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venerdì 22 settembre 2017

Una Chiesa povera: solo un desiderio? di Gregorio Battaglia

Una Chiesa povera: 
solo un desiderio? 
di Gregorio Battaglia

Riflessione pubblicata su  “HOREB” 
tracce di spiritualità a cura dei Carmelitani 
anno XXVI - 2017 - n. 2 – 
La riforma della Chiesa, oggi” 



Nella sua esortazione apostolica “Evangelii gaudium” papa Francesco afferma con decisione che «per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica» (EG 198). Riprendendo un’affermazione di Giovanni Paolo II, egli sottolinea come l’agire di Dio nel suo rivelarsi offre ai poveri “la sua prima misericordia”, per cui può concludere che, se Dio mostra la sua predilezione per i poveri, la Chiesa non può presentarsi diversamente. Ed è soprattutto in Gesù che tutto questo è stato reso visibile nella sua incarnazione e nel suo modo di camminare in mezzo agli uomini. Con le parole di Benedetto XVI papa Francesco può dire: «Questa opzione è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi, per arricchirci mediante la sua povertà. Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri» (EG 198). Nei confronti della Chiesa egli parla espressamente di un desiderio, di un’attesa, che aspetta di esser colmata. In realtà tra le riflessioni teologiche e la realtà concreta c’è uno scarto non indifferente. Se si dovesse chiedere alle persone più semplici cosa pensano della Chiesa, non parlerebbero certamente della povertà della Chiesa e nemmeno del suo impegno per i poveri come scelta prioritaria.
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Povertà: l’altro nome della fraternità 
Nella sua vita pratica e nel suo modo di organizzarsi, la Chiesa non può dimenticare che essa è costituita da persone, che a motivo della loro fede in Cristo Gesù, sono invitate quotidianamente a scoprire che esse sono unite tra loro da un vincolo di fraternità. Bisogna aggiungere, inoltre, che il mandato missionario, ricevuto dal suo Signore, impegna la Chiesa ad annunciare “ad ogni creatura” la Paternità di Dio. Impegnarsi ad annunciare e a costruire praticamente il Regno di Dio chiede alla Chiesa una conversione continua, per poter scoprire nel volto dell’altro il volto di un fratello, con il quale imparare a condividere il dono della vita e della terra. Gli Atti degli Apostoli ci offrono, in riferimento alla prima comunità, un quadro quanto mai significativo: «La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro era tutto comune» (At 4,32). Accogliere l’annuncio del Vangelo è un tutt’uno con la scoperta dell’unica paternità di Dio, rivolta verso ogni creatura umana. Fare esperienza di Chiesa vuol dire prima di tutto dare vita a rapporti di vera fraternità, dove la condivisione dei beni, materiali e spirituali, è la grande legge che sorregge il vivere della comunità. Non si può parlare di fraternità senza mettere in discussione l’istintiva propensione al possesso ed al potere, come modo di affermare se stessi e di garantire la propria sicurezza. La logica della fraternità spinge, invece, verso la condivisione e verso lo spogliamento di sé, perché non si può sedere alla stessa mensa del Padre accettando che «uno ha fame e l’altro è ubriaco» (1Cor 11,21). Nella sua lettera rivolta a tutti i cristiani della diaspora Giacomo ci tiene a ribadire che la fede in Cristo Gesù impegna ogni credente e tutta la comunità a rendere vera la fraternità professata: «Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: “Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi”, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve?» (Gc 2,16). Qui non è in gioco la disponibilità o meno alla beneficenza, ma la stessa verità dell’annuncio di fede, che ci fa dire che in Cristo Gesù, crocifisso e risorto, si è aperto per tutta l’umanità l’accesso alla paternità di Dio. Una Chiesa, che si mostra incapace di fare della povertà lo stile del proprio pellegrinare, è di fatto una Chiesa che copre, che vela, invece, di rivelare il disegno, la volontà di Dio Padre come si è resa accessibile in Cristo Gesù.

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