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sabato 9 settembre 2017

BIBBIA APERTA - Rompere gli schemi di Matteo Crimella

Rompere gli schemi
di Matteo Crimella
Docente di Esegesi del Nuovo Testamento, 
Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Milano


Rubrica "Bibbia aperta"
pubblicata su "Aggiornamenti Sociali"
aprile 2017



Il rotolo di Rut è uno dei migliori esempi dell’arte narrativa biblica. 
La sua trama propone una vicenda a prima vista minore, che riguarda poche persone: la storia del matrimonio fra una ragazza povera e un ricco possidente. Dall’antichità fino ai nostri giorni, decine sono le narrazioni che ripercorrono quest’intreccio con infinite varianti. Ma nel racconto vi sono alcuni singolari e importanti dettagli: Rut, così si chiama la giovane donna protagonista del libro biblico, è vedova e straniera, senza genitori, né figli, né mezzi di sostentamento. Non ci vuole molta fantasia per immaginare che il suo problema sia trovare un buon partito. Ma la storia si complica perché Rut non è sola, con lei c’è la suocera, Noemi, anch’ella vedova e rimasta senza figli dopo la loro prematura scomparsa, cioè priva di una discendenza. Le vicende delle due donne s’intersecano, dando vita a un singolare e straordinario racconto, che non si limita a presentare i loro itinerari personali, ma affronta un interrogativo di fondo, che toccava da vicino il popolo di Israele e che è ancora ben attuale:
è possibile che la fecondità passi anche per l’accoglienza di chi è straniero, estraneo al gruppo a cui si appartiene? Alla fine la straniera Rut troverà in Booz un marito ricco e generoso e Noemi proprio grazie alla nuora vedrà una discendenza, di cui farà parte anche il re Davide; tuttavia nella storia non è importante solo l’esito finale, ma anche la via attraverso cui vi si arriva, riconoscendo un modo diverso e forse spiazzante di come Dio è presente nelle vicende narrate.
...
Rut: un nuovo Abramo
Il narratore presenta questa donna facendo appello addirittura alla figura di Abramo, il padre dei credenti. Allorché Booz incontra Rut nei campi le dice: Mi è stato riferito quanto hai fatto per tua suocera dopo la morte di tuo marito, e come hai abbandonato tuo padre, tua madre e la tua patria per venire presso gente che prima non conoscevi (Rut 2,11). L’affermazione dell’uomo richiama un famoso passo: Il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò» (Genesi 12,1). Booz, parlando a Rut, allude perciò alla chiamata che Dio ha rivolto ad Abramo: il confronto del vocabolario lo mostra con chiarezza. Come Abramo anche Rut ha lasciato la sua patria, la casa di suo padre, le sue sicurezze per andare incontro a un futuro ignoto. Se però Abramo ha risposto a una chiamata divina, Rut non ha percepito nessuna voce: è stata la concreta situazione della suocera a spingerla in quella direzione. Invece di seguire il cammino del suo antenato Lot, Rut ha seguito le tracce di Abramo. Mentre Abramo e Lot avevano preso strade diverse (Genesi 13,9-13), Rut non si è separata da sua suocera (Rut 1,17). Come Abramo così Rut spera che il Signore operi in suo favore donandole un figlio (Genesi 15,1). Si potrebbe dire che Rut, una donna moabita, è un Abramo al femminile.

L’evocazione di un personaggio come Abramo crea nel lettore una certa attesa, modellata proprio sulle vicende raccontate a proposito del patriarca. Ma il rotolo di Rut sovente suscita un’attesa che poi frustra per mezzo di una sorpresa, dando nuovo respiro al racconto e aprendo orizzonti inediti. La novità non è solo narrativa ma pure teologica. Il lettore, abituato ai grandi racconti dell’Antico Testamento nei quali Dio interviene nella vita degli uomini e del popolo d’Israele, rimane abbastanza sorpreso nell’ascolto del rotolo di Rut. Se pensiamo ad Abramo dobbiamo ammettere che Dio interviene spesso: gli comanda di lasciare la sua terra (Genesi 12,1-4), gli parla in visione (Genesi 15,1-6), gli appare (Genesi 17,1-8), dialoga con il patriarca (Genesi 18,17-33), lo mette alla prova (Genesi 22,1-2). L’epopea dell’Esodo, poi, vede tutta una serie di azioni celesti: Dio si rivela a Mosè (Esodo 3,1-22), poi ordina a Mosè e Aronne che cosa debbono compiere di fronte al faraone (Esodo 7,8-9), li istruisce sul da farsi per lasciare l’Egitto (Esodo 12,1-20), colpisce ogni primogenito d’Egitto (Esodo 12,29), comanda a Mosè di stendere la mano sul mare perché si apra (Esodo 14,16) e perché si richiuda sull’esercito del faraone (Esodo 14,26) e così via. Nulla di tutto ciò nel libro di Rut: Dio non appare a nessuno, non parla direttamente ad alcuno, non si rivela in sogno. La sua presenza è nascosta, velata dietro l’intreccio delle azioni degli uomini e delle donne. Eppure, sembra suggerire il testo, nello snodarsi delle vicende e nelle azioni dei personaggi del racconto si realizza il disegno del Dio nascosto.

La vicenda personale di Rut, e di riflesso della suocera Noemi, si conclude felicemente col matrimonio con Booz e con una discendenza, ricordata negli ultimi versetti del rotolo (Rut 4,18-22), che giunge fino al re Davide. Se l’inizio del libro biblico era nel segno della morte del marito, del suocero e del cognato di Rut, la conclusione, invece, consiste in una genealogia, in un inno alla vita che continua. Una fecondità è resa possibile da un duplice passaggio: da un lato vi è la decisione di Rut di seguire in tutto la suocera Noemi, condividendone il destino e abbracciandone la fede; dall’altro v’è l’accoglienza riservata a questa donna moabita da Noemi e Booz, una scelta che va al di là delle chiusure a difesa della purezza del popolo israelita, presenti in quell’epoca. Non si può certo affermare che ci troviamo di fronte a un’esperienza di reciproco scambio tra culture diverse, ma la vicenda di Rut ci presenta una lezione, forse più modesta, ma non meno importante: la capacità di non restare prigionieri di pregiudizi e letture totalizzanti, simili agli elenchi stilati da Esdra, permette di riconoscere la preziosità dell’incontro con chi ha una storia diversa, apprezzando il valore e l’autenticità dell’itinerario che ha compiuto. Vivere un atteggiamento di questo tipo da parte di una singola persona o di una comunità è espressione di accoglienza bendisposta e aperta all’inatteso, rendendo possibile una fecondità, altrimenti preclusa dalla paura del diverso. La genealogia finale è allora una conferma indiretta della ricchezza di questo incontro.

Ma il libro di Rut illumina anche sul modo in cui tutto questo si compie: contro ogni tentazione di fatalismo (“Non cade foglia che Dio non voglia”!) o di rassegnazione (v’è un “destino” scritto da sempre!), il testo mostra che la volontà di Dio si intreccia con le scelte degli uomini e dei popoli, ma tutto ciò avviene attraverso una presenza discreta, nascosta, silenziosa. Saper cogliere i segni dei tempi e riconoscervi un invito di Dio permette di cogliere il legame inscindibile fra la potenza della grazia celeste e la libertà delle persone che, in vari modi, rispondono alla chiamata di Dio. Anzi, proprio riconoscendo questo indissolubile legame, è possibile reperire l’opera di Dio nella storia degli uomini.
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Rompere gli schemi di Matteo Crimella  (PDF)