gli abbienti risolvono all’estero.

Ovviamente tutti erano poco simpatizzanti di Giovanni XXIII e del Concilio e avevano alzato la presa di distanza dall’eredità di Dossetti e Lercaro e dall’ Officina Bolognese che ha mantenuto lo studio delle aperture conciliari. Oggi Francesco ha mandato Matteo Zuppi, un vescovo che crede che “la chiesa si salva se torna ad essere povera” e che ha investito qualche milione insieme con il Comune in un fondo per i lavoratori.

Ha accolto la visita del papa, accompagnandolo per prima cosa al Centro degli immigrati e solennizzando con mille poveri un pranzo allestito dentro la chiesa di san Petronio. Non tutti i bolognesi hanno apprezzato il “prima i migranti” e, ancor meno la “profanazione” del tempio del patrono: i blog che contestano Francesco ne hanno largamente approfittato.

Il dissenso col papa venato di fondamentalismo
Il papa che “scandalizza” (oportet...) sente premere i 200 anni di ritardo denunciati da Carlo Maria Martini, ma non riesce a modificare il catechismo e la dottrina: i curiali aspettano la rivincita. Non basta che ci sia l’entusiasmo di molti; tanto più che la ben nota ignoranza dei cattolici in materia di fede rende vulnerabili le coscienze. Infatti dietro il devozionismo di base, si sta rendendo palese l’insidia di trame non più occulte.

La stampa italiana, troppo vicina al vaticano, è reticente, ma basta leggere una lunga analisi sul “Guardian” del 27 ottobre per capire molte cose di cui i blog reazionari sono il plafond sommerso. “La guerra contro il papa” di Andrew Brown sostiene che: «La sua modestia e umiltà lo hanno reso una figura popolare nel mondo. Ma dentro la chiesa le sue riforme hanno infuriato i conservatori e suscitato rivolta. Papa Francesco è oggi uno degli uomini più odiati del mondo. Quelli che lo odiano di più non sono gli atei o i protestanti o i mussulmani, ma i suoi seguaci….

Quest’estate un importante prete inglese mi ha detto: ”Noi non possiamo aspettare che muoia: quello che ci diciamo in privato è irriferibile. Ogni volta che due preti si incontrano, parlano di quanto sia terribile Bergoglio. È come Caligola: se avesse un cavallo lo farebbe cardinale”». Brown sottolinea che non è nuova l’evocazione di uno scisma sulla stampa americana, diventata ormai accusa di eresia: il papa non può errare in questioni di fede, se erra non può essere papa.

Dopo anni di condanna della rivoluzione sessuale, la comunione ai divorziati e ai conviventi, l’ambiguità sulla contraccezione, il “chi sono io per giudicare” per l’omosessualità, la stessa Amoris Laetitia sono stati disorientanti e ancor più gli attacchi al capitalismo, la denuncia delle responsabilità della crisi climatica. In primo piano l’avversione dei fondamentalisti per il Vaticano II, l’antisemitismo l’abolizione del latino, l’accettazione della democrazia e dei diritti umani e il suo “tornare alla ribalta” mentre “una nuova barbarie sta montando”. Forse è il caso che anche i cattolici fedeli al Concilio si accorgano che è urgente aiutare Papa Francesco.

*Giornalista, socia fondatrice e membro del Consiglio direttivo di Viandanti.
(fonte: Viandanti)

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